“Prima o poi arriva l’ora in cui bisogna prendere una posizione che non è né sicura, né conveniente, né popolare, ma bisogna prenderla perché è giusta”. A citare Martin Luther King oggi, venerdì 3 ottobre 2025, durante il presidio promosso dalla CGIL Lecco in occasione dello sciopero generale per Gaza, è stata un’insegnante dell’Istituto Comprensivo di Cremeno. E proprio oggi tantissimi lecchesi hanno preso posizione partecipando al presidio che ha gremito Piazza Diaz a Lecco. Almeno 2000 le persone, tra lavoratori, studenti e pensionati, che si sono accalcate davanti a Palazzo Bovara, cuore e simbolo delle istituzioni lecchesi.
Sciopero generale a Lecco: migliaia in piazza per Gaza, la Flotilla e per cambiare la storia “non da spettatori”
Già ieri molti avevano preso parte alla manifestazione promossa dal comitato lecchese “Stop al Genocidio“, con un corteo pacifico che è sfilato da Largo Montenero fino alla Fiocchi Munizioni, e poi a “Luci per la Palestina“, con la commovente lettura dei nomi dei sanitari uccisi a Gaza, che ha radunato davanti all’Ospedale Manzoni una marea umana.
E anche oggi Lecco ha risposto con forza all’appello di quanti vogliono puntare i fari su una terra, quella della Palestina, martoriata, e su un popolo in ginocchio. Non solo, ma la vicinanza e la solidarietà sono andate anche agli attivisti della Global Sumud Flotilla, la missione umanitaria di pace organizzata dai civili e fermata dall’esercito di Israele.
“Gli attivisti della Global Sumud Flotilla conoscevano esattamente il finale, eppure sono salpati lo stesso, perché serviva che qualcuno costringesse il mondo a guardare. Può succedere anche a noi, ed è il mondo che guarda. Eppure sono partiti lo stesso, perché serviva che qualcuno costringesse il mondo a guardare – ha detto una giovane studentessa del Medardo Rosso di Lecco, che poi con la voce rotta dal pianto è stata sopraffatta da commozione ed emozione – Questo è il potere della normalizzazione, e l’unico gesto che rimane è fallire così clamorosamente da rendere visibile l’invisibile. Loro non sono partiti per vincere contro gli altri, ma per non perdere contro se stessi. Credo che non sia lodevole il modo in cui il nostro Governo ha reagito a un’azione così nobile, prendendo in giro coloro che hanno collaborato per renderla realtà. Viviamo in un mondo in cui non far morire le persone di fame è considerato un’opinione controversa. I diritti umani non dovrebbero mai essere messi in discussione. Le guerre che stanno avvenendo sono vergognose, e ancora più imbarazzante è l’indifferenza di chi chiude gli occhi davanti a ciò. La gente continua a parlare della guerra in Ucraina, ma ha ignorato altre guerre simili. Cosa significa davvero ‘bambini’? Ho visto un video in cui si confrontavano ragazzi americani e palestinesi. I sogni dei ragazzi americani riguardavano giochi e divertimento, mentre i bambini palestinesi sperano solo di non morire, di avere un pezzo di pane, un po’ d’acqua, qualcosa per sopravvivere. Sono questi i ‘bambini’ che vengono etichettati come terroristi e accusati di voler lanciare missili?”
Al microfono si sono alternate testimonianze di lavoratori del settore pubblico e privato, studenti, pensionati, e sindacalisti coi loro appelli e inviti, mentre in piazza sventolavano bandiere della pace, delle sigle sindacali e della Palestina. Anche il sindaco di Lecco, Mauro Gattinoni, si è affacciato da Palazzo Bovara, stringendo tra le mani ed esponendo il vessillo palestinese.
Vibrante il discorso di Diego Riva, segretario generale della Camera del Lavoro Lecchese. “Questa piazza, piena di lavoratrici e lavoratori, pensionate e pensionati, studenti, cittadine e cittadini, è un segnale importante: oggi il Paese si è fermato per scegliere da che parte stare. Siamo qui perché non vogliamo essere complici del silenzio. Siamo qui perché non accettiamo che la normalità diventi orrore. Siamo qui perché crediamo che giustizia e umanità vengano prima di qualsiasi calcolo politico o interesse economico. Oggi lo sciopero generale che stiamo vivendo non è uno sciopero come gli altri. Non riguarda soltanto le condizioni di lavoro, i salari o i diritti, che sono essenziali, ma qualcosa di più profondo: la difesa dell’umanità, del diritto internazionale, della pace”.
“Ci fermiamo perché davanti a un genocidio, alla violazione sistematica dei diritti umani, alla distruzione di un popolo, il lavoro non può continuare come se nulla fosse – ha proseguito il numero uno della Cgil di Lecco – Negli ultimi giorni la situazione è ulteriormente precipitata. Gaza è una città martoriata: ospedali distrutti, bambini senza acqua e cure, interi quartieri cancellati dalle mappe. È un luogo dove la vita è diventata sopravvivenza, e dove ogni giorno si consuma un crimine contro l’umanità sotto gli occhi di un mondo troppo spesso indifferente. Eppure, mentre tutto questo accade, c’è chi ha avuto il coraggio di agire. Decine di barche della Flotilla, partite da 44 Paesi diversi, hanno cercato di aprire un corridoio umanitario verso Gaza, di rompere un blocco navale illegale e disumano, portando cibo, medicine, acqua, vita. Quell’azione non violenta, coraggiosa e piena di speranza è stata fermata con la forza: navi sequestrate, persone arrestate, aiuti bloccati. È davanti a questo che oggi siamo in piazza. Lo sciopero generale proclamato dalla CGIL è la nostra risposta collettiva a questa ingiustizia. È un grido che attraversa fabbriche, scuole, uffici e piazze. Oggi, da questa piazza, vogliamo ricordare che il lavoro non è solo produzione, ma dignità, partecipazione e impegno per il bene comune. Quando milioni di lavoratrici e lavoratori si fermano, lo fanno per affermare che nessuna economia può dirsi giusta se poggia sull’oppressione di altri popoli. Lo fanno per dire che le risorse devono essere destinate alla pace, ai diritti, al welfare, alla scuola, alla sanità e alla giustizia sociale, non alla guerra, non alle armi, non alle logiche di potenza. Questo sciopero ci ricorda che il lavoro, quando è unito, può cambiare la storia. La forza di questa giornata sta nella capacità di trasformare indignazione in azione collettiva, di rendere concreta la solidarietà internazionale, di dimostrare che il movimento del lavoro è, e sarà sempre, presidio di pace, giustizia e libertà. Ma questa forza diventa ancora più grande quando, al fianco di lavoratrici e lavoratori, si muovono anche la scuola e gli studenti, le pensionate e i pensionati, le cittadine e i cittadini comuni. Ed è da questa forza comune che nasce la nostra convinzione più profonda: il lavoro senza diritti non è libertà. Come ricordava Gino Strada, ‘I diritti degli uomini devono essere di tutti gli uomini, proprio di tutti, sennò chiamateli privilegi.’ Da qui, da questa piazza, parte un messaggio forte: non ci fermeremo. Finché la comunità internazionale non assumerà pienamente le proprie responsabilità — nel far rispettare il diritto internazionale, nel difendere la dignità umana e nel costruire un futuro di pace e giustizia — continueremo a lottare. Continueremo a organizzarci e a mobilitarci, perché costruire pace e giustizia è la nostra responsabilità e il nostro compito. Grazie a tutte e a tutti voi. La storia non si cambia da spettatori: si cambia insieme, come oggi, uniti in questa piazza, con il coraggio e la forza del lavoro”.
Poi da Piazza Diaz i manifestanti, intonando Bella Ciao, sono partiti per un corteo. Un serpentone umano che idealmente ha voluto marciare per la pace per la libertà, per la salvezza del popolo palestinese.
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Mario Stojanovic