Infermieri in Lombardia: ne mancano 3mila

A denunciare le difficili condizioni di lavoro è il NurSind, Sindacato delle professioni infermieristiche.

Infermieri in Lombardia: ne mancano 3mila
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nfermieri in Lombardia “Ne mancano 3mila e siamo sull’orlo di una crisi di nervi”. A denunciarlo è il NurSind, il sindacato delle professioni infermieristiche, che mette in guardia “A rischio burn-out”.

In Lombardia mancano 3mila infermieri: “Siamo sull’orlo di una crisi di nervi”

La questione infermieristica in Italia e in particolare in Lombardia è molto complessa almeno stando all’ultima nota diffusa dal NurSind, il sindacato delle professioni infermieristiche, che sull’argomento ci lavora da anni. Turni stressanti, attività demansionanti nei confronti di personale formato e laureato. Ma il problema più importante è la carenza di personale:

“In Lombardia mancano almeno 3.000 infermieri – spiega il sindacato in una nota. E la Regione cosa fa? D’accordo con CGIL, CISL, UIL e FSI firmano un’intesa che, senza consultare i lavoratori, legittima la riduzione, per il 2018, delle Risorse Economiche Aggiuntive, per assumere circa 250 infermieri, che non coprirebbero nemmeno il 10% del reale fabbisogno”

Sei infermieri ogni mille abitanti

Situazione problematica in Lombardia, così come in tutta Italia. A livello nazionale, secondo gli ultimi studi, gli infermieri  sono circa 420.000 e ne mancherebbero all’appello dai 35.000 ai 60.000 (a seconda dai modelli organizzativi a cui si fa riferimento).

Secondo il NurSind che ha diffuso le statistiche il numero di infermieri per abitanti, in Italia, si assesterebbe su un rapporto di circa 6 per 1000 abitanti. Dati sconfortanti se si pensa che in Svizzera il rapporto è di 17/1000, in Irlanda di 12/1000 e in Germania di 11/1000.

“Il personale è sull’orlo di una crisi di nervi – spiegano dal sindacato – e un infermiere in burn-out diventa una pericolosa mina vagante per i pazienti”.

Le altre criticità

Oltre alle carenze di personale ci sarebbero anche altre criticità:

“In alcuni reparti di degenza si lavora spesso ai minimi assistenziali e l’errore da malasanità è sempre in agguato, visti i carichi di lavoro sempre più alti” – proseguono i sindacalisti. Senza dimenticare che “parte del personale laureato è “dirigente” d’ufficio e altro personale laureato è impiegato in attività cosiddette “demansionanti”, dove le competenze specialistiche non vengono valorizzate nemmeno gratuitamente”.

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