Technoprobe rileva DIS: terza acquisizione negli Usa del colosso brianzolo
Dopo Microfabrica e Harbor nuovo investimento da 85 milioni di dollari
A soli tre mesi dall’acquisizione di Harbor Electronics (California), costata 50 milioni di dollari, Technoprobe, mercoledì scorso, con un ulteriore investimento di 85 milioni di dollari, ha definito un’altra importante operazione per rilevare Device Interface Solutions (DIS) da Teradyne (Massachusetts).
Technoprobe rileva DIS: terza acquisizione negli Usa del colosso brianzolo
Ma qual è la filosofia di questa nuova acquisizione? La domanda l’abbiamo girata a Roberto Crippa, vice presidente della multinazionale brianzola, che ha concluso con successo la sua terza operazione negli States iniziata nel 2019 con l’acquisto di Microfabrica (California). «Come avevamo annunciato il 2023 per tutto il comparto dei semiconduttori si è rivelato un anno difficile e così ci siamo concentrati sugli investimenti per migliorare l’efficienza interna e mettere a punto una serie di acquisizioni. Queste non sono operazioni facili da fare quando il mercato rallenta e i bilanci sono più affaticati, ma è proprio in questi momenti che si presentano le migliori occasioni. Negli ultimi anni siamo riusciti a capitalizzare fortemente l’azienda e tutti i soldi sono rimasti in cassa, cosa che ci ha permesso di fare investimenti per aumentare la capacità produttiva e completare due importanti acquisizioni - prima Harbor e ora DIS – per continuare a crescere. E se si presenteranno nuove opportunità le valuteremo con attenzione. Il mondo dei semiconduttori si divide in due segmenti: produzione e test. Noi vogliamo diventare leader nel back-end del testing e garantire ai clienti un servizio sempre più completo».
Questa operazione strategica quanto è stata favorita dal fatto di essere quotati a Piazza Affari?
«La quotazione in Borsa è stata fondamentale perché fornisce una trasparente valorizzazione dell’azienda e ci permette di contare su capitali enormi, anche se queste sono state tutte operazioni fatte ricorrendo alla cassa. Senza la quotazione con Teradyne non avremmo concluso l’accordo».
Contemporaneamente Teradyne – produttore americano con sede a North Reading nel Massachusetts quotato al Nasdaq e che esprime un fatturato di 3,2 miliardi - diventerà socio al 10% di Technoprobe con un investimento di 384 milioni. La famiglia Crippa però resta saldamente al comando con il 67% delle quote e l’80% dei diritti di voto, mentre il restante 23% è il flottante sul mercato. Qual è il significato di questo ingresso?
«Teradyne e Technoprobe sono due aziende complementari: noi facciamo un prodotto che viene montato su macchinari del colosso statunitense. La filosofia dell’ingresso nel nostro capitale sociale è quella di sviluppare insieme nuovi prodotti e nuove tecnologie, mettere a fattor comune competenze su progetti che oggi non potremmo neppure immaginare. Non è stato semplice trovare un’intesa, ci abbiamo lavorato un anno e mezzo ottenendo un risultato molto soddisfacente per entrambe le aziende».
Technoprobe conferma una volta di più di voler creare una Silicon Valley in Brianza, di continuare a crescere e svilupparsi mantenendo l’headquarter a Cernusco, di fare acquisizioni anzichè essere acquisita, rafforzando una filiera – quella dei semiconduttori – sempre più forte anche in Italia.
«Questa sarà un’opportunità incredibile anche per l’Italia perché ci saranno grandi investimenti nel nostro Paese. Anche il Governo sta spingendo sulla collaborazione tra le varie aziende che operano nel comparto dei semiconduttori per rafforzare una filiera che anche da noi sta diventando sempre più strategica».
Technoprobe ha chiuso la semestrale 2023 con ricavi consolidati a 196,3 milioni, un’Ebitda di 64,7 milioni, un utile netto di 31,1 milioni e una posizione finanziaria netta di 360,3 milioni. Numeri che per la prima volta riflettono fattori di incertezza e criticità del mercato dei semiconduttori e delle tensioni geopolitiche. Quali sono le previsioni?
«Il mercato era e resta difficile. Le nuove opportunità si vedranno con il nuovo anno: i livelli di stock si stanno normalizzando, i magazzini si stanno esaurendo e a breve vedremo una risalita che verrà sostenuta anche dai volumi dell’AI, un business strategico nel quale siamo presenti che un anno fa era quasi inesistente e che ora sta crescendo in modo esponenziale».
Dopo il secondo plant a Cernusco e l’avvio delle nuovi sedi di Osnago, Agrate e Catania avete in programma nuove aperture?
«Da un mese abbiamo preso in affitto un piano da 3.000 mq dell’ex centro direzionale IBM a Vimercate dove abbiamo trasferito 200 progettisti e consideriamo di saturare questi spazi nel corso dei prossimi mesi con lo spostamento o ingresso di circa altri 200 dipendenti. Coerentemente con l’andamento del mercato valuteremo nei prossimi mesi l’ampiamento degli spazi aziendali con nuovi building adibiti a nuove lavorazioni».
Oggi la multinazionale brianzola ha un organico di 2.700 dipendenti che diventeranno oltre 3.100 una volta formalizzate le acquisizioni di DIS e di Harbor. Siete ancora alla ricerca di ingegneri e tecnici specializzati?
«Entro fine anno inseriremo un paio di posizioni, ma con i 400 dipendenti di DIS e i 50 di Harbor siamo a posto. Nella seconda parte del 2024 apriremo nuove posizioni da inserire nei due nuovi stabilimenti di Osnago».