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Cala il sipario sul Festival Treccani: oltre 3000 i partecipanti

"Un evento particolarmente sentito dalla città e dal territorio"

Cala il sipario sul Festival Treccani: oltre 3000 i partecipanti
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Con il dialogo tra Massimo Bray, Michele Cortellazzo e Susanna Turco, si è concluso nella mattinata di oggi, domenica 24 settembre 2023, l’evento che per quattro giorni ha fatto di Lecco la capitale italiana della cultura.

Cala il sipario sul Festival Treccani: oltre 3000 i partecipanti

Ben 14 incontri e lezioni magistrali con più di 30 protagonisti del mondo della cultura, della scienza, dell’architettura, dell’economia; 10 laboratori didattici per bambini e ragazzi; 3 serate "tra musica e parole".  Il Festival Treccani della lingua italiana #leparolevalgono è riuscito a richiamare, attorno alla riflessione sulla parola "stupore", oltre 3 mila presenze, con una partecipazione particolarmente distribuita e articolata per età e interessi.

Un festival che ha intercettato fasce d'età e interessi ampi

"Siamo estremamente soddisfatti della risposta che, anche in questa edizione, la città e il territorio di Lecco hanno saputo offrire alla nostra proposta - spiega il presidente di Fondazione Treccani Cultura, Mario Romano Negri - La scelta della parola chiave di questa edizione è stata particolarmente azzeccata, così come si è rivelata positiva la decisione di portare nel cuore della città i nostri incontri: da Palazzo delle Paure a Palazzo Falck, fino al Politecnico. Purtroppo il maltempo ci ha impedito di portare fino in fondo a compimento il nostro progetto, ospitando nel palco di Piazza Garibaldi gli eventi musicali serali: la disponibilità dell’Auditorium della Casa dell’Economia ci ha permesso comunque di offrire ai lecchesi tre serate davvero da incorniciare. L’elevato livello dei relatori e la molteplicità delle sfaccettature con cui si è affrontato il tema dello stupore ha saputo intercettare interessi e fasce d’età molto ampi. La collaborazione con le scuole di ogni ordine e grado e, in particolare, con il Politecnico ci ha dato la possibilità di interagire con tanti giovani. Un grazie di cuore a quanti hanno creduto in noi anche quest'anno, quali partner e sponsor dell'evento".

 

"Un evento particolarmente sentito dalla città e dal territorio"

Soddisfazione anche da parte del vicesindaco e assessore alla Cultura del Comune di Lecco, Simona Piazza, co-organizzatrice dell’evento: "Ancora una volta la proposta del Festival Treccani si è dimostrata un evento particolarmente sentito dalla città e dal territorio, oltre che una straordinaria opportunità di promozione a livello nazionale di Lecco. Il format del Festival, ormai consolidato al punto da esser stato riproposto anche a Roma e a Lecce, consente un incontro diretto con tanti protagonisti dei diversi settori della cultura e della società contemporanea. Un ringraziamento particolare a tutte le istituzioni, associazioni e aziende che hanno reso possibile questo evento e ai tanti che lo hanno animato con la loro presenza attenta, curiosa e intelligente. Riscoprire il valore di una parola come stupore è fondamentale per una comunità che vuole aprirsi alla bellezza e guardare al futuro".

"In politica si possono chiamare le cose con il loro nome?"

Parole e politica è stato il tema con cui stamattina si è chiuso il Festival Treccani. Un dibattito a cui hanno preso parte il direttore dell’istituto della Lingua Italiana Treccani Massimo Bray, il linguista Michele Cortelazzo e la giornalista politica Susanna Turco.

Ad introdurre il tema il sindaco di Lecco, Mauro Gattinoni, che, citando due episodi de "Promessi Sposi" - il discorso di Ferrer di fronte alla folla in rivolta per il pane e il capitolo della peste - si è domandato: "La verità appartiene o no alla politica, è solo retorica o manipolazione, o c’è del vero nei discorsi e nei programmi? In politica si possono chiamare le cose con il loro nome?". E ha continuato: "Oggi in politica è venuto meno il contraddittorio, il dialogo, il confronto. Per i tempi stretti della comunicazione, ma anche per l’obiettivo ultimo di accaparrarsi un titolo sui giornali. Il tweet è l’esempio estremo di questa sintesi, ma anche i tg dedicano alla politica sempre meno spazio. Eppure credo sia necessario che le parole della politica tornino ad essere parole di sostanza e di valore, che abbiano estetica, ritmo, potenza di concetto e di valore, brevi e sintetiche, efficaci. Parole poetiche".

Le scuole, "un luogo da cui ripartire"

Massimo Bray, dopo aver ricordato che "da sempre Treccani lavora sulle parole e che, per sua stessa missione, ha il compito di seguire la lingua che cambia; e nella politica la lingua eccome se cambia" ha introdotto un concetto fondamentale per spiegare l’evoluzione del linguaggio nella politica: "la disintermediazione", ovvero il venir meno, innanzitutto da parte di chi si occupa di comunicazione politica come i giornalisti, di verificare le fonti e la loro veridicità: "Se non c’è polemica un giornale non verrà comprato. Per questo veniamo riconosciuti se sappiamo strillare. La verità interessa assai poco". E ciò è anche un effetto dell’avvento del digitale, in cui "la memoria non ha più alcun ruolo, perché tutto è destinato a scomparire presto". Treccani, invece, crede nel dialogo e nel valore della parola: "Se c’è un luogo da cui ripartire sono le scuole: questo festival nasce e si sviluppa nelle scuole, abbiamo bisogno degli insegnanti perché sono loro i veri mediatori sociali. A loro consegniamo i nostri figli per farli diventare bravi cittadini".

Con i social si assiste ad "una visione da influencer della politica"

Per Susanna Turco "il giornalismo cerca la verità, ma quella giornalistica è una approssimazione della verità. Del resto, in politica la verità l’ho incontrata molto poco, è sempre relativa". E ha continuato: "Quello che ho visto cambiare è il peso che si dà alle parole. Oggi, sentendo le formule tipiche del linguaggio politico di età democristiana, che poi apparteneva sia alla maggioranza che all’opposizione di allora, uno si stanca. Un politico, nell’era della disintermediazione, non si permette più il lusso di parlare per metafore. E poi, con i social, assistiamo alla creazione di una storia parallela, ad una versione da influencer della politica".

Una visione su cui si è detto concorde anche Michele Cortelazzo, che ha spiegato così questa evoluzione: "Sono cambiati i mezzi attraverso i quali si comunica la politica. Pensiamo a Mussolini: sebbene fosse predisposto di natura a parlare alle masse, senza l’avvento del microfono non avrebbe avuto sulle folle l’impatto che è riuscito ad ottenere. Il discorso democristiano era intriso di valore pedagogico e di senso di superiorità: nasceva dalla convinzione che il politico fosse più bravo dei suoi elettori, che lo delegavano a fare ciò che essi non erano in grado di fare. Poi è arrivata la Tv a colori e le emittenti commerciali e la riforma della Rai ha determinato un cambiamento nell’informazione: da una prospettiva pedagogica e a quella di rispecchiamento della cronaca. Infine c’è stata la rivoluzione di Berlusconi: io sono come voi, parlo come voi".

"Si è passati dal qualitativo al quantitativo"

Lo stesso fenomeno di disintermediazione, del resto, tocca anche il mondo della lingua: "Oggi il vocabolario, frutto del lavoro di anni di esperti, è considerato vecchio, mentre Wikipedia no. In casa può mancare il vocabolario ma non il pc", ha sottolineato Bray. "Si è passati dal qualitativo al quantitativo - ha proseguito Cortelazzo -  Si pensa che lo stesso risultato di autorevolezza del lavoro di uno studioso dell’enciclopedia lo si possa ottenere se alla stesura di Wikipedia collaborano 10 mila persone. Ma ciò ha senso nel calcio e nello spettacolo, non nella storia, nelle scienze o nella lingua".  E ancora: "Nel digitale manca la possibilità di confutare. Uno può twittare oggi e il contrario fra tre giorni. Ma quanti di noi se ne accorgono? Siamo nell’ora e mai più. Non c’è più la memoria".

Susanna Turco, infine, ha concluso: "La politica è passata da una funzione pedagogica a quella del rispecchiamento: non offre più una visione, ma chiede all’elettorato cosa vuoi che gli venga raccontato, e si comporta di conseguenza".

 

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