Lecco

Fabrizio Ferrari da principe del pesce Al Porticciolo 84 a professore dell’università Woosong

Il rinomato chef si è trasferito in Asia Orientale dopo diverse esperienze tra le quali la partecipazione a Master Chef

Fabrizio Ferrari da  principe del pesce Al Porticciolo 84  a professore dell’università  Woosong
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Da chef del ristorante «Al Porticciolo 84» di Lecco  a docente di cucina nella prestigiosa università Woosong a Daejeon, in Corea del Sud. Indubbiamente Fabrizio Ferrari, 40 anni, ha un curriculum di tutto rispetto e in tasca, se non bastasse, ha anche una laurea triennale in Giurisprudenza. «La mia vita è sempre stata tra le pentole - ci dice al telefono - e alla fine per me è stata una scelta naturale. Prima di laurearmi avevo già deciso cosa avrei fatto da grande, ma poiché avevo sostenuto gli esami ho voluto laurearmi, sapendo però che non avrei mai esercitato professioni diverse da quella di cuoco».

Fabrizio Ferrari da principe del pesce Al Porticciolo 84 a professore dell’università Woosong

Era il 1984, quando genitori di Fabrizio, Daria e Bruno aprirono il ristorante Al Porticciolo 84. «Avevo cinque anni e poiché entrambi, papà e mamma, lavoravano, ho passato tanto tempo nell’esercizio di famiglia».
Il ristorante divenne ben presto un punto di riferimento in città, guadagnandosi la stella Michelin nel 2006. Due anni dopo Fabrizio, cominciò a occuparsi della linea di cucina, affiancato ben presto da Anna Valsecchi, compagna di sala e di vita. Dal 2012 Ferrari fa parte dei cuochi dell’associazione Jeunes Restaurateurs d'Europe.
«Ormai sono da 35 anni nel mondo della ristorazione. L’esercizio di famiglia è stato la mia casa, il mio parco giochi e il mio lavoro. Devo dire che mi ha dato grandi soddisfazioni».

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Come è entrata la Corea nella sua vita?

«Il primo incontro con i coreani è avvenuto nel 2010. Io cercavo un cuoco a cui affidare delle responsabilità in cucina. Non volevo un italiano, mi sono sempre trovato meglio con gli stranieri, non so dire il perché. Quindi ho messo un annuncio su un forum di cuochi e mi ha risposto un ragazzo coreano che si trovava a Singapore e desiderava fare un’esperienza in Italia. Con lui c’è stato un rapporto formidabile: è diventato il mio sous-chef. Dopo meno di un anno è giunto da noi uno stagista, coreano anche lui che in seguito ha preso il posto del connazionale ed è rimasto a Lecco per tre anni. Quando è tornato al suo paese, per sposarsi, è stato un grande dispiacere. Dopo un periodo buio, con un cuoco con cui non mi trovavo, ho trovato un sous-chef e una sommelier di nazionalità coreana. Queste frequentazioni mi hanno dato modo di conoscere la loro comunità a Milano».

La decisione di partire è arrivata in questo modo?

«Non esattamente. Lavorando con i coreani ho avuto modo di apprendere la loro cucina, sono un po’ come noi, molto legati alle loro tradizioni e alla loro cultura. Quindi sono venuto a conoscenza di un concorso organizzato dal Consolato Coreano a Milano, ho partecipato e ho vinto. Era il 2016. Il premio consisteva, tra l’altro, in un viaggio di 15 giorni in Corea durante i quali ho avuto modo di partecipare ad un programma televisivo insieme ai vincitori provenienti dalle altre nazioni dove era stato organizzato il concorso. Mi è piaciuto molto, ci ho lasciato un pezzo di cuore».

L’occasione per tornare in Corea quando si è presentata?

«Nel 2018 sono stato stato invitato a partecipare ad una specie di Master chef in Corea, una richiesta che ho accolto con grande entusiasmo. Questa volta sono rimasto tre mesi. E questo ha fatto sì che il mio amore per questa terra e questa gente aumentasse a dismisura. Volevo tornare. Avevo conosciuto una maestra di cucina coreana, con cui ho costruito un bellissimo rapporto che mi ha consigliato di mandare il mio curriculum all'università Woosong a Daejeon. Grazie anche alla notorietà raggiunta attraverso la partecipazione ai programmi televisivi, mi hanno preso. E il 10 febbraio scorso sono partito.».

Proprio poco prima che scoppiasse l’emergenza Covid-19...

«Infatti. Ma loro hanno dimostrato di essere ben organizzati e hanno saputo gestire l’emergenza meglio di noi. Ho iniziato a collaborare con l’università per far partire un programma organizzato dall’Institut Paul Bocuse».

Come ha vissuto questi mesi di emergenza?

«Senza grossi problemi. Abbiamo effettuato lezioni a distanza, ma senza grosse limitazioni. Dal 18 maggio sono riprese le lezioni in presenza. Mi alzo alla mattina alle 7, salgo in sella alla mia bici per percorrere i tre chilometri che mi dividono dall’università dove insegno. Preparo le lezioni... Certo facciamo uso delle mascherine, che in queste aree comunque sono già una prassi comune da tempo».

Ci sono molte differenze tra cucina coreana e cucina italiana?

«Sì, tante. La cucina coreana è diversa a livello di piatti e di sapori. Quello che invece ci accomuna è il piacere del gusto».

Al Porticciolo avete inserito piatti coreani?

«Piatti no. Degli ingredienti piuttosto. Per esempio abbiamo preparato una puttanesca sostituendo il peperoncino con il gochujang, un ingrediente molto piccante che ha ottenuto un grande successo. E poi abbiamo usato altri jang, ovvero condimenti, che hanno creato sapori originali e interessanti che sono piaciuti molto».

Quando tornerà in Italia?

«A luglio spero. Ho prenotato un volo tre giorni fa, ma mi hanno informato che è già stato cancellato».

Come vede il suo futuro?

«L’intenzione è quella di restare in Corea, almeno per un po’. Rientrerò in Italia per le vacanze, per settembre, quando i corsi universitari riprenderanno, tornerò in Corea. Sto anche per lanciare un mio canale Youtube».

E il ristorante Al Porticciolo 84?

«Il ristorante Al Porticciolo 84 si è fermato all’inizio dell’anno, prima dell’emergenza Covid. Avevamo già deciso di prenderci un periodo sabbatico dove avremmo pensato cosa fare. Nel frattempo abbiamo attuato piccoli lavori interni di restyling. Abbiamo in mente un progetto nel settore educativo - bello e originale per la città - che per ora è top secret. Tutto si è fermato per Coronavirus, però è possibile che riprenda dopo l’estate. Quando tornerò, io e la mia compagna, decideremo il da farsi».

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