il corteo da largo caleotto a piazza diaz

“Questa legge di bilancio non risponde ai bisogni del Paese”: in 500 allo sciopero promosso dalla Cgil a Lecco

Riva: "C'è un tema cruciale: la crescita delle spese militari, con l'obiettivo del 5% del PIL entro il 2035, pari a circa 145 miliardi all'anno. Una prospettiva che sottrae risorse vitali al welfare, alla scuola e alla sanità"

“Questa legge di bilancio non risponde ai bisogni del Paese”: in 500 allo sciopero promosso dalla Cgil a Lecco

500 circa le persone che nella mattinata di oggi, venerdì 12 dicembre 2025, hanno aderito allo sciopero promosso da Cgil Lecco. La manifestazione è stata indetta per protestare contro la legge di bilancio, accusata di “non rispondere ai bisogni del Paese”, e per chiedere “ivestimenti nella sanità, nella scuola, nelle pensioni, nei diritti e nei salari, e non sul riarmo”.

“Questa legge di bilancio non risponde ai bisogni del Paese”: in 500 allo sciopero promosso dalla Cgil a Lecco

Il lungo corteo è partito da largo Caleotto, dal centro commerciale La Meridiana, intorno alle 10, per poi dirigersi verso il cuore della città, fino a fermarsi in piazza Diaz, di fronte al palazzo municipale. Qui sono intervenuti Diego Riva, segretario generale di Cgil Lecco, e i rappresentanti della Flc Cgil per il mondo della scuola, della Fiom Cgil per i metalmeccanici e dello Spi Cgil per i pensionati.

 

Di seguito l’intervento di Diego Riva:

Desidero richiamare un’immagine che appartiene alla nostra storia collettiva: Piazza Fontana, il 12 dicembre. Un giorno tragico che colpì il cuore della democrazia italiana e che ancora oggi ci ricorda quanto siano preziosi la giustizia, la verità e la partecipazione. È da questo senso profondo di responsabilità che nasce la nostra mobilitazione.

Arriviamo a questa giornata dopo settimane intense, durante le quali il sindacato non ha mai smesso di essere presente. Abbiamo garantito continuità, ascolto e iniziativa. Abbiamo scioperato, manifestato, riempito le piazze. Con le ore di astensione di oggi raggiungiamo venti ore complessive di sciopero: un sacrificio significativo che testimonia la determinazione delle lavoratrici, dei lavoratori e dei pensionati. C’è chi sostiene che i temi sollevati dal sindacato siano “sempre gli stessi”: salario, diritti, welfare. È vero: sono gli stessi perché irrisolti. Riguardano la vita delle persone, le loro difficoltà quotidiane, la qualità del lavoro e la tenuta del sistema sociale.

Lo sciopero sta riuscendo in tutto il Paese proprio perché nasce da vertenze reali e da problemi concreti. Per costruire un’Italia più equa, sostenibile e realmente democratica, è necessario affermare con chiarezza che questa legge di bilancio non risponde ai bisogni del Paese. La narrazione ottimistica del governo non coincide con i dati: la crescita è ferma, come confermano Istat e Banca d’Italia, e negli ultimi tre anni la mancata restituzione del drenaggio fiscale ha impoverito in modo significativo i redditi medio-bassi. Mentre il gettito statale aumenta, salari e pensioni restano fermi e pagano aliquote più alte rispetto a rendite finanziarie ed extraprofitti. La riduzione dell’aliquota dal 35% al 33% favorisce soprattutto i redditi più elevati e apre la strada a un modello di flat tax che ridurrebbe progressività e welfare pubblico. In questo quadro a perdere sono soprattutto i più fragili.

Vi è poi un tema cruciale: la crescita delle spese militari, con l’obiettivo del 5% del PIL entro il 2035, pari a circa 145 miliardi all’anno. Una prospettiva che sottrae risorse vitali al welfare, alla scuola, alla sanità, e che rischia di accentuare la deindustrializzazione. La pace, il lavoro e l’ambiente non sono battaglie separate: fanno parte di un’unica visione di futuro.

Diego Riva

Le criticità riguardano anche pensioni e giovani generazioni: l’età di uscita si allunga, gli assegni reali si riducono e le prospettive per chi oggi è precario sono drammatiche. Senza una pensione di garanzia per i giovani, l’intero impianto rischia di indebolirsi. Né la legge di bilancio interviene sul lavoro femminile o sulla violenza di genere, né rafforza il sistema educativo e il sostegno alla formazione. Ricordiamo inoltre che il diritto di sciopero è costituzionale e rappresenta uno strumento fondamentale di democrazia. Lo esercitiamo responsabilmente, pagandolo di tasca nostra, per difendere diritti e tutele. Per questo respingiamo con fermezza le accuse rivolte al sindacato.

Il Paese è di fronte a un bivio: da una parte un modello fondato su austerità e economia di guerra; dall’altra un progetto che valorizza il lavoro, rafforza lo Stato sociale e punta su una transizione ecologica e digitale equa.

La CGIL continuerà a esercitare un ruolo di rappresentanza generale, contribuendo al dibattito pubblico e rivendicando scelte in grado di migliorare la vita di milioni di persone. La dignità del lavoro parte dalla sicurezza: nel nostro Paese si continua a morire mentre si lavora, e questo resta inaccettabile. Ogni morte è una sconfitta collettiva e richiede impegni concreti, non annunci.

Il prossimo anno saremo chiamati a confrontarci anche con il referendum sulla separazione delle carriere, mentre avanzano premierato e autonomia differenziata. Mutamenti che incidono sugli equilibri democratici e che non possono passare sotto silenzio.

Non ci limitiamo a dire che le cose non vanno: indichiamo soluzioni. Un contributo di solidarieta dell’1,3% sui redditi oltre i due milioni permetterebbe di rafforzare il welfare pubblico con circa 26 miliardi aggiuntivi. Non si tratta di una patrimoniale, ma di un atto di equità.

Oggi siamo in sciopero per difendere sanità, scuola, pensioni, diritti e salari. Per dare voce a chi contribuisce ogni giorno alla crescita del Paese. Per costruire un futuro più giusto.

“Non possiamo essere complici di un governo che aumenta l’età per poter accedere alla pensione – ha aggiunto Roberto Fumagalli della Fiom – I nostri figli otterranno pensioni di 800-900 euro. Non possiamo restare muti di fronte allo smantellamento del sistema sanitario: oltre 1 milione di cittadini in Lombardia rinuncia a curarsi”.

Roberto Fumagalli

“Anche noi pensionati siamo qui per chiedere giustizia – ha ribadito Ausilia Fumagalli dello Spi Cgil – In tutte le leggi finanziarie vengono colpiti lavoratori e pensionati, ma nulla va ai servizi. Questo governo sta facendo cassa sulle pensioni più di qualsiasi altro; chi è precario nella vita, lo sarà anche nella pensione. Questa è un’Italia che non dà più speranza al futuro; vogliamo richiamare tutti a pensare ad una società più giusta, dove tutti possano trovare posto. A novembre i pensionati sono scesi in piazza in tutta Italia, ma le nostre richieste sono state ignorate”.

Ausilia Fumagalli

Parole anche dal mondo della scuola: “A scuola vediamo ogni giorno classi più complesse e responsabilità sempre più grandi, ma gli stipendi restano fermi. Scioperiamo anche per gli educatori, che spesso hanno contratti pirata con stipendi inferiori e diritti ridotti. Chiediamo al governo di ascoltarci e di cambiare la rotta”.

Ha chiuso gli interventi Ivan Comotti di Cgil Lombardia: “Il problema per cui protestiamo è che stiamo mettendo il 5% del Pil sul riarmo, quando abbiamo il 10% della popolazione che non riesce a curarsi. Questa è la principale contestazione che facciamo al governo Meloni. In giro per il mondo vediamo un’esplosione di nazionalismi: ricordiamoci che proprio i nazionalismi hanno prodotto due guerre mondiali in trent’anni… “.

Ivan Comotti