Turismo a Lecco, com’è lo stato di salute? Il parere del presidente di Confindustria

"L'appuntamento con le Olimpiadi deve essere lo sprone".

Turismo a Lecco, com’è lo stato di salute? Il parere del presidente di Confindustria
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Il turismo cresce. Nel 2018 la Lombardia ha registrato 17,2 milioni di arrivi, con un incremento del 3,5% rispetto l'anno precedente, mentre le presenze sono state 41,2 milioni (+3,8%).

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I dati sul turismo

Expo 2015 ha fatto da traino anche per la provincia di Lecco. Nel 2016 sono stati registrati 233 mila arrivi che nel 2017 sono aumentati a 253 mila e nel 2018 hanno raggiunto quota 259 mila, mentre le presenze sono state 560 mila nel 2016, 617 mila nel 2017 e 664 mila nel 2018 con un'incidenza dei turisti stranieri che continua a salire: dal 52,60% nel 2016 al 54,04% nel 2017 fino al 56,05% nel 2018.

Il nostro territorio continua ad avere una forte vocazione manifatturiera, con una fortissima e qualificata presenza della metalmeccanica, essendo stato anche negli anni prima della crisi "la provincia della piena occupazione", caratteristica che si sta ripetendo anche in questi ultimi tempi. Ma il turismo cresce, lentamente ma cresce. Lo dicono i numeri.

E ci sono segnali interessanti: esplodono i B&B, aumenta l'offerta che si trova su Airbnb, Esino è stata scelta per ospitare il raduno mondiale di Wikimania, da diversi anni a Barzio il Namelss richiama 50 mila appassionati di musica provenienti da ogni parte di Italia, Confcommercio ha varato un master in turismo... La strada da fare, però, è ancora tanta. E così abbiamo chiesto ad alcuni lecchesi illustri che operano nel settore della ricettività e dell'accoglienza di darci qualche consiglio. Lecchesi famosi, che hanno avuto successo.

Lorenzo Riva

Turismo e manifattura possono convivere? L’economia del territorio è storicamente basata sul manifatturiero, ma anche il turismo è un aspetto sul quale possiamo puntare? Sì, secondo Lorenzo Riva, presidente di Confindustria Lecco e Sondrio.

«Si parla molto della vocazione turistica del nostro territorio, senza dubbio ancora parzialmente inespressa. Io sono convinto che le nostre province siano ricche di bellezza e non solo particolarmente “industriose”. Un dato di fatto che in tutto il mondo ci riconoscono ma sul quale possiamo e dobbiamo investire di più. Quindi sì, il turismo è un aspetto sul quale le nostre province possono e devono puntare maggiormente, con ricadute positive per tutti, anche per il sistema produttivo, per il manifatturiero».

Industria, manifatturiero e turismo, quindi, possono non solo coesistere ma svilupparsi in sinergia?

«Senza dubbio. Pensate ad esempio quale vantaggio sia, per un imprenditore che ospita clienti da altre parti d’Italia o stranieri, come spesso capita grazie ad un’industria fortemente esportatrice, poter offrire anche un momento di svago in una meta turistica affermata e con una proposta interessante anche dal punto di vista enogastronomico. In questo senso, sia la provincia di Lecco sia la provincia di Sondrio vantano numerose eccellenze che sono, da un lato, un plus in termini attrattivi e, dall’altro, ambasciatrici all’estero del nostro territorio con i loro prodotti. Certo servirebbe un maggiore sviluppo sia di politiche per il turismo in senso ampio, sia della proposta culturale, che peraltro saranno fondamentali anche in vista delle Olimpiadi Invernali, un volano senza pari per la Valtellina, direttamente coinvolta con i suoi impianti, ma anche per la provincia di Lecco che migliaia di persone si troveranno ad attraversare. Infrastrutture permettendo».

Il tema delle infrastrutture, sul quale anche l’associazione che lei presiede insiste da tempo, è quindi il nodo cruciale?

«Nostro malgrado, le infrastrutture stanno sempre più diventando “il problema” e abbiamo solo l’imbarazzo della scelta nel citare le carenze da affrontare quotidianamente. Parliamo di emergenza infrastrutture, ma è paradossale in territori che vantano un sistema manifatturiero estremamente sviluppato e competitivo e che hanno le carte in regola per investire ulteriormente sul turismo. Pensiamo, appunto, alle Olimpiadi 2026, ma ovviamente non solo”.

A cosa si riferisce?

«Se vogliamo attrarre sempre più visitatori, valorizzare le bellezze ambientali ma anche i prodotti agroalimentari della nostra industria non possiamo continuare ad essere un territorio con un indice di sviluppo infrastrutturale fra i più bassi. L’elenco delle cose da fare è lungo, ma non per questo dobbiamo rinunciare. Al contrario: l’appuntamento con le Olimpiadi deve essere lo sprone per affrontare finalmente questo ed altri nodi e generare maggior benessere per tutti».

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