La polemica

La rabbia dei sindaci: "In ginocchio per la siccità, ma esclusi dai proventi della vendita delle acque del lago"

"Abbiamo le darsene in secca, le barche incagliate, i muretti a secco che crollano, pesci e fauna in sofferenza e nessun tipo di ristoro e rimborso nonostante la vendita dell'acqua che è anche nostra".

La rabbia dei sindaci: "In ginocchio per la siccità, ma  esclusi dai proventi della vendita delle acque del lago"
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Da una parte le conseguenze della siccità che sta attanagliando il territorio che pesano sulle anche sulle casse comunali. Dall'altra la totale esclusione dai proventi della vendita e regolazione delle acque del lago. Un binomio esplosivo  che sta scatenando la rabbia di alcuni sindaci rivieraschi (tutti civici di centrodestra) che sono scesi in campo per chiedere la modifica delle norme  ricevendo anche il sostegno di colleghi di Comuni che non affacciano sul Lario.

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La rabbia dei sindaci: "In ginocchio per la siccità, ma siamo esclusi dai proventi della vendita delle acque del lago"

La protesta, che si fa concreta anche nell'imminenza delle prossime elezioni politiche del 25 settembre. è stata sollevata in primis dai primi cittadini di Pescate Dante de Capitani, Brivio Federico Airoldi, Oliveto Lario Bruno Polti, Mandello Riccardo Fasoli e Dervio Stefano Cassinelli. 

I comuni non possono continuare ad essere esclusi dai proventi della vendita e regolazione delle acque del lago e nel contempo essere costretti a pagare di tasca propria i danni provocati da queste attività - sottolineano  in una nota ufficiale -  Se le acque del lago sono di tutti, a maggior ragione devono esserlo anche dei comuni lacustri, non solo dei consorzi di irrigazioni e di bonifica o delle centrali elettriche, non siamo figli di un Dio minore".

Le loro rimostranze dei cinque sindaci interessati dal  alla regimazione delle acque del lago come detto è stata anche poi ha trovato condivisione anche in tutti i sindaci del gruppo civico  di centrodestra "a testimoniare la compattezza tra noi sindaci dove i problemi si condividono comunque" aggiunge de Capitani. Stiamo parlando in particolare di   Fabio Bertarini primo cittadino di Viganò,  Sandro Cariboni di Sueglio ed Elide Codega di Premana.

La siccità infiamma la situazione

Ma torniamo  all'oggetto del contendere. "Non è concepibile che in tempi moderni l'attività di regolazione della diga di Olginate sia gestita da una legge del 1938 che prevede per il Consorzio dell'Adda un consiglio di amministrazione composto da cinque membri e cioèil presidente più due membri nominati dai consorzi di irrigazione e due membri nominati dai consorzi industriali, senza la presenza di un rappresentante dei comuni - si legge ancora nella nota -  Il presidente dell'Autorità di Bacino del lago di Como Luigi Lusardi e noi sindaci sono anni che chiediamo un nostro rappresentante all'interno del CdA, più attenzione ai Comuni e rimborsi per i danni dovuti alla mancanza di acqua, specialmente in questo periodo di siccità".

Siccità appunto che è per un assurdo gioco di parole sta infiammando anche le Amministrazioni costrette a far fronte a non poche problematiche. "Abbiamo le darsene in secca, le barche incagliate, i muretti a secco che crollano, pesci e fauna in sofferenza e nessun tipo di ristoro e rimborso nonostante la vendita dell'acqua che è anche nostra".

Una delegazione di sindaci pronta a partire per Roma

Da qui la richiesta che si intervenga per cambiare le cose. "Abbiamo una decina di parlamentari tra Lecco e Como e mai nessuno che abbia preso a cuore il problema facendo cambiare una legge di 85 anni fa che poteva avere un senso nel periodo ma che non l'ha più adesso, e che prevede l'assurdità di consentire un deflusso fino a meno 40 cm del lago sotto lo zero idrometrico.
I candidati del territorio alle prossime elezioni del 25 settembre devono dire chiaramente una volta per tutte se porteranno a Roma questo problema, che per via dei cambiamenti climatici sta diventando anno dopo anno sempre più evidente, oppure no. In quest'ultimo caso andremo noi sindaci lacustri con una delegazione a Roma per chiedere che i nostri diritti vengano finalmente riconosciuti".

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