La riflessione

Movida violenta a Lecco, don Filippo Dotti: "Serve un vero spazio per i giovani"

"Sebbene non manchino decine di ragazzi che spendono il tempo libero nel volontariato di vario genere, è indiscutibile che serpeggi nei giovanissimi una inquietudine che ha il sapore della rabbia e della delusione"

Movida violenta a Lecco, don Filippo Dotti: "Serve un vero spazio per i giovani"
Pubblicato:
Aggiornato:

Un vero spazio per i giovani: un Nuovo Oratorio a Lecco. Questa, in estrema sintesi, è la proposta, o per meglio dire la possibile risposta ad una domanda che da settimana interroga istituzioni e cittadini: come porre un freno alla movida violenta a Lecco?  A lanciarla sul web è Filippo Dotti, cappellano del Polo lecchese del Politecnico  e responsabile della Pastorale Giovanile della Comunità Madonna del Rosario.

LEGGI ANCHE Raffica di episodi di violenza: estate di sangue, disordini e alcol (nonostante l'ordinanza) a Lecco

Don Filippo Dotti

Movida violenta a Lecco, don Filippo Dotti: "Serve un vero spazio per i giovani"

La situazione ha dei tratti gravi. Una cittadina sostanzialmente tranquilla come Lecco, vive da alcune settimane il fenomeno della movida sregolata. Assistiamo a gruppi di ragazzi giovani e giovanissimi che occupano il centro città di notte bevendo molto, schiamazzando, involgarendosi, sfidandosi in bravate e piccoli reati e non di rado scadendo in gesti di violenza difficilmente comprensibili. Ha indubbiamente inciso sulla situazione la lunga stagione del lockdown, l'assenza di attività sportiva, di vita sociale e la sua conclusione nella stagione estiva celebrata come se la liberazione fosse a base di cocktail. Sebbene non manchino decine di ragazzi che spendono il tempo libero nel volontariato di vario genere, è indiscutibile che serpeggi nei giovanissimi una inquietudine che ha il sapore della rabbia e della delusione. L'impressione è che le fatiche della pandemia si siano agganciate alla frustrazione degli ultimi decenni in cui si era annunciata quella libertà e quella felicità che poi non si è vista. E non va mai rimosso il clamoroso dato dei suicidi che, più che farci arrovellare nel chiederci di chi sia la colpa, dovrebbe vederci riflettere come una comunità.
Senza allargare troppo il discorso a considerazioni generali, vorrei limitarmi a una osservazione che deriva dalla mio posizione di prete da anni impegnato nella pastorale giovanile e nella scuola. In sintesi, la mia tesi è che al centro di Lecco c'è bisogno di un Nuovo Oratorio. No, non intendo metterla ancora sulla problematica edilizia della costruzione dell'Oratorio San Luigi, che certamente speriamo inizi presto. Piuttosto mi soffermo sulla lettura di ciò che la città offre. Se uno viene in centro alla nostra amata cittadina, cosa trova? Sì è possibile passeggiare e mangiare il gelato o correre sula ciclabile ma per il resto non si trova molto se non la possibilità di sedersi al tavolino di un bar, inevitabilmente bevendo (e pagando). Non c'è un campo per giocare, un parco per stare (gratis) con gli amici, una sala per suonare, uno spazio per stare insieme senza impegno. Qui le analisi dovrebbero dilungarsi ma non è questa l’occasione.
Io credo che ci vorrebbe un oratorio aperto alla libera frequentazione, non solo per momenti strutturati e organizzati, ma uno spazio in cui si possa stare senza impegno per il solo gusto di stare insieme. Parlo di un Oratorio perché io l’ho vissuto così, e mi è sempre spiaciuto vedere che a Lecco i ragazzi ci venissero solo per qualche sporadico appuntamento o per fare da manovalanza. Serve un luogo di aggregazione in cui si possa andare semplicemente per passare del tempo con altri amici. Parlo di un Oratorio e non di un parchetto perché tutti noi adulti sappiamo bene che uno spazio aperto, se non ha regole e significato, dopo poco si imbarbarisce. Intendo un Oratorio con un concetto aperto che superi l’idea che sia solo lo spazio degli impegnati. L’Oratorio ha sempre avuto la sua missione di ponte tra la strada, la casa e la Chiesa.
Certo occorre una certa conversione anche da parte degli ambienti ecclesiali che spesso hanno un po’ troppa paura. Non serve sempre organizzare eventi serve, un posto da abitare quotidianamente in cui poter giocare, chiacchierare, conoscersi. E lì anche ricevere delle proposte che non siano troppo esclusive, non siano molto costose, abbiano una soglia di accesso minima, non nulla, con pochi adulti che guardino ai giovani con la simpatia che spalanca alla realtà. In uno spazio libero e intelligente si può certo trovare il modo di divertirsi senza instupidirsi, di rischiare gli affetti senza confusioni e di confrontarsi senza scontrarsi.
Mi pare che una città che non si ponga l’obiettivo di avere uno spazio simile non possa poi vantarsi di avere dei primati nel sociale solo perché ha tante cooperative che offrono servizi. C’è una forma popolare della socialità che da sempre costituisce la base per ogni discorso successivo. La sua assenza dovrebbe preoccupare molto di più della situazione economica e di quella sanitaria. I nostri nonni per i figli e i nipoti si sono sempre tolti il pane di bocca, saremo capaci anche noi di fare lo stesso?
Seguici sui nostri canali