verso il voto

Referendum: una tavola rotonda per scoprire le ragioni del sì e del no

Perché andare (o non andare) a votare l’8 e il 9 giugno? Quali le ragioni del Sì, del No o piuttosto dell’astensione? Queste le domande alle quali abbiamo cercato di rispondere con la tavola rotonda organizzata mercoledì scorso, 28 maggio 2025, nella sede brianzola di Netweek, editore del Giornale Lecco e del Giornale di Merate

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Una tavola rotonda in redazione per i quattro referendum sul lavoro. Perché andare (o non andare) a votare l’8 e il 9 giugno? Quali le ragioni del Sì, del No o piuttosto dell’astensione? Queste le domande alle quali abbiamo cercato di rispondere con la tavola rotonda organizzata mercoledì scorso, 28 maggio 2025, nella sede brianzola di Netweek, editore del Giornale di Lecco e del Giornale di Merate.

Una tavola rotonda in redazione per i quattro referendum sul lavoro

A dialogare fra loro e con i responsabili dei due settimanali, Micaela Crippa e Matteo Scerri, c’erano Diego Riva, segretario generale della Cgil di Lecco; l’industriale Lorenzo Riva;  il segretario provinciale del Partito democratico Manuel Tropenscovino; il segretario provinciale di Azione Eleonora Lavelli; l’esponente di Alleanza Verdi e Sinistra Milva Caglio; il vicepresidente vicario provinciale di Fratelli d’Italia Matteo Rosa e Stefano Simonetti, membro del direttivo provinciale della Lega.

L'intervento della Cgil Lecco

Doverosamente a Diego Riva è stato lasciato spazio per illustrare le motivazioni che hanno portato la Cgil a raccogliere 4 milioni di firme per proporre i quesiti referendari sui quali gli italiani saranno chiamati ad esprimersi.

«Vorrei spiegare - ha sottolineato il segretario generale della Camera del lavoro di Lecco - non solo i quesiti ma anche perché siamo arrivati a questo punto. Noi negli ultimi 15 anni abbiamo provato a interagire per trovare soluzioni alternative per incidere su questioni del lavoro che ci stanno a cuore. Purtroppo i governi che si sono succeduti non hanno mai voluto affrontare questi temi».

Diego Riva

Riva è poi entrato nel merito nei quesiti, rimarcando che «probabilmente ne servivano 25 per affrontare tutti i temi che ci stanno a cuore». Partendo dal primo referendum, che mira a cancellare il decreto n. 23/2015 sui licenziamenti, che si applica a tutti i rapporti costituiti dopo il marzo 2015 «perché chi è assunto dopo quella data abbia gli stessi diritti di chi è stato assunto prima».

 

Riva non si è detto preoccupato di un ritorno della Legge Fornero, che porterebbe il limite massimo delle indennità per licenziamento illecito da 36 a 24 mensilità perché con l’attuale normativa dopo un licenziamento illegittimo in imprese con più di 15 dipendenti i lavoratori «non possono più rientrare nel loro posto di lavoro ma hanno diritto solo a un risarcimento economico».

Riva ha difeso anche il secondo quesito per i licenziamenti delle piccole imprese, dove i lavoratori oggi possono ottenere un massimo di 6 mensilità in caso di licenziamento illegittimo, norma che si vuole abrogare. «Sarà il giudice - ha rimarcato l’esponente Cgil - a decidere il risarcimento che spetta al lavoratore».

Il terzo quesito, che punta all’eliminazione di alcune norme sull’utilizzo dei contratti a termine «per ridurre il precariato» e  il quarto sulla sicurezza sul lavoro, ripristinando la «responsabilità solidale» di chi subappalta un lavoro sono stati i più dibattuti. Sul terzo Riva ha rimarcato: «Non siamo contro la flessibilità, ci mancherebbe, ma siccome c’è chi ne abusa stringiamo le regole, così mettiamo al centro il lavoro. La sicurezza sui luoghi di lavoro penso sia un tema trasversale, le filiere continuano ad allungarsi però;  se affidi il lavoro a un “baluba” e  questo crea un problema è giusto che ne rispondi in solido».
«Oggi la mia preoccupazione è trovare il personale, non licenziare»

Il parere dell'industriale Lorenzo Riva

Replicando puntualmente e portando il punto di vista degli industriali, Lorenzo Riva ha fatto riferimento alla situazione attuale: «Oggi la mia preoccupazione principale è trovare il personale, non certo di alzarmi la mattina con l’idea di licenziare. Con il Jobs Act una tutela del lavoratore c’è già, però un imprenditore deve anche avere la possibilità di troncare un rapporto se si ritrova in azienda una mela marcia. Per le aziende sotto i 15 dipendenti, che sono quelle meno strutturate, ci può essere difficoltà a pagare più di 6 mensilità».

 

Poi ancora: «Noi dobbiamo tutelare le aziende di 10-12 persone perché altrimenti finiamo per fare un danno sociale. Io dico che la maggioranza degli imprenditori hanno una coscienza, quindi se io su questi due punti vado a votare e voto No. Riguardo i contratti a termine sono una grandissima possibilità per imprenditore e dipendente di conoscersi ed è di grande valore per entrambi. Oggi la situazione economica è preoccupante, ci sono larghissimi settori che si stanno fermando, non interverrei su questo».

L'intervento degli altri esponenti politici

Milva Caglio

Si è quindi inserita Caglio, la quale ha voluto sottolineare che oggi ci sono tanti strumenti che consentono all’imprenditore di “conoscere” il lavoratore, a partire dall’apprendistato. Ne è uscito un botta e risposta al termine del quale Riva ha sottolineato come «oggi l’azienda è diventata anche una scuola perché non ci sono sul mercato le figure che servono e quelle che arrivano. Per quanto riguarda le aziende metalmeccaniche posso dire che oggi c’è grande sicurezza e gli infortuni sono rari».

Eleonora Lavelli

No convinto, viceversa da Lavelli, «perché mettendo in capo la responsabilità oggettiva anche al committente dei lavori significa che anche i Comuni, in quanto committenti, possono essere responsabili di quanto avviene in un cantiere pubblico».

 

Di diverso avviso Tropenscovino, che ha ricordato l’episodio di un drammatico crollo, con vittime sotto le macerie  «e non si capiva di chi fossero dipendenti».

La responsabilità oggettiva, ha rimarcato il segretario provinciale Pd, serve a tutelare il lavoratore «perché se l’Inail gli riconosce un indennizzo ma l’azienda subappaltante non è solida rischia di non ricevere nulla. Eliminando questa norma, viceversa, c’è chi risponde e paga». Sempre a giudizio di Tropenscovino «una verifica della filiera degli appalti, tutta responsabile,  non risolve i problemi legati alla sicurezza ma porta anche a un miglioramento dei lavori».

Manuel Tropenscovino

«Infatti - gli ha fatto eco Caglio - Se io sono responsabile in solido sto più attento a chi affido il lavoro e ciò a mio parere serve anche a prevenire gli infortuni, perché dobbiamo trovare il modo di fermare questa mattanza».

Pronta la replica di Rosa, che oltre ad essere vicesegretario provinciale di Fratelli d’Italia è anche sindaco di Sirtori: «Come sindaco ho diversi cantieri in subappalto e vi dico che ci sono disposizioni e regolamenti ben precisi su queste cose. I ribassi sono controllati, così come le aziende anche il Comune deve rispettare diversi parametri di sicurezza».

«Però non è sempre così - ha replicato Caglio - tant’è vero che se si va ad osservare alcuni cantieri pubblici non c’è nessuno col caschetto».

 

«La colpa però non è del committente - la controreplica di Rosa - ma di chi esegue il lavoro».

Lavelli: «Sui cantieri c’è un responsabile della sicurezza, sta a lui controllare».

Su questo tema sono intervenuti ancora Rosa, Lorenzo e Diego Riva, senza trovare un punto di incontro fino a che il sindaco di Sirtori ha sottolineato che «i controlli già ci sono e la soluzione non è un referendum abrogativo. Tagliuzzando la legge qua e là non si ottiene il risultato che si vuole, non è il referendum abrogativo la soluzione».

 

Della stessa idea Simonetti, avvocato, il quale ha sottolineato l’importanza dei temi posti «che vengono però affrontati con  lo strumento sbagliato. Noi come Lega rivendichiamo la scelta politica di non partecipare al voto. Come legale ho ottenuto qualche volta la riassunzione del lavoratore licenziato, però poi è tutto più difficile. Riguardo la flessibilità dei contratti va sottolineato che oggi i giovani hanno un approccio più duttile e flessibile al mondo del lavoro, nuove tutele andrebbero a creare dei lacci agli imprenditori».

Stefano Simonetti

Simonetti ha quindi ripreso la parola per affrontare il tema della responsabilità: «Certi strumenti ci sono già oggi e sì, sono perfettibili, ma bisogna migliorarli nelle sedi opportune».

Qui Caglio ha ribadito un concetto già espresso in precedenza da Diego Riva, cioè che «la strada  del referendum è stata intrapresa dopo che sono state tentate tante  altre vie, ma la politica finora non si è mostrata interessata, ma per fare una trattativa bisogna essere in due».

Il discorso si è quindi spostato sul Jobs Act, sulla riforma dell’articolo 18 e sul reintegro del lavoratore licenziato, sulle difficoltà che questo potrebbe ritrovare in azienda dopo la causa. Ed è stata l’occasione per Lavelli di ribadire che la riforma dell’articolo 18 oggi può consentire a un lavoratore di ottenere un risarcimento più importante, «per questo noi non sosteniamo il referendum e per questo Azione invita a votare No».

«Il Jobs Act - è intervenuto successivamente  Tropenscovino - è stato l’ultimo tentativo di una riforma organizzata del mercato del lavoro. Sappiamo bene che era presidente del Consiglio Renzi, allora leader del Pd, ma abbiamo deciso di cambiare linea perché non ci sono stati i risultati sperati. Nel momento in cui le tutele sul lavoro devono essere riaffermate diciamo Sì anche a questo referendum».

Qui è arrivata la stoccata di Lavelli: «Come è possibile che a distanza di 10 anni si dica di tornare indietro? Il Pd aveva dato una sua visione di Paese e adesso che c’è la destra al Governo si suscitano perplessità su quel che si farà davvero, dando ragione a chi dice che i programmi che un partito presenta valgono quel che valgono...».

Controreplica di Tropenscovino: «Solo gli stupidi non cambiano mai idea. 10 anni fa ci eravamo  dati degli obiettivi, ma quel Governo aveva rotto i rapporti di concertazione con le organizzazioni sindacali, che hanno fatto tanto male al Pd. Oggi c’è un segretario che vuole ristabilire un dialogo con il mondo del lavoro».

Tropenscovino è quindi stato preso di mira da Simonetti: «Condivido le perplessità di Lavelli, problema è che con questi referendum non risolviamo i problemi del lavoro. E’ uno strumento sbagliato e uno spreco di denaro pubblico, meglio insistere nel confronto fra le forze politiche».

Riva, sempre rivolto a Tropenscovino: «Mi spiace riteniate il Governo di 10 anni fa un fallimento perché per il mondo imprenditoriale ci sono stati importanti cambiamenti del lavoro. Noi i nostri dipendenti li coccoliamo, in azienda abbiamo una cassetta in cui un dipendente può mettere idee propositive. Al Jobs Act serve manutenzione, ma non buttiamo via tutto, andiamo avanti con la discussione; arriverà anche il Governo ad aprire orizzonti diversi perché il mondo del lavoro cambia a una velocità straordinaria, oggi c’è maggior dialogo e integrazione anche con la scuola e teniamo presente che va bene il turismo, ma senza manifattura questo Paese non sta in piedi».

Anche per Rosa il Jobs Act è stato uno strumento positivo: «Mi allineo con Lorenzo Riva, il mondo del lavoro ha bisogno di un restyling ma secondo Fratelli d’Italia il referendum abrogativo non risolve nulla, per questo invitiamo all’astensione come strumento democratico».

Matteo Rosa

Diego Riva ha chiuso la serata ribadendo che si sono proposti i referendum dopo che non  sono state ottenute risposte percorrendo altre strade, ricordando altresì che «in questo territorio la disoccupazione è al 2,8% e abbiamo avuto la capacità di reagire anche dopo la crisi del 2008, perché ci si sedeva intorno ai tavoli e si scambiavano idee».   Un po’ quel  che è avvenuto  mercoledì sera. Nessuno ha preteso di far cambiare idea all’altro ma il confronto porta sempre frutto, anche a chi ascolta e, ci auguriamo, anche a chi legge.

 

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