stamattina al fatebenefratelli

Valmadrera, inaugurata la mostra "Sub tutela Dei - Il giudice Rosario Livatino" con la testimonianza di Piero Nava

Sarà aperta fino al 10 marzo dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 19

Valmadrera, inaugurata la mostra "Sub tutela Dei - Il giudice Rosario Livatino" con la testimonianza di Piero Nava
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"Sub tutela Dei": questa la mostra inaugurata nella mattinata di oggi, sabato 2 marzo 2024, al centro culturale Fatebenefratelli di Valmadrera sulla figura del beato giudice Rosario Livatino, ucciso dalla mafia nel 1990. L'esposizione si colloca nell'ambito della rassegna "Stili di vita, libertà di scegliere" ed è stata promossa dalla Città di Valmadrera in collaborazione con il Comune di Civate e i coordinamenti di Libera e Avviso Pubblico di Lecco. Presente, in collegamento audio e con la voce camuffata, anche Piero Nava, testimone di origine lecchese del delitto.

Rosario Livatino

Valmadrera, inaugurata la mostra "Sub tutela Dei - Il giudice Rosario Livatino"

La mostra tratta la figura del beato Rosario Livatino, giudice ucciso dalla stidda (un ramo della mafia) di Palma di Montechiaro, contro la quale aveva intentato un processo. Nato nel 1952 a Canicattì, operò come magistrato fino al 1990, quando, il 21 settembre, fu ucciso da più colpi di pistola mentre percorreva la Statale 640 di Agrigento.  Fu beatificato, tra gli altri motivi, anche perchè ai suoi assassini chiese: "Picciotti, ma cosa vi ho fatto?", ricordando proprio le parole di Cristo in croce. Inoltre, in seguito alla sua morte, i suoi assassini si convertirono.

Dopo l'introduzione di Virginio Brivio, in veste di responsabile cultura del Comune, ha preso la parola l'avvocato Nicola Brenna di Lecco, collaboratore per l'evento: "Livatino è per me una figura molto ispirante. Mi colpisce il suo essere un magistrato che dice: un conto è applicare le regole; un conto è fare giustizia, che significa guardare all'uomo nella sua dignità. E' stato un uomo che non è mai venuto meno ai suoi valori: ognuno di noi è chiamato a chiedersi se può voltarsi dall'altra parte, o se - così facendo - parte della propria umanità si dissolve. La fede di Rosario non era una fede messa nel cassetto: è stata il motore di tutta la sua vita. Livatino è stato un uomo che ha saputo guardare in faccia i suoi esecutori e domandare: Picciotti, ma cosa vi ho fatto?".

Il sindaco Antonio Rusconi ha poi ricordato che la mostra è stata organizzata in preparazione al 21 marzo, data in cui ricorre la Giornata della memoria delle vittime della mafia. "Come diceva Paolo VI, i giovani hanno bisogno più di testimoni, che di maestri: Livatino è stato un testimone, la cui vita è stata Parola: non dobbiamo dirci cristiani; dobbiamo esserlo", ha aggiunto.

Ha preso poi la parola l'avvocato Carlo Torti, uno dei curatori della mostra, che ha spiegato che l'esposizione è stata allestita in più di 100 città, in Senato e alla Corte costituzionale, oltre che in parecchi comuni: in totale, si contano oltre 120.000 visitatori. "Quello che mi ha colpito di più è il rapporto nato con gli studenti, tutti molto interessati alla mostra, anche molti ragazzi dei carceri minorili - ha spiegato l'avvocato Torti - La mostra nasce perchè il 9 maggio 2021, per la prima volta nella storia della Chiesa, viene beatificato un magistrato. Questo fatto ci ha incuriosito: noi sapevamo a malapena chi fosse. Conoscere la sua storia, la sua famiglia, i suoi colleghi, la sua fede, gli assassini convertiti, Piero Nava... è stata una sorpresa imprevista, un cammino di approfondimento della nostra esperienza personale. Rosario era un uomo normale ma, proprio perchè affascinato dalla fede, ha vissuto la sua vita in modo straordinario: per questo è un testimone credibile".

Nicola Brenna, Salvatore Insenga e Carlo Torti

Piero Nava: "E' difficile, ma la mia dignità e il rispetto per me stesso sono intatti"

Durante la conferenza di inaugurazione della mostra ha rilasciato la sua testimonianza, tramite collegamento audio, Piero Nava, testimone di origine lecchese del delitto, primo testimone di giustizia in Italia. Intervistato dal giornalista Lorenzo Bonini, Nava ha ricordato il giorno che ha cambiato per sempre la sua vita: "Era il 21 settembre 1990 e io stavo percorrendo la Statale 640 di Agrigento, quando vidi una macchina rossa ferma a bordo strada e pensai che si fosse ribaltata. Poi vidi una camicia azzurra (la stessa che ora è esposta, insanguinata, come reliquia ad Agrigento) che scappava, inseguita da una persona che la rincorreva con in mano una pistola. Io provai a chiamare i soccorsi alla prima cabina telefonica che trovai, ma non c'era linea. Arrivai dal cliente (all'epoca Nava era direttore commerciale, ndr) che ero molto turbato e gli chiesi di riportarmi indietro perchè c'era qualcosa che non andava. Quando siamo tornati in quel punto, c'erano tante volanti; così io chiesi al mio cliente di chiamare l'ispettore perchè avevo visto cos'era successo. Pensavo che, una volta fatta la testimonianza, poi fosse finita; invece mi hanno detto di andare in questura. Il mio cliente continuava a baciarmi dicendomi: 'non ci vediamo più'. Ma io non capivo perchè. In questura ho fatto la mia testimonianza di fronte a poliziotti e giudici. Da quel momento la mia vita è cambiata per sempre". Nava infatti è stato trasferito di casa sette volte e i suoi figli hanno dovuto cambiare nome altrettante volte. La sua prima famiglia si è distrutta: sua moglie non riusciva più a convivere con una situazione simile e Nava decise di allontanarsi dai figli per preservare la loro sicurezza.

"Non hai mai avuto un momento in cui ti sei detto: potevo non farlo?", gli ha chiesto Bonini. Ma Nava non ha dubbi: "No, perchè l'educazione che avevo ricevuto era questa: mia madre mi diceva sempre di fare quello che dovevo fare, quello che sapevo fosse giusto. La mia dignità e il rispetto che ho per me stesso sono intatti. Certo, ci sono stati e ci sono momenti difficili: ho perso circa 12 anni di lavoro, lo Stato mi ha aiutato perchè ha calcolato la pensione che avrei dovuto avere, ma solo per 20 anni; ora sto lottando affinché mi sia riconosciuta a vita". Piero Nava infatti fu il primo testimone di giustizia in Italia e, come ha sottolineato Bonini, "ha scontato il fatto che lo Stato, dalla A alla Z, non sapesse come comportarsi". "Quel giorno il giudice Livatino è morto, ma anche Piero Nava in fondo - ha proseguito il testimone - Il mio mondo sociale è scomparso per sempre: io facevo il direttore commerciale e il mio telefono suonava dalle 7 a mezzanotte; da quel momento il mio telefono non è più squillato".

Insenga, cugino del giudice: "Rosario diceva che tutti siamo inabitati da Dio e che un mafioso è uno che non riesce a fargli spazio"

Presente all'inaugurazione anche Salvatore Insenga, cugino del giudice Livatino: "Mia mamma e il papà di Rosario erano fratelli - ha spiegato - Quando lui è morto io avevo vent'anni. Una volta mi chiese: 'Ma tu a scuola copi e fai copiare?'. E io risposi: 'Sì, ma ci mancherebbe altro'. E lui: 'Ma pensi di fare bene? Se un tuo compagno lo fai copiare oggi, domani non gli permetti di arrivare al tuo livello, lo lasci lì, sarà destinato a copiare per sempre, avrà bisogno sempre di te. Questa è la mafia: apparentemente ti fa un favore, ma in realtà ti costringe ad aver bisogno di lei'. Lui diceva sempre che 'ognuno di noi è inabitato da Dio' e che 'un mafioso è uno che non riesce a fargli spazio, anche se non lo sa' ".

Dopo la conferenza di inaugurazione, la mattinata è proseguita con la visita alla mostra, allestita in Sala consigliare, al terzo piano della Biblioteca comunale. L'esposizione è composta da 4 sezioni che corrispondono alle fasi di vita famigliare e professionale del giudice, all'omicidio e agli avvenimenti dopo la morte.

La mostra sarà aperta fino al 10 marzo dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 19. L'ingresso è gratuito. E' possibile prenotare visite guidate per classi e gruppi telefonando o scrivendo alla Biblioteca civica.

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