Coronavirus: la "bomba" che ci ha cambiato la vita è scoppiata un anno fa. Il lungo anno dei lecchesi
16.585 contagiati, ovvero il 4.92% della popolazione residente in provincia di Lecco e 787 vittime in un anno. Numeri, percentuali. Ma dietro ci sono nomi, volti, donne e uomini, madri, padri, nonni, che hanno contratto il virus, che hanno sofferto, che hanno lottato e che, fortunatamente nella maggior parte dei casi lo hanno superato. Troppi non ce l'hanno fatta.
16.585 contagiati, ovvero il 4.92% della popolazione residente in provincia di Lecco e 787 vittime in un anno. Numeri, percentuali. Ma dietro ci sono nomi, volti, donne e uomini, madri, padri, nonni, che hanno contratto il virus, che hanno sofferto, che hanno lottato e che, fortunatamente nella maggior parte dei casi lo hanno superato. Troppi non ce l'hanno fatta. E' passato un anno da quando la parola Coronavirus entrata nel vocabolario quotidiano dei lecchesi. Era il 21 febbraio del 2020 quando è stato ufficializzato il primo caso di Covid in Lombardia. Non a Lecco, a Codogno.
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Coronavirus: la "bomba" che ci ha cambiato la vita è scoppiata un anno fa. Il lungo anno dei lecchesi
Sembrava ancora lontano il virus, ma le prime conseguenze, si sono fatte subito sentire nella vita quotidiana. Niente e sport al Carnevale.
"A seguito delle direttive ministeriali della serata del 22 febbraio 2020 con cui si sospendono le manifestazioni sportive di ogni ordine, disposizioni restrittive che per la prima volta interessano tutto il territorio lombardo, misure volte al contenimento della diffusione dell’infezione da Coronavirus, si dispone, dopo il confronto con la Prefettura, cautelativamente la sospensione delle sfilate di carnevale previste oggi a Casatenovo, Garlate ed Oggiono”
Disposta anche la sospensione delle celebrazioni eucaristiche. “Confidiamo negli uomini di scienza per risolvere il problema sanitario e confidiamo in Dio per avere la grazia di restare uniti, sereni e aperti alla speranza. Stasera non celebriamo fino a nuovo ordine”. Queste le parole pronunciate dal prevosto di Lecco, monsignor Davide Milani il 23 febbraio dello scorso anno.
Nello stesso giorno, domenica 23 febbraio, un giovanissimo valtellinese, uno studente di 17 anni della scuola agraria di Codogno viene ricoverato all'ospedale Manzoni. Il suo tampone è positivo al Coronavirus. E' il primo paziente Covid dell'ospedale di Lecco, un ospedale che presto si riempirà, arrivando ad ospitare fino a 500 persone che hanno contratto il virus contemporaneamente.
Le scuole vengono chiuse. Bimbi e ragazzi a casa per una "vacanza" fuori programma che in realtà durerà fino a settembre, ma in quel momento nessuno poteva immaginarlo, nemmeno lontanamente.
Il primo lecchese positivo
Il primo lecchese positivo al virus, almeno in via ufficiale, è un 30enne di Cassago Brianza. E' il 26 febbraio quando la notizia viene ufficializzata. L'uomo era entrato in contatto con alcuni colleghi che provenivano dalla cosiddetta zona rossa che era stata istituita in Lombardia (Codogno, Castiglione d’Adda, Casale, San Fiorano, Bertonico, Fombio, Terranova dei Passerini, Somaglia, Maleo e Castelgerundo)
Da lì in poi i casi si moltiplicano, quotidianamente, inesorabilmente. Inizia la corsa ai rifornimenti. I supermercati vengono letteralmente presi d'assalto. Le file di persone, fuori dai punti vendita diventano assurdamente lunghe. Gli scaffali si svuotano.
Un contagiato alle poste di Lecco
Domenica primo marzo, Lecco, la città capoluogo, scopre la sua vulnerabilità: a risultare positivo al Coronavirus è un dipendente delle poste di viale Dante. L'uomo, residente a Calolzio dopo un malore viene ricoverato dove emerge la positività al tampone. Le principale sede delle poste di Lecco viene chiusa.
I focolai
E' pandemia. I contagi si estendono a macchia d'olio nel nord Italia. La Lombardia è la più colpita e Lecco non è certo esente. Si sviluppano i primi focolai: tra le comunità più colpite ci sono Suello e Cesana (ancora oggi, a un anno di distanza, sono tra i 10 comuni che di più hanno pagato, nel rapporto tra numero di casi e residenti).
La situazione si fa pensate. Il 10 marzo la Fipe Lecco, l'associazione dei pubblici esercenti lancia un appello a tutti gli addetti del settore, bar e ristoranti
"L’unica arma che abbiamo a disposizione, come ormai ci viene detto ogni giorno, è riuscire a bloccare la trasmissione del virus e noi possiamo contribuire a questo risultato solo con una CHIUSURA TOTALE.
Solo chiudendo tutte le attività commerciali possiamo sperare di sconfiggere il virus e ripartire il più presto possibile contenendo i danni per le nostre imprese, oltre a tutelare noi stessi, i nostri dipendenti e le nostre famiglie".
Tanti a Lecco hanno già scelto di chiudere.
La chiusura totale
Una scelta che però non diventa più tale il giorno dopo: l'11 marzo scatta il lockdown in tutta Italia. Lecco, così come la Lombardia, era già in "zona protetta", quella che mesi dopo verrà chiamata zona rossa.
I lecchesi si chiudono in casa. Continuano a crescere i casi. La pressione sull'ospedale di Lecco e su quello di Merate diventa insostenibile. Tanti i pazienti, troppe le vittime, e anche i sanitari si ammalano. Il 16 marzo la situazione è drammatica negli ospedali lecchesi: 399 ricoverati, 119 dipendenti dell’Asst positivi. E i quadro epidemiologico e sanitario è destinato a peggiorare,
La campagna Aiutiamoci
La città si strige intorno ai suoi ospedali idealmente e concretamente. La Fondazione comunitaria del Lecchese, "costola" della Fondazione Cariplo, lancia una raccolta fondi a sostegno dell’Asst di Lecco per potenziare gli interventi di contrasto urgente all’epidemia da Coronavirus. L'adesione è enorme e i milioni di vengono destinati alle strutture sanitarie, ma anche alle case di riposo e all'acquisto di mascherine da distribuire tra la popolazione.
I bimbi lecchesi riempiono i baconi di messaggi di speranza ma a in provincia di Lecco il virus colpisce duro. Nei mesi di marzo e aprile non c'è comunità che non pianga i propri morti. Intere famiglie messe in ginocchio dal virus. Basti pensare alla toccante storia di Maurilio Locatelli e della moglie Luigia Fondra, di Ballabio, portati via dal Coronavirus a distanza di tre giorni l'uno dall'altra.
Il prevosto di Lecco supplica San Nicolò e gli affida la città di Lecco i suoi abitanti, i malati, i defunti il personale medico infermieristico e tutti coloro che stanno operando per alleviare gli effetti drammatici di questa emergenza Coronavirus.
La crisi sanitaria diventa crisi economica
La conseguenze del virus sono pesanti, dal punto di vista sanitario, ma anche sociale ed economico. Migliaia i lecchesi in cassa integrazione (ancora 5000 a gennaio del 2021). Aprile è stato il mese più nero a seguito della chiusura totale delle attività produttive: in quel mese a Lecco sono state chieste 8.517.493 ore di cassa.
La fine del lockdown
I lecchesi, così come il resto degli italiani rimangono chiusi in casa sino al 4 maggio: le riaperture, l'inizio di un ritorno a un semi normalità, a una vita caratterizzata da nuove regole, dalle mascherine, dai documenti di autocertificazione per spostarsi. Le scuole restano chiuse, l'estate so avvicina ancora grazie al fondo Aiutiamoci vengono organizzati i centri estivi in molti comuni della provincia.
Durante l'estate il virus sembra colpire meno, si allenta la tensione, i casi scendono, fino a quasi arrivare a zero nella nostra provincia.
La seconda ondata
Ma a settembre le cose cambiano. I casi cominciano a risalire. Vengono istituite le zone e i colori, rosso, arancione gallo L'aumento dei contagi nel Lecchese risparmia alcuna parte del territorio tanto si torna a contare i casi anche nei comuni che erano Covid free. E' il caso ad esempio di Missaglia e Sirone.
Novembre il mese peggiore, con il picco dei casi e purtroppo anche dei decessi. In molti comuni della nostra provincia la seconda ondata è ancora peggiore della prima.
Natale blindato
Quello di lecchesi è in natale blindato, preceduto da aspre polemiche sulla scelta del Governo Conte di impedire gli spostamenti. Clamorosa la polemica del sindaco di Pescate Dante De Capitani.
Ma il "sindaco sceriffi" che con la sua presa di posizione fa il giro dello Stivale (è ospite anche da Barbara d'Urso) nn è l'unico a lamentarsi. Lo fa anche il presidente della provincia Caludio Usuelli.
“Prendo atto delle disposizioni urgenti contenute nel recente decreto legge per fronteggiare i rischi sanitari connessi alla diffusione del Covid-19. Allo stesso tempo però non posso esimermi dal sottolineare che il decreto legge introduce una disparità e una discriminazione territoriale e geografica, in quanto le tradizioni nei festeggiamenti del Natale sono diverse a seconda delle zone del Paese. In alcune zone d’Italia il Natale si festeggia alla vigilia, giorno in cui, secondo il decreto, ci si può spostare all’interno della propria regione; in altre zone, tra cui le nostre, il Natale si festeggia il 25 dicembre, giorno in cui è vietato ogni spostamento tra comuni. In pratica, vengono salvaguardate le abitudini e le tradizioni di chi festeggia il Natale alla vigilia, non quelle di chi lo festeggia il 25 dicembre”.
I provvedimenti di blocco verranno poi estesi nel periodo, ma mitigati dalla possibilità di vedere i parenti una volta al giorno e con eccezioni per i comuni sotto i 5000 abitanti.
Le zone
Da Natale in avanti è stato un susseguirsi di "colori". Lecco li ha "passati tutti". Giallo, arancione, rosso e poi ancora arancione e ancora giallo.
Oggi
Oggi, a un anno di distanza dal quel 21 febbraio 2020 che ha cambiato le nostre vite Lecco è in zona gialla. Ieri nella nostra provincia si sono registrati 114 casi e 3 vittime. Ma a differenza di un anno fa c'è un speranza: il vaccino. Un vaccino che proprio questa settimana gli over 80 lecchesi hanno iniziato a ricevere e un vaccino che, si spera, possa davvero cancellare parola Coronavirus dal nostro vocabolario, dalle nostre vite.