Vive a Rozzano, ma Tommaso Riccelli meriterebbe la cittadinanza di Pescate «per meriti sportivi», non solo per la sua ascesa nel mondo del canottaggio nazionale, ma soprattutto l’abnegazione con cui è cresciuto nelle acque del lago.
Nato a Milano il 25 ottobre 2005, è sempre stato iperattivo.
«Ho praticato nuoto, arti marziali, rugby, basket e calcio, prima di fermarmi al canottaggio quando avevo 14 anni».
Tommaso Riccelli, orgoglio di Pescate nel canottaggio europeo
Quali arti marziali?
«Muay thai, e avrei volentieri proseguito anche frequentando il mondo orientale, ma il mio cuore è andato da un’altra parte, restando con i piedi saldi nel solco della tradizione italiana».
Educatissimo, si esprime con grande appropriatezza lessicale.
C’è un motivo?
«Ho frequentato scuole private, ma ad arricchire il mio vocabolario è stata mia nonna, una signora molto colta, che mi ha aiutato ad aprire la mente leggendo molto. Il diploma l’ho preso al liceo scientifico sportivo di Milano, zona Maciachini».
La tua famiglia è sportiva?
«Tutt’altro, ma sono dell’idea che mio padre avrebbe potuto essere un grande sportivo, mentre la mia stazza l’ho presa soprattutto da mia mamma che è alta 1.85».
E tu?
«Sono 195 centimetri per 97 chili di peso forma». Un bel «motore» come l’olimpionico mandellese Andrea Panizza.
«Lui è l’idolo di tanti ragazzini, come lo è stato per me all’inizio, quando lo vidi alle Olimpiadi di Tokyo».

Il tuo allenatore Roberto Duvia mi ha detto che, quando sei approdato alla Canottieri Pescate, quasi non sapevi remare.
«E’ vero, perché ho iniziato alla Canottieri Olona, che è una società dilettantistica, che introduce all’attività. Facevo quattro allenamenti sul naviglio o all’idroscalo, l’allenatore Paolo Marilli notò il mio potenziale proponendomi a Roberto».
L’aggancio pescatese.
«Esatto. Lui allenava il quattro di coppia ragazzi ed è stato amore a prima vista, mi sono sentito subito a casa. E’ l’ideale per allenare i giovani che hanno voglia di emergere, ti mette nelle migliori condizioni per raggiungere i tuoi obiettivi. Ho apprezzato le sue qualità e sono rimasto».
Avevi 15 anni e una forte motivazione per andare avanti e indietro da Rozzano.
«Santa mamma che mi accompagnava ogni giorno: un’ora andare e una mezzora in più a tornare. Mi aspettava 2/3 ore portando a spasso i cani».
Il nome della santa?
«Sara, ma la prima cosa che ho fatto a 18 anni è stata prendere la patente».
Hai avuto anche il tempo di conoscere il nostro territorio?
«Sì, anche perché finita la scuola mi trasferivo a Pescate. Ho avuto modo di conoscere le persone splendide che abitano qui e i fantastici panorami che nel milanese ci sogniamo. Allenarsi sul lago circondato dalle montagne, a volte d’inverno innevate, è impagabile».
La passione del canottaggio?
«E’ stata una sfida. Negli altri sport la mia fisicità più sviluppata era un vantaggio, mentre in barca le prendevo».
Competitivo mi pare di intuire.
«Da sempre, estremamente. Non mi piace perdere nemmeno quando gioco a beach volley col gli amici o carte».
Il quattro di coppia ragazzi pescatese da chi era composto?
«Luca Comi che ha smesso, Marco Gianesin che si è rivelato importante nella mia formazione visto che con lui ho partecipato al mio primo mondiale e Giacomo Mari che è ancora in attività».

I tuoi primi risultati di rilievo?
«Dal 2023, grazie all’ingresso in società di Eros Goretti (mandellese, papà di Martino, ndr), che è uno dei sette migliori allenatori Italia a livello di qualifiche e che è stato anche tecnico della nazionale messicana. Ha completamente svoltato la mia tecnica mettendomi con Gianesin sul due senza. Sono passato dall’avere due remi a uno solo in due mani. Così, prima delle selezioni, abbiamo abbassato i tempi per accedere al mondiale Under 19 che poi abbiamo fatto io sull’otto e Marco sul due senza».
Quando hai capito di poter diventare atleta di livello internazionale?
«Da quel momento in avanti, perché ho capito di avere delle capacità e che con l’impegno si può arrivare ovunque. C’è un sacco di lavoro da fare, ma ora è una questione di forza di volontà e di tempo».
A che punto di crescita sei?
«Non è facile da capire. C’è un potenziale da esplorare».
Che caratteristiche hai?
«Il mio grande pregio anche in gara è la forza esplosiva. E i compagni mi dicono che sono un motivatore, forse il difetto è che a volte mi dimentico di esserlo per me stesso».
Sei garista?
«Assolutamente si. Ma mi piace anche tutta la parte di preparazione».
Come quella attuale.
«Mi sto allenando per l’Europeo Under 23 del 6/7 settembre in Repubblica Ceca. E’ un piacere tornare nella forma migliore. In gara mi piace guardare lo sguardo degli avversari e sentire la tensione. L’atleta ha bisogno di questa adrenalina per porsi degli obiettivi».
L’esperienza internazionale più bella vissuta finora?
«Ho nel cuore la prova di Coppa del Mondo di quest’anno a Varese, per cui mi sono preparato con una delle persone a me più care nello sport, Josef Marvucic. Con lui ho condiviso il primo e secondo meeting internazionale, vinto in doppio e ottenuto l’accesso alla Cdm sul quattro composto anche da Edoardo Rocchi e Andrea Pazzagli, con cui siamo arrivati quinti nella finale A».
Il Mondiale U23 di Poznan, sempre di quest’anno, è stato meno fortunato per l’infortunio capitato al capovoga Giovanni Paoli (cui è subentrato Jacopo Gregolin). Gli altri erano Sebastiano Renzi e Enea Mulas. Riccelli è scalato in posizione 1, portando la barca alla vittoria nella finale C e al tredicesimo posto finale.
Le aspettative per l’Europeo?
«Abbiamo una gran fame di rivincita dopo l’esperienza mondiale, dove eravamo competitivi. Vogliamo giocarci le nostre carte per una medaglia e regalare forti emozioni».
Riccelli si è messo in evidenza conquistando il terzo posto agli Italiani sul singolo.
«A fine giugno, dopo la Coppa del Mondo e prima della selezione mondiale. In questa disciplina bisogna essere il più versatili possibili. Il podio è stata una grande soddisfazione anche per Roberto, perché un under della Canottieri Pescate non era mai andato a medaglia nel Tricolore. E’ merito delle persone che hanno sempre creduto in me, e che non mi hanno mai fatto mancare la loro fiducia».
Dario Scaccabarozzi