Da Speranza l’ok al coprifuoco lombardo: perché si chiude dalle 23 alle 5, I NUMERI
La molla che ha innescato il tutto sono stati i numeri: si parla di un orizzonte di 600 persone, dai 113 di oggi, in rianimazione entro fine mese. La situazione a Lecco
Dopo aver ricevuto la richiesta portata dal Presidente Attilio Fontana al termine delle riunioni coi sindaci capoluogo e i capigruppo consiliari per un coprifuoco, il Ministro della Salute Roberto Speranza ha dato il suo ok. La molla che ha innescato il tutto sono stati i numeri: si parla di un orizzonte di 600 persone, dai 113 di oggi, in rianimazione entro fine mese e di 4 mila ricoverati negli altri reparti Covid. Ma a preoccupare di più è la densità abitativa di una metropoli come Milano, con l’Rt lievitato negli ultimi giorni fino a 2,34: con una media di 1.500 positivi al giorno solo nell’area di Milano, impossibile intervistare tutti per risalire ai contatti stretti da isolare e spedire a fare un tampone (inquietante l’alzata di mani del direttore dell’Asl, a proposito).
La situazione a Lecco
Per quanto riguarda lecco la situazione, sebbene lontana da quella del capoluogo di regione, desta riflessioni soprattutto in relazione all'ospedale Manzoni dove, secondo i dati forniti dalla Asst, ci sono 52 pazienti Covid ricoverati a fronte di 64 posti letti disponibili nei reparti Coronavirus.
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Coprifuoco in Lombardia, l’ok di Speranza
“Ho sentito il Presidente Fontana e il sindaco Sala, lavoreremo assieme in tal senso nelle prossime ore"
Così il Ministro Roberto Speranza nella tarda serata di ieri ha risposto a chi gli chiedeva un parere sulla proposta di coprifuoco in Lombardia, avanzata dal presidente lombardo dopo le riunioni coi rappresentanti regionali e territoriali. Proposta che prevede l’attivazione di un coprifuoco su tutto il territorio regionale da giovedì, dalle 23 alle 5, e lo stop ai centri commerciali nel fine settimana.
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Fontana: “Iniziativa simbolicamente importante”
Fontana è intervenuto a Quarta Repubblica su Rete 4:
“Credo sia opportuno prendere un’iniziativa come questa che è simbolicamente molto importante – ha dichiarato – ma non dovrebbe avere delle conseguenze di carattere economico particolarmente gravi, senza però lasciare che la situazione peggiori. Ho sempre sostenuto che l’Italia non si può permettere un lockdown, dal punto di vista economico ma anche psicologico. Dobbiamo evitarlo, dobbiamo trovare la strada migliore per evitarlo”.
I numeri che fanno tremare la Lombardia
Ma cosa sostiene l’ipotesi, e la richiesta, di un coprifuoco su tutta la Regione, da Milano dove la situazione per ammissione della stessa Ats “è critica”, a Sondrio, tra le province meno colpite?
Ci sono tantissimi nuovi casi (a fronte di circa 30mila tamponi al giorno), ma che per la stragrande maggioranza richiedono solamente l’isolamento domiciliare; i pazienti in terapia intensiva sono in crescita, ma ben lontani dalla fase più critica (oggi sono 113, ad aprile 1381), così come i ricoverati in Medicina (645 oggi, oltre 12mila ad aprile).
Cruciale nell’arrivare alla richiesta lombarda la previsione del Comitato Tecnico Scientifico Lombardo secondo le quali, in base all’attuale curva, al 31 ottobre si rischierebbero i 600 ricoveri in terapia intensiva e i 4000 in non intensiva. Previsioni e documenti che come quelli del Cts nazionale al momento non sono pubblici.
Perché si chiude dalle 23 alle 5
E’ la proposta all’unanimità dei sindaci di tutti i Comuni capoluogo della Lombardia, del presidente dell’Anci, Mauro Guerra, dei capigruppo di maggioranza e di opposizione in Regione e del governatore Attilio Fontana, preso atto di quanto rappresentato dal Comitato Tecnico Scientifico lombardo.
Una proposta che nasce dalla rapida evoluzione della curva epidemiologica e dalla previsione della ‘Commissione indicatori’ istituita dalla DG Welfare, secondo cui, al 31 ottobre, potrebbero esserci circa 600 ricoverati in terapia intensiva e fino a 4.000 in terapia non intensiva.
Tutte le parti intervenute hanno condiviso l’opportunità della chiusura, nelle giornate di sabato e domenica, della media e grande distribuzione commerciale, tranne che per gli esercizi di generi alimentari e di prima necessità.
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