Paolo Fancoli nel CdA di Fondazione Einaudi: «Mi auguro di portare un contributo utile»
L’amministratore unico e fondatore di Astebook: «Farò leva sull’esperienza concreta maturata nel mondo dell’impresa e dell’innovazione»

Paolo Fancoli, amministratore unico di Astebook, è stato nominato membro del nuovo Consiglio di Amministrazione della Fondazione Luigi Einaudi, una delle più prestigiose istituzioni italiane dedicate alla cultura liberale, alla democrazia costituzionale e allo stato di diritto. Una carica importante, ottenuta contestualmente con il rinnovo all’unanimità del mandato del presidente Giuseppe Benedetto, riconfermato alla guida con acclamazione. Con Fancoli e Benedetto sono stati nominati nel CDA anche Davide Giacalone (vicepresidente), Renato Loiero, Andrea Marcucci, Andrea Pruiti Ciarlo, Giuseppina Rubinetti, Enrico Samer, Federico Tedeschini e Fabio Tomassini. Per approfondire la tematica ci siamo rivolti direttamente al fondatore di Astebook.
Come ha accolto l’ingresso a componente del nuovo CdA della Fondazione Einaudi?
Con profonda gratitudine e senso del dovere. La nomina a componente del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Luigi Einaudi è per me motivo di grande orgoglio, non solo per il prestigio dell’istituzione, ma per ciò che essa rappresenta nella storia culturale e democratica del nostro Paese. La Fondazione è un punto di riferimento per il pensiero liberale, la difesa della Costituzione e il rigore scientifico nell’analisi dei fenomeni sociali, economici e istituzionali. Entrare a farne parte significa per me assumersi una responsabilità alta: quella di custodire e rilanciare un patrimonio di idee che ha formato intere generazioni di cittadini e amministratori pubblici. Ho accolto questa nomina con la consapevolezza che si tratta non solo di un riconoscimento, ma anche di un incarico che richiede ascolto, impegno, sobrietà e visione.
Guardiamo indietro: come è arrivato a questa nomina?
Il mio percorso, per quanto atipico rispetto a quello accademico o istituzionale, credo sia stato sempre coerente con i valori che la Fondazione Einaudi promuove. Ho iniziato presto a lavorare nel mondo dell’impresa, dedicandomi alla valorizzazione di patrimoni complessi, spesso legati a crisi aziendali, fallimenti, liquidazioni volontarie e asset pubblici sottoutilizzati. In questo ambito ho compreso quanto sia importante la trasparenza, il rispetto delle regole e la capacità di coniugare l’etica con l’efficienza. Da qui è nato il mio impegno per digitalizzare i processi, portando la tecnologia dove c’era opacità, burocrazia o lentezza. L’esperienza con Astebook, da me fondata nel 2012, mi ha permesso di trasformare un’idea in una realtà concreta e operativa su tutto il territorio nazionale. Astebook ha innovato profondamente il settore delle aste giudiziarie e delle vendite da procedura, introducendo strumenti come la tracciabilità in blockchain, anticipando ciò che oggi viene definito «carta d’identità dell’immobile». Parallelamente, sempre con la finalità di guardare e delineare futuri orizzonti, ho progettato LISA, il primo motore di valutazione predittiva basato su intelligenza artificiale, capace di offrire analisi oggettive e trasparenti sui beni aziendali. Credo che questo mix tra visione, concretezza e innovazione sia stato riconosciuto e abbia contribuito alla mia nomina.
E ora che cosa porterà alla Fondazione? Qual è il valore aggiunto della sua presenza?
Mi auguro di portare un contributo utile, fondato sull’esperienza concreta maturata nel mondo dell’impresa e dell’innovazione applicata alla gestione degli asset. In particolare, porto con me una sensibilità per il valore economico e civile della trasparenza. Quando si gestiscono patrimoni pubblici, aziende in crisi o procedure concorsuali, ci si trova spesso a operare in contesti delicati, dove ogni decisione può generare effetti sociali significativi. Ecco perché credo sia fondamentale un approccio pragmatico, ma anche profondamente etico. Porterò alla Fondazione un punto di vista operativo su temi come la digitalizzazione dei processi pubblici, la valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico, la trasformazione delle procedure complesse attraverso l’uso responsabile dell’intelligenza artificiale. Credo fermamente che la Fondazione debba continuare a essere un laboratorio di idee, ma anche un ponte verso il mondo reale, fatto di imprese, territori, istituzioni e cittadini.
Che cosa si aspetta da questa prestigiosa esperienza?
Mi aspetto molto, innanzitutto in termini umani e culturali. Entrare in una comunità come quella della Fondazione Luigi Einaudi significa avere il privilegio di confrontarsi con personalità di grande competenza e spessore intellettuale. Sono sicuro che questa esperienza mi arricchirà, che mi porterà a guardare le cose da nuove prospettive e soddisfazioni, a riflettere più a fondo sulle implicazioni delle trasformazioni economiche, digitali e istituzionali che stiamo vivendo. Spero anche di poter contribuire a costruire percorsi formativi per i più giovani, favorendo il dialogo tra la cultura d’impresa e la cultura dei diritti, tra economia e cittadinanza. Per me questa nomina non rappresenta un traguardo, bensì un punto di partenza per un impegno civico più strutturato, che vada oltre il perimetro aziendale con apertura alla dimensione pubblica e collettiva.
Qual è il ruolo oggi della Fondazione Einaudi?
In un tempo come quello attuale, segnato dalla polarizzazione, dalla sfiducia e dalla semplificazione estrema, il ruolo della Fondazione Einaudi è più che mai cruciale. E’ uno spazio indipendente di pensiero critico, di rigore culturale, di memoria storica e, al contempo, di proposta. Non è solo un archivio del pensiero liberale: è un attore vivo nel dibattito pubblico e un luogo dove si formano opinioni, si analizzano i fatti e si costruiscono idee. La sua funzione oggi è duplice: da un lato difendere i valori fondanti della democrazia – il pluralismo, la legalità, la libertà individuale – e dall’altro rinnovarli, renderli capaci di affrontare le sfide del presente, dal digitale al cambiamento climatico, dalla crisi dello stato sociale alla trasformazione del lavoro. La Fondazione Einaudi è e deve restare un presidio di equilibrio, di confronto e di profondità. Un faro, direi, per chi non si accontenta delle semplificazioni e continua a credere che la politica debba essere prima di tutto pensiero e responsabilità.