il ricordo

25 anni fa l'impresa di Marco Anghileri sulla via Solleder

"La ricorrenza annuale del 18 gennaio fa parte delle cose più belle e emozionanti da ricordare nella vita sociale degli oltre 40 anni del gruppo Gamma e della assai più lunga storia della cronaca alpinistica"

25 anni fa l'impresa di Marco Anghileri sulla via Solleder
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Riceviamo e pubblichiamo l'intervento dello storico della montagna Renato Frigerio in occasione del 25esimo anniversario compiuto dal compianto alpinista di Lecco Marco Anghileri sulla  via Solleder

 

25 anni fa l'impresa di Marco Anghileri sulla via Solleder

La ricorrenza annuale del 18 gennaio fa parte delle cose più belle e emozionanti da ricordare nella vita sociale degli oltre 40 anni del gruppo Gamma e della assai più lunga storia della cronaca alpinistica. 

Allora dedichiamo con riconoscenza la nostra particolare attenzione a Marco Anghileri, uno dei principali protagonisti per vocazione dell’alpinismo solitario e invernale, che per la dimensione delle sue idee non può essere dimenticato. 

L’occasione prende forma e materia consistente nell’imminenza del venticinquesimo della prima ripetizione invernale in solitaria della via Solleder alla Civetta, sulle Dolomiti bellunesi, aperta nell’estate del 1925 da Emil Solleder con Gustav Lettenbauer. 

La parete Nordovest della Civetta, alta 1160 metri, è caratterizzata da interminabili strapiombi, camini, fessure. L’impresa che è rimbalzata alle orecchie di tutto il mondo alpinistico, ha visto Marco impegnato per 5 giorni consecutivi di scalata, dal 14 al 18 gennaio 2000, con 4 bivacchi in parete. 

Il suo tributo nella vita terrena è fatto di ricordi, di episodi, di stati d’animo, di sensazioni, di emozioni, ma anche di pubblicazioni, Tra queste, per saperne di più, in ordine si segnala: 

“Civetta, via Solleder, da solo in inverno”, autori vari, settembre 2000, casa editrice Stefanoni; “La scala dei sogni” di Giorgio Spreafico, novembre 2015, Teka edizioni; “Marco Anghileri, quando i sogni sono vita” di Andrea Gaddi, ottobre 2022, Alpine Studio. 

Adesso, questa nostra doverosa e riconoscente memoria vuole significare un semplice richiamo che viene da lui, dal suo modo di capire la vita e la passione per la montagna. 

Se a Marco, per tutti Butch, con una importante dinastia Anghileri nelle file del gruppo, dedichiamo come Gamma la nostra intensa attenzione, non è solo perché lui a Lecco è stato vicino con profonda passione e dedizione per le stupende montagne del territorio, e nemmeno per la sua grande amicizia e considerazione responsabile verso tutti i soci di ogni età e tendenza nella specialità operativa. 

Per la messa  a punto della situazione ed a proposito del suo sentirsi effettivamente lecchese scriveva quanto segue nella prefazione del libro “Il Resegone. Il profilo più caro ai lombardi” di Angelo Sala, novembre 2002, Bellavite editore in Missaglia: 

“Nelle mie giornate a Lecco lo sguardo si orienta spesso, quasi inconsapevolmente, ad oriente e alla vista del Resegone: mi piace sentirmi allora quasi cullato e in qualche modo protetto da questa grande e meravigliosa parete frastagliata, che sembra vegliare sulla mia casa, sulla mia città”. 

Marco con queste parole esprimeva adeguatamente la sua capacità di provare sentimenti affettivi verso la montagna che circonda e domina Lecco. 

Alla base fondante e del valore riconosciuto di un commosso e intenso ricordo di Butch esiste un vincolo, un legame importante e ideale, determinante e profondo, motivato e giustificato dal suo senso di appartenenza al gruppo Gamma, e dalla sua concreta e attiva amicizia condivisa e collaborativa con tanti alpinisti di qualsiasi livello.

A proposito del suo rapporto responsabile con il gruppo Gamma, Marco all’intervista post Solleder rilasciata a planetmountain.com rispondeva in questo modo alla domanda – “Cosa significa per te appartenere ai Gamma? -: “Far parte di una famiglia, di una compagnia, di un gruppo di amici. Sono sempre stato un Gamma dentro, anche quando non ero ancora entrato. Dai campeggi, alle scuole di roccia, alle serate di alpinismo e da quelle intorno a un tavolo a sentire parlare di montagna e di progetti futuri da realizzare. Anche se poi ognuno di noi ha una sua vita al di fuori, il legame è troppo intenso e non si perderà mai”. 

Infatti, possiamo dire che tutti ricordano Marco con spontaneità, soprattutto per le sue qualità umane, per la sua allegra modestia, per quel suo modo di essere sempre garbato e sorridente, per il suo singolare e innato stile bonario e disponibile, pure elegante con gioviale entusiasmo, insieme, che lo faceva apprezzare da tutti con empatia, piacere, soddisfazione e gioia. Sì, proprio così, perché dal suo conoscere l’alpinismo, la montagna, lo stesso senso del vivere, ci è stato possibile con apertura ricevere agevolmente spunti di rara vitalità e ispirazione, anche per la generazione più vicina al nostro tempo. A questo punto ci sembra giusto affermare prontamente con spontaneità che a Marco Anghileri detto Butch, per quel molto che ha dato e insegnato, tutti noi, uniti, ancora una volta si debba dover dire con sincera gratitudine: Grazie!

Renato Frigerio 

 

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