Traffico illecito di rifiuti ferrosi: arrestata una intera famiglia di Colico, cinque ai domiciliari
Maxi operazione stamattina: coinvolti 100 militari
Traffico illecito di rifiuti: arrestata una intera famiglia di Colico. Ai domiciliari sono finiti Franco Menghi, titolare della Menghi rottami di Colico, la moglie Maria Battistessa, i figli Fabio e Fabrizio Menghi e la compagna di uno dei figli.
Traffico illecito di rifiuti: arrestata una intera famiglia di Colico, cinque ai domiciliari
Nella mattinata di oggi, lunedì 24 maggio 2021 , i Carabinieri del Noe di Milano guidati dal Comandante Camillo Di Bernardo, con la collaborazione dei militari del Gruppo per la Tutela Ambientale e la Transizione Ecologica di Milano e dei Comandi provinciali dei Carabinieri, con un imponente dispositivo di circa 100 militari impiegati, hanno dato infatti esecuzione a un’ordinanza di misura cautelare dei membri della famiglia Menghi emessa dal Gip del Tribunale di Milano su richiesta della locale Procura della Repubblica – Dda – nei confronti di persone responsabili, a vario titolo, di “attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti” e “gestione di rifiuti non autorizzata”. Nel corso delle indagini, che sono state coordinate dalla dottoressa Bruna Albertini della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, sono stati denunciati in stato di libertà altri 7 indagati nonché sono stati sottoposti a sequestro 5 automezzi utilizzati per il trasporto illegale dei rifiuti.
L’indagine
Le attività investigative, condotte dal Nucleo Operativo Ecologico Carabinieri di Milano, dono partite dopo accertamenti svolti dalla Stazione Carabinieri Forestale di Carlazzo in provincia di Como sul conto di alcuni conferitori di rottami ferrosi attivi nelle province di Como, Lecco e Sondrio.
Le indagini coordinate come detto dalla Dda di Milano, hanno consentito di individuare, come sottolinenano le forze dell'ordine "l’esistenza di una struttura criminale operante attraverso una società a conduzione familiare con impianto in provincia di Lecco, adibito a nodo strategico per la gestione, il traffico e il commercio di ingenti quantitativi di rifiuti ferrosi acquisiti tramite l’operato di vari trasportatori – tra i quali gli odierni indagati in stato di libertà – e di una vasta rete di fornitori (in totale 82, la cui posizione sarà oggetto di successivo approfondimento) i quali, contravvenendo al principio della tracciabilità dei rifiuti, effettuavano un’attività illecita di raccolta al dettaglio e porta a porta e successivo conferimento presso il suddetto impianto benché privi del formulario d’identificazione rifiuti e senza l’obbligatoria iscrizione dei mezzi di trasporto all’albo gestori ambientali".
Attraverso le indagini i militari hanno ricostruito come gli acquisti e le cessioni di materiale ferroso, "seppur costituente una vera e propria gestione in forma imprenditoriale, era da considerarsi illecita". Questo il materiale veniva raccolto nell’impianto da conferitori non autorizzati, i rifiuti venivano conferiti con autocarri non iscritti all’Albo Gestori Ambientali e senza la documentazione giustificativa.
Inoltre, venivano predisposti falsi formulari d’identificazione dei rifiuti per bilanciare le entrate illecite dei rottami ferrosi con le uscite verso impianti autorizzati.
Secondo gli inquirenti inoltre gli arrestati si sarebbero adoperati per tentare di inquinare o sviare l’accertamento dei fatti ad opera dei Carabinieri del Noe "in quanto consapevoli delle condotte illecite tenute nelle modalità di gestione dell’impianto, dove conferivano anche soggetti privati non autorizzati, con particolare riferimento alla consapevolezza dell’illecito traffico in violazione della normativa in materia di smaltimento".
Le intercettazioni
Come dimostrano alcune conversazioni intercettate, gli indagati comunicavano tra loro la presenza dei militari nell’impianto o nelle immediate vicinanze e le strategie attuate per evitare di incorrere in eventuali controlli. Nel corso dell’operazione sono stati raccolti elementi di reità in ordine alla commissione per un illecito profitto di circa 1.900.000 euro, mentre la stima dei rifiuti metallici illecitamente gestiti ammonta a circa 2.700 tonnellate.