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Nel Lecchese 7mila persone in più inattive: non hanno e non cercano un’occupazione lavorativa

Presentato alla Casa dell'Economia il 12° «Rapporto dell’Osservatorio provinciale del Mercato del Lavoro» messo a punto da Provincia di Lecco e Camera del Commercio Como Lecco

Nel Lecchese 7mila persone in più inattive: non hanno e non cercano un’occupazione lavorativa
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Non hanno e non cercano un’occupazione lavorativa: nel Lecchese le persone "inattive" nel 2021 sono aumentate di oltre 7mila unità. E' la principale evidenza che emerge dal «12° Rapporto dell’Osservatorio provinciale del Mercato del Lavoro» presentato giovedì 5 maggio 2022, alla Casa dell'Economia di Lecco.

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Boom 2021 delle persone inattive

«Nel 2021 si è verificata, secondo tutti dati ufficiali, una riduzione non da poco delle persone occupate rispetto all’anno precedente,  circa 7mila unità in meno. A fronte di un’occupazione più bassa ci si aspetterebbe di registrare anche una disoccupazione più alta. Invece non è così. E’ tutto un fenomeno da scoprire. E’ successo che molte persone hanno deciso di non lavorare più, passando tra quelle inattive. Un effetto conseguente a diverse concause. I lavoratori autonomi, i piccoli imprenditori, sono diminuiti molto, soprattutto nel settore del commercio e dell’artigianato. Difficilmente uno che ha fatto il commerciante quarant’anni va a fare il dipendente: ha chiuso, ha venduto la licenza e via. Poi c’è l’effetto dei prepensionamenti attuati nei due anni della pandemia. Gente che esce dal mercato del lavoro anche se non è anzianissima. C’è stata una contrazione dei lavori stagionali. Molte di queste persone, per effetto dello scoraggiamento, si sono ritirate». Il lecchese Gianni Menicatti, coordinatore scientifico insieme a Andrea Gianni, prova a spiegare la situazione inedita descritta dai dati del  «12° Rapporto dell’osservatorio provinciale del Mercato del lavoro» che si riferisce all'anno trascorso 2021.

«12° Rapporto dell’Osservatorio provinciale del Mercato del Lavoro»

Il documento - curato dai ricercatori di PtsClas con la collaborazione di Ufficio Studi, Statistica e Osservatori della Camera di Commercio di Como Lecco oltre  che dalla Provincia di Lecco -  è ormai  «un’importante occasione d’incontro per analizzare il sistema occupazionale del nostro territorio e interpretare insieme le dinamiche in atto» come ha detto il consigliere delegato di Villa Locatelli Carlo Malugani (nelle veci della presidente della Provincia di Lecco Alessandra Hofmann inchiodata a casa dalla positività al Covid). A fare gli onori di casa il presidente della Camera di Commercio Como Lecco  Marco Galimberti che ha sottolineato lo scenario inedito, carico di incertezze che le imprese lecchesi stanno attraversando, tra il folle rincaro dell’energia, la difficoltà a disporre di materie prime e gli effetti negativi del conflitto in Ucraina. «E’ importante avere dati e una conoscenza tempestiva della situazione per capire l’evoluzione del mercato del lavoro» ha concluso.

Carlo Malugani
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Consigliere provinciale delegato all’Istruzione e Formazione professionale Carlo Malugani

Marco Galimberti
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Marco Galimberti presidente della Camera di Commercio Como Lecco

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galimberti con Gianni Menicatti di Pts Clas che ha curato il rapporto di ricerca

Andrea Gianni
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Andrea Gianni ricercatore di PtsClas

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La ripresa dell'impresa lecchese nel 2021

Dopo le difficoltà e i rallentamenti delle attività produttive e dei servizi nel corso del 2020, il sistema economico lecchese aveva ripreso slancio. Recuperate nel 2021 le perdite, in non pochi casi migliorati i risultati conseguiti nel 2019. La produzione industriale è  aumentata dell’11%, positiva seppure più contenuta la performance dell’artigianato. Un incremento superiore al 20% si è registrato per le ore lavorate nell’edilizia. Salito del 16% il volume d’affari nei servizi, con un +4,3% nelle attività commerciali e turistiche. Di assoluto rilievo la ripresa dell’export (+19% nei primi 9 mesi, con valori superiori del 5,5% rispetto anche al 2019).

Le dinamiche attestate dai dati diffusi dalla Camera di Commercio di Como Lecco confermano insomma la tenuta del sistema imprenditoriale. Anzi, in alcuni casi anche una espansione, con una crescita delle imprese superiore alla media regionale (0,7% contro lo 0,5% lombardo): 1.312 le nuove attività avviate a fronte delle 1.291 cessate.

Bilancio occupazionale negativo

Eppure il bilancio occupazionale, come rilevato dall’Istat, è negativo: il numero degli occupati è diminuito in valori assoluti di 7mila unità, con un tasso di occupazione pari al 65,8%. Anche il tasso di disoccupazione (coloro che cercano un lavoro) è aumentato, ma in misura più contenuta, dal 5,2 al 5,5%. Che i due indici non coincidano  si spiega con un deciso innalzamento della fascia delle «non forze di lavoro», persone che sono uscite dal mercato del lavoro e non fanno nulla pe rientrarci. La componente maschile «non occupata» ha registrato una flessione del - 3,9% (passando dal 76,8% al 76,1%). Quella femminile  messa peggio, con un  - 6,2% associato comunque a un contenuto innalzamento del tasso di disoccupazione (dal 7 al 7,6%). Diverse, come detto, le concause del fenomeno: quella demografica e pensionistica; un ridimensionamento del lavoro autonomo e dell’occupazione indipendente (-17%) a che a seguito della difficoltà generate dalla pandemia per alcune attività a conduzione famigliare; le minori occasioni di lavoro stagionale e saltuario; infine un effetto di scoraggiamento verso il mercato del lavoro, «facilitato anche da crescenti possibilità a beneficiare di sussidi pubblici» aggiungono i curatori del rapporto.

Avviamenti superiori alle cessazioni del rapporto di lavoro

In effetti il movimento in entrata nel mercato del lavoro (assunzioni) - in linea con il fabbisogno di personale previsto dalle imprese durante l’anno (+32% rispetto al 2020) - è stato superiore al flusso in uscita. Il saldo è positivo: +2.700 unità, grazie soprattutto al contributo del settore trainante per l’economia lecchese, il manifatturiero (+3% pari a 1.500 posti in più). Nell’edilizia non si registra un aumento di posti ma di ore lavorate. La perdita complessiva di posti di lavoro presenti sul territorio  è stata pari a 1.700 unità (-1,2%). La contrazione è stata più significativa nel settore dei servizi (1.800 posti, pari a -3,4%) e fra le attività autonome e professionali (-6,5%). Criticità nel settore non profit, in crescita le unità lavorative nel pubblico impiego, in particolare nel comparto sanitario e in quello dell’istruzione.

Pendolari: soprattutto lavoratori High skill

Elevato il segmento dei lavoratori lecchesi con impiego fuori dalla provincia di residenza: i pendolari sono soprattutto figure «high skill» con una quota di avviamenti pari al 52% (nel 2020 era del 45%). Nel Lecchese sono invece aumentate le opportunità per le figure «medium skill» (58% in imprese locali a fronte del 55% del 2020). Le aziende lecchesi continuano a soffrire le difficoltà di reperire figure adeguate, in particolare operai specializzati, seppure le assunzioni di questi ultimi rappresentano il 38,8% del totale 2021 (nel 2020 erano il 34,2%).

Contratti sempre più flessibili: a tempo determinato il 53%

Sempre più diffuso il processo di flessibilizzazione dei contratti di lavoro: a tempo determinato o a termine il 53% degli avviamenti (+1% rispetto al 2020); quelli con contratto di somministrazione sono il 20% (contro il 16% del 2020). Flessione di due punti (dal 24% al 22%) per i contratti a tempo indeterminato. Calato il ricorso alla cassa integrazione che nel 2020 aveva raggiunto livelli record (oltre 26 milioni di ore): nel 2021 sono state autorizzate "solo" 11,5 milioni di ore, che sono comunque sei volte di più rispetto quelle del 2019.

Occupazione femminile: precipitata al 57%

E l’occupazione femminile? E’ calata al 57% come l’insieme delle donne attive (-3,7%). Di contro è rimasto stabile il numero di coloro che sono in cerca di occupazione, con un tasso salito da 7 al 7,6%.

Giovani laureati: il territorio lecchese non ne ha tanto bisogno

La domanda di giovani laureati espressa dalle imprese lecchesi si è leggermente contratta, a conferma che il loro flusso resta superiore alle necessità delle imprese locali e della Pubblica Amministrazione. Più facile per loro trovare un posto nel mercato del lavoro di altre province, in primo luogo quello milanese.

 

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