Il papà di Nicholas Green: "Vi racconto delle vite che ha salvato mio figlio"

L'appello: "Aiutateci a modificare la legge sui trapianti che vieta di mettere in contatto donatore e ricevente".

Il papà di Nicholas Green: "Vi  racconto delle vite che ha salvato mio figlio"
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Ecco in esclusiva la lettera che il padre di Nicholas Green ha scritto al nostro giornale: "Aiutateci a modificare la legge che vieta di mettere in contatto donatore e ricevente".

La toccante testimonianza del padre di Nicholas Green

"Sono il padre di Nicholas Green, il bambino americano di 7 anni che fu ucciso in una tentata rapina in auto sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria nel 1994. Io e mia moglie Maggie donammo i suoi organi e le cornee a sette italiani molto malati. Come i lettori di questo Giornale sanno, sono stato in Lombardia nelle scorse settimane, per unirmi ad un altro padre, Marco Galbiati, di Casatenovo, che ha perso un figlio come me, per provare a cambiare una legge che credo sia insensibile verso le famiglie dei donatori ed i loro riceventi". Inizia così la lettera che Reginald Green (nella foto con Marco Galbiati e la presidente di Donne e Mamme, Lorena Crippa) ha scritto al Giornale in occasione della sua recente visita a Casatenovo per inaugurare la piazza che il Comune ha dedicato a suo figlio e a Riccardo Galbiati.

"La legge della donazione degli organi va cambiata"

"La legge, emanata nel 1999 con le migliori intenzioni per proteggere la privacy di queste famiglie, sta invece facendo loro del male. Essa proibisce al personale sanitario di divulgare qualsiasi informazione sulle parti coinvolte in un trapianto. Il risultato perverso è che queste famiglie vengono a conoscere solo alcuni brandelli di informazione sulle persone a cui hanno salvato la vita: età, genere, gli organi utilizzati. Viene detto loro se il trapianto ha avuto successo, ma col tempo non sanno nemmeno se i riceventi siano ancora vivi. E’ una conclusione fredda, repentina ed insensibile ad un’esperienza profondamente commovente. Per alcune famiglie questo non ha importanza: vogliono mettersi il trapianto alle spalle. Ma per molte, molte di più, da quel momento in poi la vita sembra incompleta e per alcune, non sapere cosa sia accaduto ai riceventi, è un dolore opprimente che dura una vita intera".

"Negli Stati Uniti le parti sono incoraggiate a scriversi una lettera anonima"

"Negli Stati Uniti, dove vivo, entrambe le parti di un trapianto sono incoraggiate a scriversi una lettera anonima. Immaginate di ricevere una di queste lettere, dove un ragazzo vi racconta che ora ha dentro di sé il cuore di vostro figlio e che prima del trapianto era troppo malato per camminare in una stanza senza doversi fermare a prendere fiato, ma ora riesce di nuovo a giocare a calcio. Non è una storia inventata. E’ quello che è accaduto ad Andrea Mongiardo, il ragazzo che ricevette il cuore di nostro figlio. O pensate a Maria Pia Pedalà, la diciannovenne siciliana che era in coma terminale quando ricevette il fegato di Nicholas. «Avevamo perso le speranze», mi raccontò il suo medico tempo dopo. Invece è tornata in salute, si è sposata ed ha avuto un figlio, tutte cose impensabili senza il trapianto. E sì, ha chiamato suo figlio Nicholas. Quasi venticinque anni dopo, scrivere di questa cosa mi porta ancora le lacrime agli occhi, come sta accadendo ora".

Il trapianto restituisce nuova vita

"Ricordiamoci cosa significa tutto questo per un trapiantato. A differenza delle normali terapie, dove il recupero può essere dolorosamente lento, i riceventi di un organo spesso si riprendono la vita in modo rapido. E non si tratta di miglioramenti temporanei. Egualmente impressionante è la rinascita del loro spirito. I riceventi sembrano più giovani, si sentono più giovani, si comportano come fossero più giovani e, da ogni esame che non consideri l’età anagrafica, sono più giovani. Nel 2016, quando iniziai questa campagna per aprire un dibattito nazionale sull’opportunità di permettere alle due parti di un trapianto di potersi contattare, se entrambe le vogliono, non sono riuscito ad avere il supporto di un singolo funzionario del settore sanitario. Nessuno".

L'importanza di aprire un dibattito sulla legge

"Molte persone della Sanità con cui parlammo dicevano che non potevano esprimersi contro questa legge semplicemente perché era la legge. Altri ci dissero che erano d’accordo ma non volevano che i loro nomi fossero rivelati. Altri ancora ritenevano che qualsiasi contatto avrebbe potuto causare qualche danno psicologico ad una o l’altra parte. Così ho iniziato a scrivere ad ogni quotidiano, settimanale e programma televisivo che pensavamo potesse avere qualche interesse. Fummo gratificati dal risultato: persone che non avevano mai rivolto un pensiero a questo argomento cominciarono a chiedersi: "Se due famiglie con dei legami così stretti vogliono scriversi, o anche incontrarsi, cosa dà alla burocrazia il diritto di dire ‘è vietato?"».

La tragedia di Riccardo Galbiati

"A questo punto, all’inizio del 2017, la famiglia Galbiati venne colpita da una tragedia, quando Riccardo, il figlio quindicenne di Marco, morì improvvisamente mentre sciava col padre. Essendo stati migliori amici, oltre che padre e figlio, proprio come era stato per Nicholas e me, si trattò di un colpo che avrebbe distrutto un uomo meno forte. Invece Marco, desideroso di sapere chi erano stati i riceventi, iniziò ad impegnarsi con tutte le sue forze. Tra le altre cose, nel tempo ha organizzato una petizione attraverso change.org e, sorprendentemente, ha raccolto più di 40mila firme per cambiare la legge del 1999. Sotto la pressione dell’opinione pubblica, stimolata sia da lui che da noi, il Centro Nazionale Trapianti ha sentito che doveva fare qualcosa ed ha scelto di demandare la questione al Comitato Nazionale di Bioetica."

"Aiutate la nostra petizione"

"La campagna non è finita. Se volete sostenerla, il modo migliore è quello di firmare la petizione di Marco Galbiati andando su change.org e cercando Galbiati.  P.S.: Spero vi piaccia questo ricordo di Nicholas. Pochi giorni prima che fosse ucciso facemmo un gioco in cui lui impersonava un famoso soldato romano che tornava a casa dopo aver trascorso molti anni ai fronti – il Vallo di Adriano, la Costa del nord della Francia, le Alpi - tutti luoghi dove lo avevamo portato e dove aveva combattuto. Quando tornerai a Roma, gli dicemmo, sarai trattato come un eroe. Le persone scriveranno poemi su di te, riceverai delle medaglie d’oro, i bambini acclameranno il tuo nome. Era solo un gioco, ma è divenuto realtà. Con questa differenza: che Nicholas non ha conquistato con la forza delle armi, ma con il potere dell’amore. E questo, ovviamente, è molto più forte".

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