Degrado in Viale Turati

Lettera aperta del titolare del Mojito, chiuso dalla Polizia: "Il mio bar non è un “covo” di vandali e violenti"

"Gli episodi di questi giorni non sono stati provocati dai miei clienti abituali, piuttosto da gruppi di giovani organizzati che, probabilmente, in qualche caso sono pure entrati nel mio locale, ma che avevano bel altri obiettivi"

Lettera aperta del titolare del Mojito, chiuso dalla Polizia: "Il mio bar non è un  “covo” di vandali e violenti"
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Il suo, il caffè Mojito, è uno dei due locali che affacciano su viale Turati (l'altro è il bar Bonsai) che è stato chiuso per cinque giorni dalle forze dell'ordine dopo le risse che hanno insanguinato la zona . Un provvedimento che  il noto esercente Mario Sesana commenta con pacatezza, ma allo stesso  tempo con profonda contrarietà e amarezza,  in una lettera aperta a cittadini e istituzioni che pubblichiamo integralmente.

Lettera aperta del titolare del Mojito, bar chiuso dalla Polizia

Mi chiamo Mario Sesana e sono il titolare del Mojito caffè. Ho deciso  scrivere di mio pugno questa lettera aperta alla città e alle sue Istituzioni

La prima cosa che vorrei affermare è che sono preoccupato - al pari delle Istituzioni, famiglie e cittadini - dai ripetuti episodi di violenza di questi giorni proprio nella zona del quartiere di Santo Stefano e in particolare di Viale Turati. A ben guardare, mi sento di affermare che al momento siano proprio il sottoscritto e i miei lavoratori i soggetti più danneggiati - materialmente e moralmente - dalla situazione di recente degrado del quartiere. infatti, siamo proprio noi quelli che in prima battuta di trovano a dover fronteggiare queste forme di devianza sociale, non sempre assistiti dalle forze dell'ordine che, lo comprendo, non possono essere onnipresenti

La seconda cosa che vorrei affermare è la seguente: sono sinceramente solidale con tutti gli abitanti del Viale, a loro volta messi a dura prova dalla situazione. "Solidale" per me vuol dire innanzitutto che anche io, come loro, condivido il disagio del momento. Tuttavia, la mia è un'attività prima di tutto economia, che genera lavoro e occupazione, reddito per diversi soggetti e famiglie, a volte anche per persone in difficoltà altrimenti escluse da altri circuiti economici, ben più esigenti del sottoscritto nella selezione del personale. Rivendico con forza questo aspetto: la mia attività, fino a prova contraria, deve godere di pari dignità rispetto alle tante altre che compongono il tessuto produttivo. 

Un altro aspetto che vorrei accennare è riferito al presunto ruolo di "luogo di perdizione" assegnato d'ufficio a locali come il Mojito. Chiunque sia passato sul marciapiede del Viale anche durante questi ultimi giorni, non può non aver notato il clima di serenità, di allegria, di divertimento dei miei clienti, fra i quali molti giovani - spesso del quartiere - che caratterizzano la nostra esperienza. Da parte mia mi sono sempre rifiutato di vendere alcool a prezzi stracciati, sono stati attento a non somministrarne ai minorenni, a porre attenzione e cura di quelle persone che arrivano al mio locale già in stato di ubriachezza. In questo modo ho ritenuto di essere coerente con i miei valori. Troppo facile additare il mio locale come causa del disagio sociale che coinvolge ampie fasce di giovani, senza prenderne in esame l'emergenza educativa e il palese e progressivo ritiro delle Istituzioni rispetto alle attività di prevenzione e di sostegno delle famiglie fragili. Il mio locale è un luogo di svago e di divertimento e la sua funzione è quella, escludo possa essere un “covo” di vandali e violenti!

Faccio questo lavoro da più di trent'anni e ho visto passare diverse generazioni dai locali che ho gestito e, modestamente, posseggo una certa competenza nel decifrare alcune situazioni di disagio. Per questo mi sento tranquillo nell’affermare che gli episodi di questi giorni non sono stati provocati dai miei clienti abituali, piuttosto da gruppi di giovani organizzati che, probabilmente, in qualche caso sono pure entrati nel mio locale, ma che avevano bel altri obiettivi. Il mio locale non ha avuto ruolo nei già citati episodi, siamo stati del tutto ininfluenti. Mi chiedo, perché dovrebbe essere mia responsabilità quello che succede sui marciapiedi nei dintorni del Mojito? Allora possiamo affermare che ciò che è successo tempo da sul sagrato della Chiesa San Francesco è responsabilità dei bar che si affacciano sulla pizza stessa?

E ancora, voglio soffermarmi su un ulteriore aspetto: personalmente sono stato sempre incline a collaborare con le Istituzioni per affrontare diverse problematiche. Rispetto agli episodi di violenza, sarei stato pronto a discutere con la Questura e con l’Amministrazione di Lecco la possibilità di anticipare anche di molto la chiusura del mio locale, o anche altro, al fine di contribuire a ridurre il rischio di violenza e devianza, per un periodo da concordare. Nessuno mi ha cercato e nessuno mi ha coinvolto in un progetto di fronteggiamento dell’emergenza. Mi ha molto ferito sapere che la nostra Amministrazione Comunale e la Questura hanno incontrato gruppi di cittadini, rappresentanti dei condomini del Viale, senza coinvolgermi minimamente. Sarei stato pronto a collaborare, sentire le proposte degli abitanti e trovare con loro strategie, e questo avrebbe se non altro favorito una maggiore coesione e una risposta più coerente con l’emergenza.

E infine mi chiedo: che senso ha “punire” la mia attività imprenditoriale - i caffè e le colazioni della mattina, i pranzi di lavoro pomeridiani, gli aperitivi serali - rispetto ad un rischio di devianza che fino ad oggi si è manifestato dopo le ore 24:00? Purtroppo, a me questa risposta delle Istituzioni sembra poco efficace da una parte e ingiustamente punitiva verso chi subisce già un evidente svantaggio dall’altra.

Nel frattempo, temo che prima o poi il disagio profondo che sottostà agli eclatanti episodi di questi giorni non tarderà ad emergere, in altri luoghi e momenti, così come è stato in precedenza in luoghi come Piazza Affari o nella zona di San Giovanni. Mi spiace però che non si provi a condividere una riflessione profonda rispetto al senso del manifestarsi di tale disagio e, soprattutto, che non si favorisca uno sviluppo della coesione sociale che sarebbe tanto preziosa in questo difficile tempo.

Io da parte mia rimango testardamente a disposizione.

Mario Sesana

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