Traffico di rifiuti e auto-riciclaggio: 15 in manette e sequestri per 130 milioni di euro
Maxi inchiesta che coinvolge anche la provincia di Lecco
Quindici persone sono finite in manette per auto-riciclaggio e traffico illecito di rifiuti, sequestrati agli imputati beni per 130 milioni di euro. Hanno portato a termine l’operazione i militari della Guardia di Finanza di Torino, in stretta collaborazione con i colleghi di Napoli: gli inquirenti ipotizzano una vera e propria associazione a delinquere di matrice internazionale finalizzata al traffico illegale di rifiuti metallici, all’autoriciclaggio di proventi illeciti e all’emissione ed utilizzo di documenti su operazioni inesistenti. Le odierne operazioni hanno coinvolto circa un centinaio di uomini della Guardia di Finanza in Piemonte (province di Torino, Alessandria e Verbania), Lombardia (province di Bergamo, Brescia, Como, Lecco, Milano e Pavia), Emilia-Romagna (Ferrara e Forlì-Cesena), Toscana (provincia di Prato), Lazio (provincia di Roma), Molise (provincia di Isernia) e Campania (province di Napoli, Caserta e Salerno). Traffico illecito di rifiuti, manette e milioni di euro sequestrati sono quindi gli “ingredienti” di questa indagine condotta dalle Fiamme Gialle di Torino.
Un sistema davvero ingegnoso
Come riportano i colleghi di primatorino.it le indagini, dirette dalla Procura della Repubblica di Torino (pubblico ministero Valerio Longi) hanno consentito di individuare un sodalizio criminoso internazionale che reperiva sul territorio nazionale rifiuti metallici acquistati “in nero”, predisponendo poi la copertura documentale e contabile per farli apparire come rottami comprati da imprese con sede all’estero, che ne attestavano la regolarità. Successivamente, gli stessi rifiuti venivano consegnati a fonderie o altre società commerciali del settore per essere reimmessi nel circuito produttivo. Si tratta di un sistema ingegnoso che permette di aggirare le rigide norme in materia di rifiuti, ma che ha bisogno di movimentare un grande tonnellaggio di metalli per essere davvero redditizio.
Gli indagati provvedevano a predisporre finte “dichiarazioni di conformità” aggirando così le disposizioni di legge e nascondendo la reale origine del materiale. Inoltre, per poter giustificare i pagamenti destinati all’acquisto dei rifiuti “in nero”, chiedevano false fatturazioni emesse da compiacenti società all’estero.
18.000 tonnellate di rifiuti
L’organizzazione criminale si è rivelata particolarmente complessa e articolata con una molteplicità di uffici, persone impiegate, ruoli, mezzi utilizzati, imprese di trasporto, società italiane e straniere coinvolte in quello che era un vero e proprio “settore lavorativo”. Complessivamente, alla luce di quanto ricostruito nel corso delle indagini, dal 2018 sarebbero state movimentate circa 18.000 tonnellate di rifiuti metallici. I finanzieri hanno collaborato con le forze dell’ordine di Ungheria, Turchia, Egitto, Pakistan, Cina e Malesia riscontrandone l’inesistenza di molte aziende che fatturavano, in quanto tali società sono risultate prive di una sede operativa e di beni immobili.