stamattina

"Il disagio giovanile tra strada, scuola e web": le autorità insieme ai ragazzi per trovare una soluzione

Don Claudio Burgio: "E' necessario guardare con fiducia ai ragazzi, sospendendo il giudizio e ascoltando nell'ottica di capire"

"Il disagio giovanile tra strada, scuola e web": le autorità insieme ai ragazzi per trovare una soluzione
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"Il disagio giovanile tra strada, scuola e web": questo il tema dell'incontro organizzato dalla Segreteria Provinciale della Polizia di Stato di Lecco in collaborazione con l'Ufficio scolastico territoriale e patrocinato da Comune e Provincia, che si è tenuto nella mattinata di oggi, martedì 28 novembre 2023, alla Casa dell'Economia, insieme a diverse autorità e agli studenti di alcuni istituti della Provincia, tra cui il Liceo Leopardi e il Greppi.

"Il disagio giovanile tra strada, scuola e web": le autorità insieme ai ragazzi per trovare una soluzione

Ad aprire i lavori il prefetto Sergio Pomponio, che ha sottolineato l'importanza dell'ascolto, che deve essere insegnato anche nelle aule scolastiche, precisando che il disagio non è solo quello che si manifesta, ma anche quello che rimane latente e che può essere evitato proprio esercitando le capacità di ascolto e di attenzione.

Sergio Pomponio

Il segretario provinciale generale F.S.P. della Polizia di Stato di Lecco, Fulvio Attilio Gonella, ha poi ricordato che in Italia nel 2022 più di 1000 reati hanno visto come protagonisti dei ragazzini: "Dobbiamo alzare la soglia di attenzione".

Fulvio Attilio Gonella

Il senso dell'incontro: "stringere un'alleanza che possa rafforzare la comunità"

"Benvenuti a Lecco City", ha esordito il primo cittadino, Mauro Gattinoni, citando Baby Gang. Il sindaco ha proseguito ricordando come il format che utilizzano i trapper fosse già presente in America anni fa e come dal difendere la famiglia e gli amici si finisca poi con difendere il clan, che è un clan malavitoso. "L'interesse vero poi diventa lo spaccio: attenti a non finire in questo circuito". Gattinoni ha anche messo in guardia i ragazzi dalle insidie del web e dai fenomeni emulativi estremi: "Mettendo insieme bullismo, prove assurde e incapacità di comunicare tra di voi e con gli adulti, qualcuno purtroppo poi crolla". Infine, le raccomandazioni: "Tenete presente che nessuno è nemico di nessuno; siamo tutti qui per aiutarvi e per ascoltarvi. Il senso dell'incontro di stamattina è quello di stringere un'alleanza che possa rafforzare la nostra comunità e la sua parte più preziosa: voi ragazzi".

Mauro Gattinoni

Le "reti di scopo" nate con la legge sulla Buona Scuola

Ha preso poi la parola la professoressa Marina Ghislanzoni, docente per l'Autonomia dell'Ufficio scolastico territoriale di Lecco, che ha parlato delle "reti di scopo", nate in seguito alla legge 107 sulla Buona Scuola, il cui obiettivo era arginare l'abbandono scolastico, diminuire le differenze socio-culturali e migliorare le competenze degli studenti. Attraverso le "reti di scopo" le scuole perseguono degli obiettivi comuni che potranno essere ricondotti al Piano triennale di offerta formativa. La rete deve entrare in contatto con le esigenze del territorio e prevede quindi il coinvolgimento di altri enti. La professoressa Ghislanzoni ha quindi elencato alcuni esempi di "protocolli di rete", che prevedono l'unione di più scuole, guidate da un istituto capofila: la rete delle scuole che promuovono la salute (tra le azioni promosse a tal proposito si ricorda anche il supporto psicologico), la rete di prevenzione al bullismo (che prevede anche la "patente dello smartphone": un corso proposto ai ragazzi di prima media per sensibilizzare su potenzialità e pericoli degli strumenti digitali), la rete di educazione alle differenze, la rete a scuola contro la violenza sulle donne e la rete di promozione della legalità. Queste iniziative coinvolgono tutto il personale scolastico, con corsi di formazione per docenti e dirigenti e lezioni interattive con gli studenti. La professoressa ha spiegato che, tra i progetti in cantiere, c'è anche la realizzazione di una rete contro la violenza sui minori in collaborazione con i servizi socio-sanitari e con le forze dell'ordine.

"E' necessario guardare con fiducia ai ragazzi, sospendendo il giudizio e ascoltando nell'ottica di capire"

"Chi di voi ascolta musica trap? A chi di voi piace Baby Gang?": queste le domande che la giornalista Alice Mandelli, mediatrice dell'incontro, ha rivolto ai ragazzi. In tanti hanno alzato la mano. Così è stato introdotto l'intervento di don Claudio Burgio, fondatore e presidente dell'associazione Kayròs e cappellano dell'istituto penale minorile Cesare Beccaria di Milano, dal titolo "Non esistono i cattivi ragazzi". "Molti anni fa ho deciso che la mia vita sarebbe stata dedicata ai 'Baby Gang' e a tutti quei ragazzi che hanno intrapreso strade sbagliate - ha raccontato il sacerdote - Ho deciso di guardare verso di loro con fiducia, e, per farlo, ho dovuto sospendere il giudizio. Non basta essere un adulto, un autorità, un prete, per meritare la fiducia dei ragazzi, e soprattutto il loro rispetto: bisogna guadagnarselo. Quindi ho provato ad immergermi nelle storie dei ragazzi che ho incontrato senza giudicare, ma cercando di ascoltare nell'ottica di voler capire, e uno dei canali di ascolto è stata proprio la musica: quando Zaccaria (nome di battesimo di Baby Gang) è entrato in carcere a 15 anni, io l’ho conosciuto ed era un ragazzo molto chiuso, non parlava con nessuno, non si fidava, anzi, provocava. Quando mi ha chiesto di ospitarlo in comunità da me, voleva venire perchè sapeva che si faceva musica: 'Vengo da te perchè farò il cantante'. Al che io risposi: 'Sì ok però pensiamo anche ad un piano b: un lavoro, dei soldi puliti…'. E lui: 'No, così non ti stai fidando di me: io farò il cantante'. Noi adulti siamo così: ragioniamo con degli schemi fissi. Poi ci ho pensato e mi sono detto: 'ci lamentiamo sempre che i ragazzi non hanno desideri e passioni...' ; così, consapevole comunque di rischiare, gli ho detto: 'Ok, io ti porto in comunità, ma la musica la farai davvero'. Per me combattere il disagio giovanile vuol dire innanzitutto dare ai giovani la facoltà di esprimersi, di narrare il loro vissuto: non si può instaurare un dialogo tra generazioni se il nostro è un monologo".

"La vera autorità è quella che conquista, cambia, educa"

Don Claudio ha poi raccontato che, quando ha ascoltato la prima canzone di Zaccaria, gli si è accesa la lampadina: parlava del rapporto devastante col padre, del grande affetto per la madre, delle motivazioni dei primi reati… ". Io non lo giustifico, ma se vogliamo uscire dal disagio giovanile dobbiamo metterci in ascolto - ha proseguito il cappellano - Palazzi senza riscaldamento né acqua calda, dove si vive in 8 in 4o metri quadrati... non sono solo canzoni: sono fatti. Mi sono reso conto che in Italia l’articolo 3 è stato disatteso: le disuguaglianze esistono ancora e sono sempre più profonde. Se esiste Baby Gang allora dobbiamo chiederci 'Dov'è nato? Noi, mondo istituzionale, della scuola, io stesso, dove eravamo? Dove siamo?' E' troppo facile la via della colpevolizzazione. Questi ragazzi sono davvero autori di reato o sono vittime? I trapper parlano di soldi: ma chi gliel’ha messo in testa? Questa idea nasce da una cultura che mette al primo posto i soldi: se tu sei ricco sei qualcuno, se no, no. Non a caso Zaccaria mi ha confidato che il primo posto in cui si è sentito discriminato è stata la scuola. Non deve crearsi uno scontro tra chi ha le divise e chi non le ha, ma un'alleanza: la vera autorità è quella che conquista, cambia, educa; tutto il resto è solo esercizio dispotico di potere che diseduca".

"A scuola bisogna insegnare la coscienza morale"

Alice Mandelli ha poi ricordato i recenti fatti di cronaca lecchesi - i due ragazzini minacciati e derubati da due coetanei, il più giovane dei quali appena 14enne, e l'episodio che ha visto protagonista un gruppo di ragazzi che, dopo aver fatto casino in piazza Diaz, hanno rapinato sul treno e uno di loro ha addirittura inseguito uno studente con un machete in mano - per introdurre l'intervento del dottor Ezio Domenico Basso, procuratore capo della Repubblica di Lecco, dal titolo "Disagio giovanile e baby gang: un fenomeno in preoccupante crescita". Basso ha raccontato un episodio di cronaca nera su cui ha lavorato nel settembre 2018, quando operava in Sardegna: Manuel Careddu, un giovane sui vent'anni al quale era stata applicata la misura cautelare per il reato di spaccio, una sera scompare senza lasciare traccia. Circa un mese dopo si scopre che è stato ucciso da cinque suoi coetanei, tre dei quali minorenni. Il movente? Uno di loro aveva un debito di 500 euro con lui e gli aveva rubato la fidanzatina. Manuel aveva osato presentarsi in casa della ragazza per reclamare i soldi, così era stato ucciso a palate in testa e sepolto in un campo, per onorare il codice barbagino, tutt'ora vigente sul territorio, dove si respira un'aria di omertà. "Non abbiate paura - così il procuratore ha ammonito i ragazzi - Gli errori bisogna cercare di correggerli subito, perchè sono come una di quelle bruttissime malattie che se degenerano costringono i medici a fare interventi chirurgici invasivi, mentre se vengono curate subito si riesce a riportarne uno, due, cinque su dieci sulla retta via. Questo dovrebbe significare far crescere la società. A scuola bisogna insegnare ad essere cittadini, che vuol dire avere diritti e doveri. Non bisogna insegnare il diritto, ma la coscienza sociale".

La giustizia restorativa: "non occhio per occhio, ma occhi negli occhi"

Durante la mattinata si è affrontato anche il tema della giustizia riparativa con la dottoressa Bruna Dighera, psicologa e psicoterapeuta con formazione giuridica e criminologica, che ha spiegato che esistono tre modelli di giustizia: la giustizia retributiva, che risponde al male creato con il male di una pena; la giustizia riabilitativa, che non si limita a rispondere con la pena, ma cerca anche di capire le motivazioni che stanno dietro al gesto: il passato di quella persona, i traumi, le difficoltà; infine la giustizia riparativa. Si tratta di modelli che non sono contrapposti, ma spesso virtualmente complementari.

La dottoressa ha spiegato come in realtà il termine "riparativa" soddisfi poco gli studiosi perché traduce la parola inglese "restorative", che però non ha un corrispettivo italiano. Tuttavia questo tipo di giustizia non ripara perchè le persone non sono macchine. Dunque lei propende per chiamarla "restorativa": "La giustizia restorativa non ripara e non dimentica, ma si chiede: può esserci un'altra strada? Bisogna cambiare le lenti per guardare il mondo per comprendere questo tipo di giustizia, che si basa su quattro valori portanti: non c’è incontro né ascolto se non c’è rispetto della dignità della persone da tutte le parti; solidarietà e responsabilità (la comunità implica diritti e obbligazioni: siamo legati da obblighi reciproci, e solidarietà significa tenere presente i legami tra noi: ciò che io faccio ha sempre degli effetti sugli altri, che si propagano come i cerchi sulla superficie dell'acqua dopo aver lanciato un sasso); giustizia: il valore delle cose giuste, rendere conto degli effetti delle proprie azioni, non delle intenzioni, che sono sempre sante; la verità, non quella giudiziaria, ma quella dialogica, che si costruisce quando le persone si ascoltano l’una con l’altra: non occhio per occhio, ma occhi negli occhi. La giustizia riparativa chiede alle persone che sono entrate in conflitto tra di loro se hanno voglia e desiderio di incontrarsi e di parlarsi: promuove l’incontro, che è la prima condizione per l’ascolto".

A Lecco infatti esiste "L'innominato-Tavolo lecchese per la giustizia riparativa", che è organizzato in "circles": "Piccoli cerchi dove le persone, difficili le une per le altre, si ascoltano e parlano, e dove sono presenti anche i cittadini non coinvolti. I circles infatti poggiano su tre gambe: le vittime, chi ha causato il danno e la comunità", ha spiegato la dottoressa Dighera.

Infine hanno concluso la mattinata gli interventi del dottor Simone Feder, coordinatore dell'Area Giovani e Dipendenze della Casa del giovane di Pavia, dal titolo "Un selfie nel mondo giovanile", e della dottoressa Alessia Giannino, allieva vice ispettore della Polizia di Stato, laureata in Psicologia, dal titolo "Accorgimenti operativi nell'escussione del minore".

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