di Marco Calvetti

Il Coronavirus fa paura, ma io sono saturo della cronaca “minuto per minuto” LA FINESTRA DEL GIOVEDI'

Il Coronavirus fa paura, ma io sono saturo della cronaca “minuto per minuto” LA FINESTRA DEL GIOVEDI'
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Vivere nel Lecchese ai tempi del Coronavirus globale ma tenacemente anche locale. La paura incalzata dall'evolvere dei bollettini quotidiani. Ma anche l'ansia di un futuro di recessione.

Il Coronavirus fa paura, ma io sono saturo della cronaca “minuto per minuto”

La dimensione globale del Coronavirus non impedisce una declinazione lecchese, al netto della univocità del ceppo delle terapie. 

Confesso tuttavia che aldilà delle doverose precauzioni sanitarie e dell'attenzione professionale alla cronaca e agli sviluppi, per qualche giorno voglio staccare la spina dal caravanserraglio mediatico e da quel ritmo febbrile da “tutto il Coronavirus minuto per minuto” che da un momento all'altro mi aspetto il grido “goal”. 

Magari in simultanea con un nuovo paziente positivo. 

Da ipocondriaco acclarato, con la sindrome temperata dall'età e dal raziocinio, sono il primo a capire sia la paura, sia la psicosi. Come scriveva Jack London “ho provato tutte le malattie tranne le ginocchia della lavandaia” (una patologia di genere, come l'aspettativa di vita per la quale le donne ci bagnano il naso): perciò nessuna manifestazione ispirata alla prudenza mi stupisce, anche quando ha l'attendibilità delle cimici e del mancato sbarco sulla luna di chi le stelle non le ha solo nel simbolo del partito, ma come orizzonte di una ignoranza senza limiti e magari, da piccoli, è caduto dal seggiolone. 

Ieri un conoscente mi ha chiesto se telefonando a un amico di Codogno rischiasse il contagio. E un altro si è tappato in casa perché suo padre è morto di polmonite, dieci anni fa. Vuoi vedere la familiarità? 

Un terzo, dopo il caso positivo alle Poste non viene più in centro città. 

Certo siamo nei luoghi manzoniani e il nostro Alessandro è stato tra i più gettonati nella pesca letteraria e nella fiera delle citazioni. Dai “Promessi Sposi” alla “Colonna infame” è stato davvero un ritorno di fiamma  del nostro amato romanziere. 

Anche il Boccaccio ha avuto il suo revival essendo stato testimone e narratore della peste che forse anche contrasse, guarendone poi. Ma il Manzoni studiò il fenomeno, ne scrisse e aveva tra l'altro assistito ad altre epidemie come il vaiolo e il colera. 

Per restare in tema non si può pretendere il coraggio che “se uno non ce l'ha, non se lo può dare”, ma di sicuro la  paura ha diritto di cittadinanza in un contesto segnato da quotidiani bollettini bellici. 

Confermo che sono tutto orecchie e occhi, ma sono saturo di questa “Treccani” in versione vulgata, prodotta da virologi, infettivologi, medici della mutua, politici, sociologi, economisti, medievalisti ed esperti da bar sport.   

Tornerò certo sull'argomento, anche perché incalza a sua insaputa e soprattutto in ragione delle conseguenze economiche e sociali che già determinano una congiuntura allarmante e minaccia di allestire per il futuro un dramma sconvolgente. 

Marco Calvetti

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