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Il “Tea time” a Villa Ghislanzoni conclude in grande stile il Festival “Lecco città dei Promessi Sposi”

Emilio Isgrò: “Con le mie cancellature ho trasformato la Quarantana in un quadro”

Il “Tea time” a Villa Ghislanzoni conclude in grande stile il  Festival “Lecco città dei Promessi Sposi”

Dopo la visita alle fortificazioni lecchesi a cura del FAI, Villa Ghislanzoni è stata teatro, nel pomeriggio di ieri,  domenica 5 ottobre 2025, del format “Tea time in Villa”, dedicato all’incontro dell’artista Emilio Isgrò con la “Quarantana” di Alessandro Manzoni. Un incontro da “tutto esaurito”, che è stato lo spunto per toccare un altra delle mille sfaccettature dell’opera di Alessandro Manzoni, quello del suo rapporto con l’arte, e al tempo stesso per un confronto su come il nuovo museo manzoniano – di cui si stanno tracciando le linee progettuali – potrà valorizzare l’”oggetto libro”. 

Il “Tea time” a Villa Ghislanzoni conclude in grande stile il Festival “Lecco città dei Promessi Sposi”

 

Lo ha ben introdotto la dirigente del settore cultura e turismo del Comune di Lecco, Giuseppina Di Gangi, che poi ha moderato l’incontro, a cui hanno preso parte anche lo storico dell’arte Marco Bazzini dell’Accademia di Belle Arti di Urbino, e l’architetto Giulio Desiderio, dello Studio MCA_Mario Cucinella Architects: “Quello che sondiamo oggi è un altro dei tasselli del museo che verrà. Un museo letterario è tra i più difficili da raccontare. La difficoltà sta nella narrazione necessaria per valorizzare l’oggetto libro, trasformandolo, attraverso un dialogo con la parola scritta, in un’opera d’arte visiva”.

 

Protagonista indiscusso dell’incontro è stato Emilio Isgrò, che nel 2017 per Intesa San Paolo realizzò, nel contesto del XXX Salone Internazionale del Libro di Torino, l’opera I Promessi Sposi cancellati per venticinque lettori e dieci appestati, lavorando con le sue cancellature sui 35 volumi della “Quarantana”, l’edizione definitiva curata in tutti i dettagli dal Manzoni e pubblicata fra il 1840 e il 1842. “Con Manzoni sapevo di dovermi misurare con un mostro sacro. – ha raccontato l’artista – Non dovevo vincere una partita contro qualcuno, né convincere il pubblico all’avanguardia, ma dovevo persuadere i conservatori. L’obiettivo era portare al pubblico più vasto un’opera che tutti hanno letto, ma pochi hanno davvero amato”. E le cancellature di Isgrò hanno proprio questo compito: “La cancellatura non è una banale negazione ma piuttosto l’affermazione di nuovi significati: è la trasformazione di un segno negativo in gesto positivo”. Un vero e proprio atto d’amore, di ricostruzione attraverso l’impeto distruttivo del segno, da cui spesso si salvano solo – nel caso dei “Promessi Sposi” – poche parole: “Nel capitolo della conversione dell’Innominato sopravvivono solo due parole, “Io, Dio”. Nel capitolo su Gertude la frase “la sventurata rispose”. E, a livello pittorico, sono intervenuto anche sulle illustrazioni del Gonin: della Monaca di Monza ho voluto esasperare le due anime, contemporaneamente bianca e nera”.

Isgrò ha poi sottolineato: “Manzoni è stato un rivoluzionario, seppure dotato di buon senso in quanto cattolico. Un illuminista anche dopo la sua conversione. Chi avrebbe pensato che potesse scrivere i Promessi Sposi dopo l’Adelchi? In questo senso è come Pasolini, che dopo aver scritto versi molto belli si dà al cinema. E il romanzo è il cinema dell’Ottocento”.

 

Un percorso, quello di Manzoni, che per altro l’artista sente suo, come ha evidenziato Marco Bazzini: “Negli anni Cinquanta Isgrò debutta come poeta e narratore. Solo successivamente decide di usare il libro come una tela, lo fa diventare pittura, mette il libro al posto del quadro”. Del resto, ha continuato, l’arte di Isgrò non fa altro che riprodurre il percorso che uno scrittore compie nello scrivere un’opera: “Isgrò cancella sulle cancellature del Manzoni, come ci rivelano le bozze del suo libro” e “fa acquistare un nuovo senso alle parole che sopravvivono alle sue cancellature”.

 

Se per Bazzini “il romanzo ci restituisce il clima di un’epoca e ci porta dentro la dimensione di un museo”, è toccato a Giulio Desiderio raccontare il lavoro del comitato scientifico che si sta occupando di tracciare le linee progettuali del nuovo museo manzoniano: “La nostra preoccupazione è evitare il rischio della noia, che in un museo letterario è molto elevato. Un museo letterario funziona quando la multimedialità è presente, con la sua capacità di attivare la memoria”. E ha concluso: “Il linguaggio dell’arte permette di avere una chiave di lettura straordinaria di quello che Manzoni ha raccontato nella sua opera”.

“Per primo Manzoni con la sua Quarantana si trasforma in imprenditore, per primo capisce l’importanza che l’arte ha nell’aiutare il lettore a comprendere il testo. E il primo cancellatore è Manzoni, che cancella, nelle bozze, parti di testo e interviene a correggere il Gonin” ha chiosato il direttore del Si.M.U.L. e direttore artistico del Festival Mauro Rossetto.

 

Il “tea time”, allietato da una merenda nel cortile della villa con pasticceria d’epoca, tè e cioccolata, si è concluso con il recital musicale del Quartetto di Bergamo, composto da Ettore Begnis e Stefania Trovesi (violino), Flavia Giordanengo (viola) e Flavio Bombardieri (violoncello).

 

Soddisfazione nelle parole dell’Assessore alla Cultura e Vicesindaco, Simona Piazza: “È stata un’edizione da incorniciare sia per il livello dei relatori che sono intervenuti, sia per la molteplicità degli aspetti del patrimonio di Manzoni che sono stati affrontati, sia infine per la partecipazione del pubblico. Volevamo favorire una riflessione ad ampio raggio sulla figura del Manzoni che ci permettesse di indirizzare e arricchire le linee progettuali del nuovo museo. E i contributi ricevuti sono stati estremamente stimolanti e preziosi. Non solo: anche la risposta che abbiamo avuto dal pubblico è stata particolarmente importante, ci ha confermato di come Manzoni sia percepito davvero come un elemento identitario della nostra comunità nel suo complesso. L’impegno sarà quello di fare della Villa un luogo vivo, capace di promuovere inclusione, di favorire dibattiti e di coinvolgere anche le nuove generazioni”.

Per il direttore del Si.M.U.L. Mauro Rossetto “questa edizione ha consentito una volta di più di far arrivare la profondità e la rilevanza dell’eredità manzoniana al grande pubblico, affrontando i diversi temi, anche i più complessi, con un approccio divulgativo ma al tempo stesso rigoroso sotto il profilo scientifico. Manzoni è uno scrigno che contiene una ricchezza straordinaria, è attuale e capace di parlare alle donne e agli uomini di oggi, è dentro il tessuto vivo della nostra città. Farne scoprire la contemporaneità e tutto il valore è la sfida che il nuovo museo deve saper raccogliere”.