Sette anni senza Alex: il dolore, il perdono e un matrimonio con due mamme
La mamma del ragazzo morto il 24 giugno 2018 in un incidente sulla Lecco Ballabio racconta come convive col dolore

«La vita di una madre che perde il proprio figlio non sarà mai quella di prima, ma nella disperazione c’è sempre una luce».
Sarajeva Villa l’1 giugno ha celebrato il compleanno del figlio Alex Crippa che, se fosse stato ancora vivo, avrebbe compiuto 28 anni. Ma Alex è morto per le conseguenze riportate in un tragico incidente stradale il 24 giugno 2018 sulla Lecco Ballabio.
«Lui non c’è più da sette anni, ma io avverto la sua presenza in ogni cosa. Al suo funerale, quando ho letto il mio pensiero, una farfalla girava intorno a me e più volte ho ritrovato delle farfalle sulla sua tomba. Un caso? O forse un messaggio che viene da lontano».
Sette anni senza Alex: il dolore, il perdono e un matrimonio con due mamme
E ancora: «Nel dolore ho trovato comunque la serenità. Forse perché quello che non ho mai fatto è stato accusare di quanto accaduto il ragazzo che era al volante, la notte dell’incidente. Era un grande amico di Alex e mio figlio aveva deciso di far guidare lui. Poteva accadere il contrario, magari se ci fosse stato Alex al volante oggi non ci sarebbe stato più il suo amico. Sono sempre in contatto con questo ragazzo, ci sentiamo e ci vediamo e comunque anche lui porta un grave fardello. E se lo porterà nel cuore per tutto il resto della vita. Il giorno del compleanno di Alex mi ha scritto un messaggio dicendo “Mi dispiace”. Io lo so che è così, lo sento. Ma vede, a volte la vita ti mette davanti a cose inimmaginabili».
A cosa si riferisce?
«Una sera, dello scorso anno, questo ragazzo mi ha invitata a uscire per bere un aperitivo e mi ha annunciato il suo matrimonio, poi avvenuto in autunno. E in quel momento mi ha chiesto di accompagnarlo all’altare insieme alla sua mamma. Ho pianto così tanto dalla commozione. Per me è stato un grande dono. Così il giorno del matrimonio ha percorso la navata della parrocchiale con due mamme. Penso che abbia capito che non avrei mai potuto farlo per Alex, ma in qualche modo quel giorno c’era anche mio figlio».
Come si affronta la morte di un figlio?
«Una parte di noi muore con lui. Poi compaiono cose che non hanno una spiegazione. Mio figlio aveva un numero speciale, il 33. Giocava a calcio con una maglia con impresso il suo numero preferito. E quando è morto ho fatto la somma dei numeri della sua data di nascita e dava il 33. Forse era tutto scritto. Un numero che è ricomparso spesso nella mia vita. La persona che ha ricevuto il cuore di Alex aveva 33 anni di differenza con lui ed era nella stanza 33».
Che messaggio può dare a un genitore che come lei ha perso il figlio?
«La morte di un figlio è una tragedia personale che devasta ogni giorno. Ma, per quanto difficile, bisogna andare avanti perché non si può riavvolgere la pellicola della vita e disporre un finale diverso. Io cerco di vivere al meglio anche per lui. La vita è troppo preziosa per sprecarla pensando ai soldi, a ciò che è tangibile o perdere tempo ad odiare qualcuno. Del resto Alex era una persona sensibile, al di sopra delle cose materiali. Consiglio di non chiudersi nel dolore e di credere che comunque la nostra vita non finisce qui e anche se i nostri figli non sono più con noi fisicamente, possono esserlo in tantissimi modi. Abbiamo avuto un prezioso regalo, anche se ci è stato tolto troppo presto. Nella tragedia sono stata fortunata perché donando gli organi di mio figlio ho potuto aiutare altre persone».
Dopo sette anni vede ancora gli amici di Alex?
«Sì, ci siamo visti due settimane fa per un aperitivo tutti insieme. È stata una serata organizzata dal ragazzo che guidava quando è successo l’incidente. È bello rivederli perché facevano parte della vita di Alex. E ora fanno parte della mia».
Le cose belle della sua vita?
«Nella mia vita c’è un’altra figlia, Greta, che studia Infermieristica. Non me lo ha mai detto, ma credo che la scelta di questa facoltà sia stata provocata dalla morte del fratello e dalla voglia di aiutare gli altri. Ho dovuto lottare con me stessa per lasciarle lo spazio per vivere la vita che voleva, perché quando un figlio muore in un incidente stradale si ha paura di ogni cosa. Con il tempo, quando un figlio non c’è più, si scoprono cose inaspettate».
Per esempio?
«Eravamo come cane e gatto, pensavo fossimo l’uno l’opposto dell’altra. Invece no, gli scontri avvenivano perché eravamo uguali. Lui mi manca tutti i giorni, qualsiasi cosa accade penso sempre, “Se ci fosse stato lui, come sarebbe stato?”. Mi mancano la sua sensibilità e anche il suo essere sopra le righe».
Che cosa spera per il futuro?
«Di vivere una vita piena. A settembre riprenderò gli incontri nelle scuole con l’Aido. Mi piacerebbe che la gente comprendesse l’importanza della donazione. Sono cose di cui in famiglia non si parla mai, quasi per scaramanzia. Ma poi quando si ha bisogno perché il nostro corpo ci tradisce non si può andare al supermercato e acquistare un organo. Io mi sono trovata dalla parte di chi ha donato, ma ho conosciuto in questi anni persone meravigliose che avevano ricevuto un organo. La vita, la salute e l’amore sono cose che contano».