Condannato a morte dai talebani profugo afghano riesce a raggiungere l'Italia
Zekria Malek Zadeh ha lavorato per l'esercito italiano ma il profugo afghano era rimasto bloccato con la famiglia nel suo paese.
Condannato a morte dai talebani per aver lavorato dieci anni con l’esercito italiano a Camp Arena, un profugo afghano è riuscito a sbarcare in Italia all’aeroporto di Fiumicino dopo un anno e mezzo.
Profugo afghano
Lui è Zekria Malek Zadeh, 42 anni, proviene da Herat, città dell'Afghanistan occidentale, capoluogo dell'omonima provincia e dell'omonimo distretto. Da alcuni mesi però si è rifugiato in Iran, grazie all'aiuto economico del fratello Noreddin, 36 anni, profugo in Italia - prima a Olginate e poi a Casatenovo - dallo scorso anno, dopo essere stato a sua volta interprete per il nostro contingente italiano in Afghanistan. Con Zekria sono giunte nel nostro Paese anche la moglie Maryam e i due figlioletti Setayesh e Suhail.
Non hanno più nulla
Non hanno più nulla, perché hanno lasciato tutto nel loro Paese natale dove sono rimasti i fratelli e le sorelle e l’anziano padre ai quali i talebani hanno comminato una sanzione di 30mila euro "perché i tuoi figli hanno lavorato per gli italiani". Se per Noorreddin - che oggi vive a Casatenovo e lavora a Costa Masnaga - il trasferimento in Italia era avvenuto subito, a giugno dello scorso anno, Zekria era rimasto bloccato in patria, ospite di un parente diverso ogni due giorni, perché loro sapevano che "le promesse fatte dai talebani sarebbero state disattese non appena l’attenzione mediatica sul Paese sarebbe scemata" dice Noorreddin, in Italia con moglie e tre figli. E' grazie alla tenacia del 36enne e ad una rete creata da diverse sezioni Rotary - che hanno dato vita al progetto Aquiloni nel vento - se la famiglia è arrivata a Roma e potrà continuare a vivere.
L'impegno del fratello
"Quando la situazione è degenerata ho capito che dovevo fare qualcosa per mio fratello - ci ha spiegato Noorreddin - Io ero già in Italia e ho iniziato a lavorare come meccanico in un’autofficina. Così gli ho mandato dei soldi affinché si mettesse in salvo in Iran. Poi da aprile ho continuato ad inviargli del denaro in attesa che giungessero i permessi. Non è stato facile ottenere i visti per farlo arrivare in Italia". No facile non lo è stato per niente. Ma dietro a Nooreddin, che a Casatenovo si è già fatto tanto amici, c’è stato l’impegno - primo fra tutti - di Luca Mazzucchi, promotore del progetto Aquiloni nato in seno al Rotary. E poi c’è stato lo sforzo delle sezioni di Lecco, Colico, Merate, Bormio e Sondrio, di Soroptimist di Merate, dell’Inner Wheel di Colico e del Rotaract di Lecco che gestisce la piattaforma delle offerte per are una mano a questa famiglia.