Lecco

Strage di Chiuso 10 anni dopo. Papà Baskim: "Vivo con il dolore nel cuore"

"C’è sempre quell’angoscia terribile che non se ne va"

Strage di Chiuso 10 anni dopo. Papà Baskim: "Vivo con il dolore nel  cuore"
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Dieci anni sono tanti, eppure per Baskim Dobrushi, 55 anni, il tempo si è fermato a quel terribile giorno in cui l’ex moglie Edlira uccise le sue tre figlie, Simona, 13 anni; Keisi , 10 anni, e Sidny, di soli 3 anni,  in quella che è stata definita la Strage di Chiuso, una ferita ancora aperta nella comunità leccghese

10 anni dopo la strage di Chiuso, papà Baskim: "Vivo con il dolore nel cuore"

Una strage terribile - avvenuta nella notte fra l’8 e il 9 marzo 2014 in una palazzina di via Bergamo - che ha sconvolto non solo la piccola comunità di Chiuso dove la famiglia e le tre ragazze erano molto conosciute, ma la città e il Paese intero. Baskim, che oggi si è risposato, è padre di un bimbo di 6 anni (nato il 5 aprile 2018, la primogenita Simona era nata il 3 aprile 2001) è partito sabato scorso  alle 17 per recarsi nel Nord dell’Albania, a Kukes, la sua città d’origine, per la ricorrenza. Lì pregherà sulla tomba delle sue figlie con una sessantina fra parenti e amici. Il 55enne ha sepolto le ragazze una accanto all’altra e poi ha fatto costruire una lapide che le ritrae tutte insieme.

«Se la mia ex voleva farmi del male poteva uccidermi - ci dice con le lacrime agli occhi - Poteva farlo mentre dormivo; qualche anno fa in Albania è successo che una donna ha ucciso il marito nel sonno. Ma le mie figlie no. Non c’è perdono per questo».

Baskim torna indietro nel tempo a quel terribile giorno della strage di Chiuso

«Eravamo separati da un mese, io ero andato a vivere da mio fratello. Era stata lei a prendere questa decisione. Non andavamo più d’accordo. Le avevo detto che la cosa importante è che le ragazze non soffrissero. Mi ero recato da loro per salutarle il 7 marzo, il giorno successivo partivo per l’Albania dove avrei dovuto fermarmi per una settimana. Non potevano venire con me perché avevano la scuola. Mai avrei pensato che quella era l’ultima volta che le vedevo. Mai! Viviamo in un mondo difficile, ma chi mai penserebbe che i figli non sono al sicuro con la propria madre? Una donna che le ha tenute nove mesi nella propria pancia, che le ha accudite... Pensi soltanto a questo: quali sono gli animali più pericolosi in natura? Sono la madri che difendono i propri cuccioli. Per le mie figlie non è stato così».

Quando ha saputo quello che era successo?

«Io sono partito l’8 marzo, un viaggio in auto fino a Bari e poi da lì il traghetto. Dieci ore in tutto. Appena arrivato sono stato accolto dai miei fratelli. Nessuno mi ha detto nulla. Entrato in casa volevo accendere la televisione, ma mi hanno detto che era rotta, già perché i tg italiani e albanesi stavano parlando da ore di quello che era successo. Mi fratello mi ha permesso di farmi una doccia, poi mi ha detto: “Baskim, dobbiamo tornare in Italia, tua moglie ha cercato di avvelenare le bambine, ora sono in ospedale”. Così ci siamo precipitati in agenzia per prendere un biglietto aereo. Poi il volo, un viaggio vissuto nella speranza di trovarle vive, con il pensiero a Dio perché le proteggesse. Ma loro non c’erano già più. Sotto casa di mio fratello, a Chiuso, ho visto una grande folla; allora a quel punto lui mi ha detto: “Sono morte Baskim, devi farti coraggio, lei le ha accoltellate durante la notte”. E il mio mondo è crollato a pezzi».

Poi i funerali. Come mai ha deciso di seppellirle in Albania?

«Il sindaco, Virginio Brivio mi chiese se volevo tumularle a Lecco, ma ho scelto di portarle nel cimitero di Kukes, dove ci sono i miei genitori, un fratello e dei nipoti. Così non saranno sole. Sulla loro tomba per due volte è venuto a pregare padre Angelo Cupini; noi siamo musulmani, ma per noi non ci sono mai state barriere».

Lei vive in Italia da 24 anni, pensa di restare a Lecco o tornerà in Albania?

«Ho ricevuto la cittadinanza italiana il 3 aprile 2018 (giorno in cui ricorreva il compleanno di Simona) e due giorni dopo è nato il mio bambino. Lo scorso anno anche mia moglie l’ha ottenuta. Abbiamo anche comprato casa a Maggianico, continueremo a vivere in Italia dove ho tanti amici. E’ stato grazie all’affetto dei miei parenti e dell’intera città se sono sopravvissuto alla strage, anche se il dolore mi accompagna ogni giorno della mia vita».

Baskim ci mostra il cellulare, ci sono tante foto del figlio, ma anche quella di Simona, Keisy e Sidny, tanti momenti in famiglia, dove le ragazze sorridono e si stringono al padre.

Com’erano le sue figlie?

«Dicono che le femmine sono più vicine ai padri, i maschi alle madri, credo che sia vero. Simona era molto materna con le sue sorelle; una piccola donna, me lo dicevano anche i suoi insegnanti. Avrebbe dovuto decidere quale scuola frequentare, ancora non lo sapeva, a lei piaceva la pallavolo. Se fosse qui oggi avrebbe 23 anni. Chissà, magari sarei stato nonno. Keisy frequentava un corso di danza, era alle elementari, anche lei andava bene a scuola, era la più scatenata. E poi Sidny, la piccolina, quando arrivavo dal lavoro mi correva incontro e mi abbracciava».

Dopo quanto accaduto ha mai più incontrato la sua ex moglie?

«No, mai. Ho saputo da voi del Giornale che dopo cinque anni era stata affidata ad una comunità. Non mi importa se sta all’inferno o in paradiso, perché il mio dolore non cambierà mai».

Lei,  dopo la strage di Chiuso, si è rifatto una vita. Oggi è felice?

«E’ una domanda a cui è difficile rispondere. Mio figlio e mia moglie sono la mia gioia e meritano il mio amore, la mia attenzione e la mia considerazione. Certo, nel cuore c’è sempre quell’angoscia terribile che non se ne va. Ci sono giorni in cui mi sento fragile. Dieci anni sono tanti eppure loro sono sempre accanto a me. A volte alzo gli occhi e loro sono lì... al mio fianco».

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