Sono qui con timore e tremore». Ha esordito così Elisabetta Sgarbi, vincitrice dell’edizione 2025 del Premio Letterario Internazionale Alessandro Manzoni Città di Lecco alla Carriera. Il riconoscimento le è stato consegnato venerdì 28 novembre all’auditorium Casa dell’economia.
Il Premio Manzoni alla Carriera consegnato a Elisabetta Sgarbi
Intervistata da Ermanno Paccagnini, presidente della giuria tecnica che le ha assegnato il premio, e da Sara Chiappori, giurata e giornalista, «Betty Wrong» ha incollato il pubblico alla sedia, come ha sottolineato Antonio Peccati presidente di Confcommercio Lecco, con il suo carisma e la personalità ecclettica.
Dagli esordi come editor in Bombiani, alla fondazione con Umberto Eco, Mario Andreose ed Eugenio Lio, della casa editrice la Nave di Teseo, passando per l’ideazione 26 anni fa della Milanesiana (festival internazionale di letteratura, musica, cinema, scienza, arte, filosofia, teatro, diritto, economia, sport, fumetto), fino ai suoi iconici lavori cinematografici: Elisabetta Sgarbi è una delle figure di riferimento nel panorama cultura di questo secolo.
La motivazione del premio inquadra quattro tratti salienti della sua personalità: «Una vita nel segno della cultura, affrontata con curiosità, creatività, coraggio e indipendenza». «Mi riconosco soprattutto il coraggio – ha detto – Quando ho lasciato Bombiani per fondare la Nave di Teseo non ho pensato a quello che avrei perso. Senza coraggio crolla tutto».
La Milanesiana, un atto di coraggio
Anche la Milanesiana è stata un atto di coraggio e, come ha sottolineato Sgarbi, di incoscienza. «E’ nata su stimolo di Cesare Cadeo che mi chiese di pensare a qualcosa per Milano. Accettati ma potevo farlo solo a modo mio, parlando delle cose che amo di più: cinema e letteratura. Avrebbe dovuto essere un’edizione unica che pensai di dedicare alla poesia».
Da 26 anni il festival è l’evento di riferimento dell’estate non solo milanese: dura oltre due mesi ed è diffuso in tutta Italia, riconoscibile anche grazie al suo simbolo «la rosa». «Mi innamorai del dipinto di Battiato “La rosa e il sufi» e scelsi la rosa per la prima edizione – ha raccontato – Sbagliai e non inclusi il sufi; da allora la rosa cerca il suo sufi, è diventata simbolo della Milanesiana e del suo gesto gentile (ogni ospite riceve una rosa rossa, ndr). Sbaglio molto, ma mi ci trovo bene. Di ogni errore scelgo la parte migliore».
L’insubordinazione è un fatto di famiglia
Del resto lei è «Betty Wrong», la Betty sbagliata, come dicono anche gli anelli che indossa, ricavati da due tasti di un vecchio Pc, quelli delle lettere B e W. «L’insubordinazione è fatto di famiglia», confessa. E il pensiero di tutti va a suo fratello, Vittorio. Le radici, la famiglia, il Po sono per la Sgarbi elementi identitari, come la sua casa di Ro Ferrarese dove sente ancora viva la presenza dei suoi cari. E quando ne parla, quando accenna alla scomparsa della madre nel 2015, Elisabetta Sgarbi, tutta d’un pezzo, si regala e regala al pubblico un momento di commozione. Non manca neppure il registro leggero quando racconta che conserva i libri che ama di più in un armadio in cui c’è anche la biancheria intima: «Così posso vederli ogni giorno».
Pur muovendosi con disinvoltura tra le parole, la sua dimensione più autentica, intima e naturale, sono le immagini. Il cinema è il linguaggio con cui più di ogni altro rivela sé stessa: «Avevo in casa un oratore straordinario, per distinguermi ho scelto le immagini».
I suoi documentari, i corti e medi metraggi sono «prospettive strabiche» con cui osserva il mondo: «Ma qualunque cosa io debba raccontare parto sempre dal Po, dalle nebbie, dai pioppi, dal fango dal fiume». Da casa, insomma.