Liberazione

25 Aprile a Lecco, il sindaco legge il monologo di Scurati. "100 anni dopo l'omicidio Matteotti è intollerabile essere discriminati per le proprie idee"

Avagnina: "Oggi su vuole propugnare una democrazia afascista svuotata dei valori di libertà, uguaglianza, svuotata del conflitto sociale, della partecipazione, una democrazia del Capo. La società moderna non ha bisogno di frammentazioni ed egoismi, ma di inclusione e solidarietà, di parità tra uomo e donna, di lavoro correttamente retribuito, di sicurezza sul lavoro. Non temiamo la restaurazione del fascismo fatto di manganelli e camicie nere, ma respingiamo una destra che erode i valori delle Costituzione"

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Lecco, Città Medaglia d’Argento al valor militare per l’attività partigiana, ha celebrato oggi, giovedì 25 aprile 2024, il 79° Anniversario della Liberazione dal Nazifascismo, una data che riveste un profondo significato storico e simbolico per l'intera nazione, un'occasione per sottolineare ancora una volta (non è mai troppo, non è mai tempo sprecato, non è mai retorico)  i valori della libertà e della democrazia e rendere omaggio ai partigiani e a tutti coloro che si sono opposti al regime totalitario, sacrificando la propria vita per il bene della nazione. 

 

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La partecipata cerimonia del 25 aprile, organizzata dal Comune e dalla Provincia di Lecco, con la partecipazione dell'ANPI provinciale di Lecco, del Coro Grigna dell'A.N.A. di Lecco e il corpo musicale Alessandro Manzoni per rinnovare insieme la memoria della riconquista della libertà e del riscatto del nostro Paese grazie al valore e alla determinazione degli eroi della Resistenza,  è iniziata al Santuario di Nostra Signora della Vittoria con la santa messa accompagnata dai canti del Coro Alpino Lecchese.

Al termine della funzione religiosa  celebrata dal Vicario Episcopale don Gianni Cesena il lungo corteo, con in testa il corpo musicale Alessandro Manzoni Città di Lecco, ha visto sfilare per le vie della città centinaia di lecchesi.

In cima al serpentone il sindaco di Lecco Mauro Gattinoni, la vice Simona Piazza, il presidente dell'Anpi Enrico Avagnina, il vicepresidente della Provincia Mattia Micheli, il senatore Tino Magni,  sottosegretario regionale Mauro Piazza e il consigliere regionale Gian Mario Fragomeli. Il corteo ha  raggiunto il monumento ai Caduti della Lotta di Liberazione di largo Montenero dove  sono  deposte le corone d'alloro.

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La cerimonia del 25 aprile è poi proseguita nel cortile di Palazzo Bovara dove Raffaella Cerrato, a nome della Tavola della Pace di Lecco, ha letto il decreto con il quale il presidente della Repubblica, il 19 settembre del 1974 ha conferito a Lecco la Medaglia d’Argento al valor militare per l’attività partigiana.

Il sindaco legge il monologo di Scurati

Una cerimonia che, forse mai come quest'anno, ha chiamato a raccolta centinaia di lecchesi, molti colpiti nel profondo anche dalle recenti polemiche in merito alla censura dello scrittore Antonio Scurati. E non a caso il sindaco di Lecco Mauro Gattinoni, accogliendo la proposta del Sindaco di Bergamo Giorgio Gori, così come di tante anime della nostra società, ha ritenuto importante aprire il  suo discorso del 25 aprine, nel 79° Anniversario della Liberazione dal Nazifascismo, citando proprio un estratto del discusso testo.

"Lo attesero sotto casa in cinque, tutti squadristi venuti da Milano, professionisti della violenza assoldati dai più stretti collaboratori di Benito Mussolini. L'onorevole Matteotti, il segretario del Partito Socialista Unitario, l'ultimo che in Parlamento ancora si opponeva a viso aperto alla dittatura fascista, fu sequestrato in pieno centro di Roma, (il 10 giugno 1924 n.d.r.) in pieno giorno, alla luce del sole. Si batté fino all'ultimo, come aveva lottato per tutta la vita. Lo pugnalarono a morte, poi ne scempiarono il cadavere. (…) Mussolini fu immediatamente informato. Oltre che del delitto, si macchiò dell'infamia di giurare alla vedova che avrebbe fatto tutto il possibile per riportarle il marito. Mentre giurava, il Duce del fascismo teneva i documenti insanguinati della vittima nel cassetto della sua scrivania. In questa nostra falsa primavera, però, non si commemora soltanto l'omicidio politico di Matteotti; si commemorano anche le stragi nazifasciste perpetrate dalle SS tedesche, con la complicità e la collaborazione dei fascisti italiani, nel 1944. Fosse Ardeatine, Sant'Anna di Stazzema, Marzabotto. Sono soltanto alcuni dei luoghi nei quali i demoniaci alleati di Mussolini massacrarono a sangue freddo migliaia di inermi civili italiani. Tra di essi centinaia di bambini e perfino di infanti. Molti furono addirittura arsi vivi, alcuni decapitati.
Queste due concomitanti ricorrenze luttuose - primavera del '24, primavera del '44 - proclamano che il fascismo è stato lungo tutta la sua esistenza storica - non soltanto alla fine o occasionalmente - un irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista. Lo riconosceranno, una buona volta, gli eredi di quella storia? (…) Finché quella parola - antifascismo - non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana".
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"Questo, lo avrete riconosciuto, è un estratto dal discorso che lo scrittore Antonio Scurati avrebbe dovuto leggere in un programma Rai. Come ben sappiamo, questo testo è stato censurato - ha detto il primo cittadino di Lecco -  Perché si può non condividere tutto, o forse anche quasi nulla, del senso o della modalità di quel discorso ma non si può tollerare, che in Italia, nel 2024, 100 anni dopo l’omicidio Matteotti, si venga discriminati per le proprie idee e limitati nella possibilità di esprimere liberamente la propria opinione.
E guardate bene che l’essere antifascisti, a differenza di quanto oggi qualcuno sembrerebbe far trapelare, non è un’opinione come un’altra, che può più o meno piacere, con cui si può più o meno essere d’accordo. No. L’essere antifascista è base della democrazia: Antifascista è, addirittura, fondamento costituzionale della nostra Repubblica (XII disposizione). Antifascista, è tutta intera la nostra Italia!"
"Spesso si dice, con una nota formula retorica, che la storia è maestra di vita, che occorre imparare dagli errori del passato per non ripeterli in futuro. Bene, dunque, interroghiamo la storia: come nasce un regime? Interroghiamo la storia: come nasce una dittatura? Inizia manipolando la comunicazione, anche censurando gli artisti, allontanando chi, pure in un ambito non politico, rappresenta un riferimento forte per la coscienza critica e per la società intera. In questo modo si orienta l’opinione pubblica: occultando il vero. E attenzione, che dare notizie “a metà”, non complete, cioè, parziali, equivale a dare notizie false. E ancora, la storia ci insegna che un sistema politico diviene antidemocratico quando il senso della partecipazione è svilito, quando le dinamiche elettorali sono ridotte a mera procedura formale utile a raggiungere e mantenere il potere, il potere fine a sé stesso, alla lunga, anche a danno dei cittadini e delle comunità; un sistema diviene antidemocratico quando le Istituzioni pubbliche, anziché costituire il baluardo dei cittadini, anziché collaborare lealmente tra loro, vengono occupate da logiche di parte e diventano esse stesse, le istituzioni, una moneta elettorale. Un sistema diventa antidemocratico quando le Istituzioni, così personalizzate e afferenti a un “capo”, sostengono precise filiere di interessi e alimentano circuiti burocratici attraverso cui il potere fa scorrere risorse sempre a senso unico, così da includere taluni ed escludere scientificamente altri, alla fine accumulando veri e propri privilegi, sempre a vantaggio della “propria” parte. Ecco chiarito perché la democrazia è un sistema fragile: perché, se non animata da etica e valori, se tradisce il Bene Comune, può sgretolarsi facilmente, perdendo partecipazione e quindi impulso vitale".
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La storia ci insegna che, scendendo nell’abisso antidemocratico, si vanno a comprimere le libertà, personali, sociali e politiche. Si vanno a discriminare o vessare le minoranze, a partire da quelle in maggiore difficoltà. E certe discriminazioni, badate bene, sono tutt’altro che distanti.
Discriminazione, oggi, è non riconoscere diritti di civiltà ai bambini e alle bambine di origine straniera nati in Italia a cui la cittadinanza è negata, nonostante frequentino le nostre scuole, le nostre società sportive, i nostri figli. Discriminazione è tagliare risorse a sostegno delle persone con disabilità grave, lasciando genitori disperati e soffocati dal peso di una cura che ricade tutta sulle loro spalle. Discriminazione è rendere impraticabile un’accoglienza strutturata e dignitosa dei migranti. Quando un sistema appositamente congegnato per escludere (non per includere!) impedisce a un migrante di potersi formare, lavorare (e quanto ce ne sarebbe bisogno!) pagare le tasse, pagarsi un affitto e costruire un futuro.
La storia ci insegna, ancora, che in epoca di populismi, slogan comunicativi vengono facilmente spacciati come “verità” a buon mercato, così che quelle minoranze già discriminate, divengono automaticamente il bersaglio su cui far riversare la rabbia, l’insoddisfazione o la sofferenza. E i discriminati, a loro volta, generano gruppi di esclusi o di disperati da cui possono esplodere tensioni, conflitti, violenze, quando non addirittura bacini di reclutamento per la criminalità e per l’illegalità".
"La storia ci insegna anche che la buona politica non è questa: ci insegna che democrazia, inclusione e solidarietà vanno sempre tenute insieme nel rafforzare la comunità. La buona politica è tutelare i più fragili, è mettere al centro i diritti e i doveri sanciti dalla nostra Carta costituzionale, anche a rischio di perdere un punto percentuale di gradimento, o addirittura di perdere le elezioni. Come ha detto Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera e del Gruppo Abele: “La Costituzione è stata scritta per dire mai più povertà, mai più disuguaglianze, mai più discriminazioni, mai più guerre”. Su quest’ultimo passaggio, le guerre, permettetemi un riferimento necessario al ruolo dell’Europa. Personalmente credo che l’8 e 9 giugno saremo di fronte a uno spartiacque epocale.
Da una parte c’è una visione di Unione Europea che si ispira al Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi i quali, pur confinati come oppositori del regime fascista, già disegnavano gli Stati Uniti d’Europa. Il rischio, dall’altra, è di vedere degenerare un’Europa sempre più simile a un condominio impazzito, dove predominano gli egoismi dei singoli stati-inquilini, senza alcuna visione unitaria né di futuro, né di pace. Perché occorre dircelo chiaramente: sul piano politico, solo l’Europa unita può e deve difendere il diritto dell’Ucraina a esistere e a resistere; solo l’Europa sa bene che l’antisemitismo riapparso va subito arrestato, ma che è necessario fermare la strage nella striscia di Gaza; solo l’Europa è il rifugio per tanti perseguitati, dall’Iran all’Armenia, e deve restare presidio di libertà, non di esclusione. Abbiamo bisogno che il nostro comune futuro europeo sia lo spazio dove si costruiscano le soluzioni, non dove ci si accusi dei problemi! (se mai occorresse una dimostrazione, basti pensare a quanto ha fatto l’Unione Europea per le nostre comunità grazie al piano Next generation EU). Abbiamo bisogni da risolvere che non aspettano! Temi dirimenti come l’accoglienza, la lotta al cambiamento climatico, un welfare sostenibile, le infrastrutture materiali, scientifiche e tecnologiche, possono trovare una risposta solo su scala sovranazionale. Certo, siamo tutti consapevoli che la nostra Unione Europea debba essere riformata. Ma con intelligenza! Su questa linea si è espresso Mario Draghi in un articolo del 16 aprile, rompendo il suo laborioso silenzio che durava da settimane e proponendone, letteralmente, un “cambiamento radicale”: “Il nostro processo decisionale e i nostri metodi di finanziamento sono stati concepiti per il “mondo di ieri”, ossia pre-Covid, pre-Ucraina, pre-scoppio della crisi in Medio Oriente, prima del ritorno della rivalità tra le grandi potenze. Abbiamo bisogno di un’Unione europea che sia adatta al mondo di oggi e di domani. […] Abbiamo bisogno di un partenariato rinnovato tra gli Stati membri, una ridefinizione della nostra Unione che non sia meno ambiziosa di quella che i Padri Fondatori fecero 70 anni fa con la creazione della Comunità europea del carbone e dell’acciaio”.
Il prossimo 8 e 9 giugno avremo dunque un appuntamento con la storia, partecipare numerosi attraverso il voto vuol dire rafforzare la nostra democrazia, la nostra storia comune tra Stati europei che nacque dagli orrori della Seconda guerra mondiale, grazie ai valori antifascisti, che sono stati, sono e saranno sempre i nostri valori.
Cari lecchesi, ricordiamoci sempre, infatti, che la nostra città è Medaglia d’Argento al valor militare per l’attività partigiana, Un riconoscimento che svetta sul nostro Gonfalone cittadino, che ci venne consegnato 50 anni fa dalle mani di Sandro Pertini, giornalista, partigiano, allora Presidente della Camera prima di ricoprire la carica più alta dello Stato. E Lecco è orgogliosa della sua storia antifascista, e vuole tenerla viva e forte".
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"Il piazzale della funivia dei Piani d’Erna, porterà il nome di Francesca Vera Ciceri"

Gattinoni ha quindi chiuso il proprio discorso con un importante annuncio. "Per questo, oggi è con grande emozione che posso comunicarvi una scelta dall’alto valore simbolico, etico e politico. Su impulso di diverse parti attive della società civile, in particolar modo di Anpi, e in accordo unanime con tutte le forze politiche che siedono in Consiglio comunale, che ringrazio per la condivisione, abbiamo deciso l’intitolazione di un luogo significativo per la storia di Lecco a una donna, un’operaia, una combattente per la Liberazione. A lei dedicheremo la piazza più alta della città, a lei, che tenne le fila di una delle prime battaglie della Resistenza italiana, dedicheremo lo spazio più ampio che si affaccia su tutte le nostre montagne: il piazzale della funivia dei Piani d’Erna, porterà il nome di Francesca Vera Ciceri. Vera Ciceri, nel 120º anniversario della sua nascita, storica figura della lotta partigiana lecchese, Presidente dell’Anpi Provinciale di Lecco dal 1980 al 1988 e Medaglia d’oro per meriti patriottici e civili insignita dal Comune di Lecco nel 1977. Un gesto di grande forza morale e dall’altissimo valore civile che ci ricorderà sempre che siamo tutti figli della Resistenza, che dirsi antifascisti non è una opzione facoltativa. Semplicemente è ricordarci da dove veniamo e dire grazie a chi ci donò la libertà. Viva Lecco! Viva l’Italia! Viva il 25 Aprile!"

Il vice presidente della Provincia Mattia Micheli

Per Villa Locatelli a intervenire  è stato il vicepresidente Micheli che è stato delegato dalla presidente  Alessandra Hofmann di  rappresentare la Provincia di Lecco a questa cerimonia del 25 aprile.

"La ricorrenza di quest’anno assume un significato ancora più particolare e importante, alla luce delle crescenti tensioni interne e internazionali. Innanzitutto, preme ribadire con forza che il 25 aprile è la festa di tutti gli italiani, perché ricorda una storica giornata di riscatto nazionale, che ha posto fine alla tragica esperienza della Seconda Guerra mondiale, dopo anni di atroci sofferenze.  Una giornata che ci ha lasciato in eredità un’Italia libera, indipendente e democratica, fondata sulla partecipazione, sul lavoro, sulla giustizia sociale, sul rispetto della persona umana, sull’uguaglianza nei diritti e nei doveri, una democrazia liberale che ci ha tenuto al riparo da derive ideologiche autoritarie e dallo scivolamento verso regimi dittatoriali e illiberali, rimanendo saldamente ancorati ai valori del mondo libero. Un’eredità preziosa ottenuta grazie al sacrificio di uomini e donne, partigiani, militari, popolazione civile e forze alleate, che hanno combattuto per la nostra libertà e a cui deve andare la nostra più profonda riconoscenza".

25 aprile

"La memoria dei sacrifici e delle lotte per la conquista della libertà deve rappresentare un monito per tutti noi per superare le divisioni interne, strumentali e politiche, che rischiano di far perdere il vero significato di questa festa di tutti gli italiani. Sul fronte internazionale, purtroppo, le tensioni sono sempre più acute: pensiamo alla guerra in Ucraina, che si protrae da oltre due anni e non trova una soluzione concreta. Molti Paesi, tra cui il nostro, sono impegnati a prestare aiuto e sostegno a una piccola nazione nella difesa della propria sovranità, messa in discussione da uno Stato invasore. A questo conflitto si è aggiunto negli ultimi mesi il fronte nel Medio Oriente, con una tensione nata da un’aggressione terrorista, che ha portato a una pericolosa escalation con il coinvolgimento di altri Paesi. La nostra tragica esperienza vissuta in passato, deve insegnare che le guerre, gli scontri e le divisioni non portano a nulla di positivo; al contrario, occorre cercare la via della diplomazia e del dialogo, per raggiungere l’obiettivo comune della pace, altrimenti ci infileremo in una pericolosa deriva da cui sarà difficile tornare indietro. E’ arrivato il momento di farci attori principali di un dialogo di pace che deve andare oltre le polemiche politiche interne e deve erigersi alto oltre ogni confine. 79 anni fa la coesione del nostro Paese, insieme all’aiuto di altre Nazioni, fu decisiva per la liberazione e per fare in modo che non prevalessero le logiche del grande contro il piccolo, del più forte contro il più debole. 79 anni di libertà devono insegnarci che la libertà personale e collettiva traccia una linea, in qualsiasi epoca, qualsiasi latitudine, qualsiasi contesto, che demarca in modo chiaro, come ci ha insegnato la storia, che da una parte di essa si è nel giusto, e dall’altra parte si è nell’errore. Come amministratori pubblici abbiamo il dovere di difendere e tutelare a ogni costo la preziosa eredità ricevuta, di vigilare sull’affermazione del principio dell’uguaglianza e di adoperarci per promuovere questi valori anche nell’azione quotidiana nel nostro operato, così da essere da esempio per le nostre nuove generazioni, perché non smettano mai di cercare la pace nelle parole e nei gesti di tutti i giorni. Solo attraverso un impegno concreto di ognuno di noi, nei rispettivi ambiti di intervento, potremo dare il nostro contributo per l’affermazione della pace, in Italia e nel Mondo. Viva il 25 aprile, viva la Libertà".

Il presidente dell'Anpi Lecco Enrico Avagnina.

"Come ogni 25 aprile ci incontriamo per compier un atto di Memoria e ricordare la Resistenza in un giusto equilibrio tra il dolore del sacrificio compiuto per democrazia e la gioia della Liberazione e riflettere su quanto delle attese e speranze di allora siamo riusciti a realizzare o a non realizzare. In una città medaglia d'argento al valore resistenziale per il contributo delle sue genti è doveroso ricordare con gratitudine quali e quante diverse Resistenze contribuirono alla sconfitta del nazi-fascismo La Resistenza è stata una realtà molto complessa. Ne hanno fatto parte le forze armate che dopo l'8 settembre non si arresero alle forze tedesche, i militari nei campi di concentramento, i civili italiani deportati, i membri della società civile, i sacerdoti, i medici gli operai che scioperarono il 7 marzo. Ed infine la resistenza armata".

25 aprile

Come Scurati nel suo monologo citato da Gattinoni anche Avagnina ha ricordato la figura di Matteotti. "Un uomo che rimarrà sempre nella memoria civile di questa Repubblica a testimonianza della barbarie fascista verso il dissenso degli oppositori politici". 

In numero uno dell'Anpi ha poi ricordato che la Costituzione, frutto della Resistenza,  è la bussola che guida le nostre vite. "Oggi purtroppo vediamo messo in discussione l'impianto di  questa nostra legge fondamentale e denunciamo con fermezza i tentativi in atto di stravolgerne i principi chiave, ovvero l'equilibrio tra i poteri dello Stato e l'idea della democrazia come partecipazione non come delega a un uomo o a una donna sola al comando. Oggi su vuole propugnare una democrazia afascista svuotata dei valori di libertà, uguaglianza, svuotata del conflitto sociale, della partecipazione, una democrazia del Capo. La società moderna non ha bisogno di frammentazioni ed egoismi, ma di inclusione e solidarietà, di parità tra uomo e donna, di lavoro correttamente retribuito, di sicurezza sul lavoro. Non temiamo la restaurazione del fascismo fatto di manganelli e camicie nere, ma respingiamo una destra che erode i valori delle Costituzione".

Con sguardo alla dolorosa attualità Avagina ha ricordato che Anpi ha condannato l'aggressione della russa all'Ucraina così come l'azione di Hamas conto i civili israeliani e  "l'insopportabile stillicidio di violenze e uccisioni di palestinesi che dura da anni culminato con la ignobile risposta vendicativa a Gaza. Da sempre Anpi si impegna per chiedere la pace"

Il prefetto di Lecco Sergio Pomponio

Toccante l'intervento del prefetto Pomponio. "Cosa pensavano i partigiani la notte del 24 aprile? Cosa avevano patito, cosa avevano sofferto? Il delirio, il delitto, il pianto dei bambini. E le donne che avevano avuto un ruolo fondamentale nella lotta partigiana cosa pensavano? E ragazzi, i giovani, che erano stati cresciuti per andare a morire, ai quali era stato inculcato l'odio verso l'altro? Cosa pensavano? Sarebbe il caso che ce lo chiedessimo anche oggi. A tutte queste persone era mancato il dialogo, la parola, il confronto".

 

25 aprile

 

Il dramma del nostro tempo è che noi non riusciamo a parlare la lingua del nostro interlocutore. Era mancata la speranza di partecipazione. La democrazia è partecipazione, cioè fare parte. Ma fare parte significa parlare la stessa lingua, volgersi verso le esigenze dell'altro. Tutto questo, quella notte del 24 aprile, qualcuno  lo ha pensato possibile e ha lottato anche per quello. Ha lottato anche per chi non ha perseguito i valori di libertà . La lotta per la liberazione è una lotta per la speranza e per il futuro. Se noi non coltiviamo il futuro, se non coltiviamo la speranza, se non coltiviamo l'altro continueremo a fare discorsi  retorici e continueremo  a pensare di essere dalla parte del bene. Non dobbiamo continuare a pensare solo ad un presente che è egoista. Questo è il 25 aprile".

Bella ciao oggi, 25 aprile, domani e sempre

La cerimonia si è chiusa sulle note di Bella Ciao. Un inno partigiano che non può non essere parte di tutti noi, oggi, 25 aprile, domani e sempre.

Una mattina mi son svegliato
o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao
una mattina mi son svegliato
e ho trovato l'invasor.

O partigiano portami via
o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao
o partigiano portami via
che mi sento di morir.

E se io muoio da partigiano
o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao
e se io muoio da partigiano
tu mi devi seppellir.

Seppellire lassù in montagna
o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao
seppellire lassù in montagna
sotto l'ombra di un bel fior.

E le genti che passeranno
o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao
e le genti che passeranno
mi diranno che bel fior.

E questo è il fiore del partigiano
o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao
e questo è il fiore del partigiano
morto per la libertà

25 aprile a Lecco, le immagini

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Mario Stojanovic

 

 

 

 

 

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