I Passaporti dei Promessi Sposi: Francesco Stefanoni, un Renzo virtuoso e ribelle
Penultimo personaggio da svelare e penultimo giorno di apertura di "I Passaporti dei Promessi Sposi", la mostra allestita in Torre Viscontea frutto del progetto creativo di Paolo Vallara
Penultimo personaggio da svelare e penultimo giorno di apertura di "I Passaporti dei Promessi Sposi", la mostra allestita in Torre Viscontea a Lecco frutto del progetto creativo di Paolo Vallara accessibile sino a domani, domenica 7 novembre dalle 10 alle 18. Oggi il protagonista è lui, Francesco Stefanoni, un Renzo positivo, virtuoso ed onesto. Ma allo stesso tempo ribelle ed impulsivo.
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Ho sempre dovuto cavarmela da solo: i miei genitori sono morti quando ero un ragazzino, ma mio padre aveva fatto in tempo ad insegnarmi un mestiere, bello e redditizio. Avevo anche una vigna, ma non un’istruzione, per cui la mia scuola è stata la vita: ho dovuto imparare a non farmi schiacciare da quelli più istruiti, più ricchi, più potenti. Il coraggio non mi manca, ma, in fondo, sono rimasto un bonaccione: certo, sono impulsivo, perché non sopporto le ingiustizie; so fare affari ma sono generoso e penso agli altri anche quando sono in difficoltà: come quella volta che, mentre fuggivo da Milano ricercato come sobillatore, ho incontrato quel mendicante. Certo, la mia vita sarebbe stata diversa se non avessi conosciuto Lucia e me ne fossi innamorato, perché lei è la mia stella cometa. Comunque non credano di farmi mai più fesso: le ho cantate per bene anche al mio parroco, Don Abbondio, quando si è rifiutato di sposarmi e ha cercato di confondermi con il suo latinorum. A Milano ho gridato “giustizia” e ho raccontato i fatti miei a una spia delle guardie: forse in quel caso sono stato imprudente, anche perché ci avevo bevuto sopra un po’ troppo; per questo hanno tentato di arrestarmi, ma sono fuggito e non mi ha fermato neanche l’amato fiume Adda. Sono espatriato, ma sono dovuto ritornare per ritrovare Lucia guarita dalla peste. Grazie a Dio, alla fine ce la siamo cavata e siamo riusciti anche a sposarci. L’unica cosa che non mi va giù ancora oggi è stato come mi sono fatto trattare da quell’avvocatuccio, l’Azzeccagarbugli! Gli avevo anche portato i capponi, per colpa sua si sono beccati lungo tutta la strada del ritorno: alla fine ho dovuto tirargli il collo e mangiarmeli con quel mio cugino citrullo e sempre affamato: il Tonio.