Il 18 febbraio 2024, tra i boschi di Garbagnate Monastero, un regolamento di conti per una dose di cocaina è degenerato in un conflitto a fuoco. A premere il grilletto di un fucile a pallini, arma “depotenziata” ma estremamente pericolosa, è stato “Lupo”, classe 1993, uno dei capi di una banda di spacciatori di origine marocchina, con precedenti per reati specifici negli ultimi cinque anni.
Da quell’episodio è partita un’indagine che ha svelato un giro di spaccio di oltre 10mila dosi e 300mila euro di proventi illeciti. A illustrare i dettagli della maxi operazione, denominata “Mazzacavallo”, sono stati oggi, mercoledì 8 ottobre 2025, il Questore di Lecco Stefania Marrazzo, il Procuratore Capo Ezio Domenico Basso e la dirigente della Squadra Mobile Simona De Luca.
La sparatoria nei boschi svela un giro di droga da 10mila dosi: la Polizia arresta 5 spacciatori
Sono stati infatti gli uomini della Mobile, all’alba del 2 ottobre 2025, a eseguire cinque arresti. Lupo, il capo di una delle due pericolose bande di pusher scoperte, era già in carcere per i suoi numerosi precedenti penali, mentre gli altri, fino a quel momento liberi, sono stati tradotti in cella. Ci sono altre quattro persone indagate, al momento latitanti: sono tutti di origine marocchina, irregolari, con precedenti penali e hanno età comprese tra il 1989 e il 2001.
A fornire i dettagli della lunga e complessa operazione è stata la dottoressa De Luca: “Tutto ha avuto inizio con un episodio di violenza legata al mondo della droga. Una persona si è presentata agli operatori sanitari raccontando di essere un assuntore di sostanze stupefacenti e di aver subito un’aggressione a seguito di una lite probabilmente legata al pagamento o alla cessione di droga. La particolarità di quell’episodio stava nell’arma utilizzata: un fucile modificato per sparare pallini, potente ma “depotenziato”, che aveva l’unico scopo di intimidire e spaventare chi consumava o comprava sostanze“.
Da quel momento è partita l’attività investigativa della sezione narcotici della Squadra Mobile. Gli investigatori hanno analizzato tabulati telefonici, raccolto informazioni dai consumatori e condotto numerosi servizi di osservazione sul territorio, con documentazione fotografica costante. “È stata un’indagine lunga e impegnativa, ma ha rapidamente permesso di fare luce su un mondo nascosto nei boschi lungo la SS36, tra Costa Masnaga, Bulciago, Sirtori, Garbagnate Monastero, Nibionno e Molteno“.
Le investigazioni hanno portato all’identificazione di due gruppi principali di spacciatori: il primo, soprannominato “gruppo del Lupo”, dal nome del capogruppo; il secondo, chiamato “gruppo Mazzacavallo”, dal nome di una località di Nibionno, attivo nelle zone limitrofe. “Si è scoperto che i territori di spaccio erano sorprendentemente vicini, a poche centinaia di metri l’uno dall’altro, e che alcuni soggetti operavano per entrambi i gruppi, alternandosi nei giorni e negli spostamenti. Spesso chi spacciava era anche consumatore: lo scambio non era solo di denaro, ma anche di dosi per uso personale”.
Il modus operandi degli indagati era preciso e consolidato: “Prima di ogni cessione, veniva stabilito via telefono il quantitativo di droga e il prezzo. Gli spacciatori si recavano poi in zone boschive o ai margini dei boschi, portando con sé soltanto la singola dose destinata alla vendita. Lo scambio sostanza-denaro avveniva in pochi istanti, riducendo al minimo il rischio di essere sorpresi dalle forze dell’ordine. I quantitativi più consistenti erano nascosti nei boschi, dove venivano tagliati e pesati: solo la dose singola arrivava al cliente. In questo modo, anche in caso di controllo, gli spacciatori risultavano ‘puliti’ e rischiavano di essere arrestati solo se veniva recuperata la dose ceduta. Questa strategia, attuata con grande attenzione e disciplina, mostrava una chiara capacità di organizzazione e di adattamento al rischio. Grazie all’analisi dei tabulati, alle dichiarazioni dei consumatori e alla sorveglianza sul territorio, gli investigatori sono riusciti a ricostruire l’intera rete, identificare i protagonisti e comprendere le dinamiche dei gruppi, ponendo le basi per interventi futuri e mirati contro lo spaccio nei boschi lungo la SS36″.
Tantissimi i clienti individuati nell’ambito delle indagini, 35 dei quali sono stati ascoltati, tra cui alcuni segnalati alla Prefettura come assuntori di droga. Tra loro spiccano consumatori abituali con ampia disponibilità economica: uno in particolare, tra la fine del 2023 e l’aprile del 2025, ha acquistato oltre 650 dosi di cocaina, praticamente una al giorno.
«L’escalation di gravità dei fatti è evidente», ha spiegato il procuratore capo Ezio Domenico Basso. «Tutto è iniziato con il ferimento di un cliente da parte di appartenenti a questo gruppo, che da allora è stato posto sotto attenzione investigativa. Abbiamo riscontrato un utilizzo di violenza e tracotanza da parte degli spacciatori».
Il magistrato ha poi sottolineato la complessità dell’attività investigativa: «Si è trattato di un lavoro minuzioso e dispendioso, fatto di analisi e raccolta di prove, che ha consentito di richiedere nove misure cautelari, di cui cinque già eseguite. I risultati, purtroppo, sono sempre inferiori rispetto alla vastità del fenomeno: non per incapacità di chi lavora, ma per l’ampiezza del mercato e la professionalità criminale di chi lo gestisce».
L’indagine, durata fino al maggio 2025, ha stimato almeno 10mila cessioni di stupefacenti per un valore illecito superiore a 300mila euro. «Sappiamo bene che la diffusione è ancora maggiore, ma questi interventi rappresentano segnali importanti che forze di polizia e autorità giudiziaria hanno il dovere di dare. Non abbasseremo la guardia: questa non è la prima e non sarà l’ultima operazione. È doveroso ringraziare gli uomini del dottor De Luca e del dottor Marrazzo per l’impegno e la professionalità».
Intanto, sono in corso le ricerche per rintracciare i quattro indagati ancora irreperibili. «La lotta al narcotraffico si manifesta in diversi modi: da un lato attraverso le attività di polizia giudiziaria, anche di lunga durata; dall’altro tramite operazioni ad alto impatto, come quelle recentemente effettuate in Alto Lago, che vengono disposte dal Comitato provinciale per la sicurezza pubblica e gestite dal Questore con l’impiego di tutte le forze disponibili per contrastare efficacemente il fenomeno» – ha dichiarato il Questore di Lecco, Stefania Marrazzo.