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Case della Comunità: a Lecco nuovi presidi per la salute dei cittadini

Per quanto riguarda la Provincia di Lecco, sono sei le Case di Comunità già fruibili dalla cittadinanza e due quelle ancora in fase di completamento

Case della Comunità: a Lecco nuovi presidi per la salute dei cittadini

Tra pochi mesi, a marzo 2026, giungeranno a conclusione molti dei progetti del PNRR, compresi quelli previsti dalla Missione 6 – Salute. A cinque anni dal periodo pandemico, sui territori si è lavorato molto – e molto resta ancora da fare – per ridisegnare un modello di sanità più vicino ai cittadini e meno ospedalocentrico. A fare il punto è Michela Guzzi, referente del dipartimento Welfare della CISL Monza Brianza Lecco.

Case della Comunità e Ospedali di Comunità: la situazione a Lecco

«Il triennio che si sta chiudendo ha visto un impegno straordinario per costruire una rete territoriale che sia davvero al servizio delle persone», spiega Guzzi. «Case della Comunità e Ospedali di Comunità rappresentano un cambiamento culturale e organizzativo, non solo edilizio».

Nel territorio di ATS Brianza la maggior parte delle strutture è già operativa e a disposizione della popolazione; altre, più complesse, sono ancora in via di completamento.

Per quanto riguarda la Provincia di Lecco, sono sei le Case di Comunità già fruibili dalla cittadinanza e due quelle ancora in fase di completamento. Particolare attenzione è rivolta all’apertura della Casa di Comunità di Bellano, prevista per gennaio 2026, e al presidio nel capoluogo, in Via Ghislanzoni: dopo la ristrutturazione dell’ex scuola d’infanzia Damiano Chiesa, anche questo dovrebbe aprire al pubblico entro i primi mesi del nuovo anno.

Più complessa appare la situazione degli Ospedali di Comunità sul territorio: attualmente è operativo quello di Lecco e, da pochi mesi, anche quello di Bellano. Proseguono invece i lavori per i presidi di Introbio e Merate. «È fondamentale rispettare le scadenze, perché questi progetti sono finanziati con fondi PNRR e hanno un termine preciso», ricorda Guzzi.

La sfida più ardua non è però edilizia, bensì organizzativa. «Costruire una rete di servizi realmente prossima alle persone significa mettere in connessione mondi professionali e istituzioni che per anni hanno lavorato a compartimenti stagni», sottolinea Guzzi. «Significa integrare l’attività sanitaria con quella sociale, progettare servizi sostenibili e capaci di rispondere alle grandi trasformazioni socio-demografiche».

Processi avviati ma che richiedono ancora grande impegno: la vera sfida del 2026 sarà garantire non solo l’apertura fisica dei presidi, ma anche la loro piena operatività, con personale adeguato, servizi integrati e attenzione reale alle esigenze dei cittadini. «Solo così la sanità territoriale potrà diventare un punto di riferimento concreto per le comunità locali», conclude Guzzi.