Lecco: 100 anni fa il Regio Decreto unificava i rioni
Era il 27 dicembre 1923 quando con il Regio Decreto 3121 veniva sancita la soppressione dei paesi di Acquate, Castello, Germanedo, Laorca, Rancio, San Giovanni alla Castagna e la loro aggregazione al comune di Lecco.
Era il 27 dicembre 1923 quando con il Regio Decreto 3121 veniva sancita la soppressione dei paesi di Acquate, Castello, Germanedo, Laorca, Rancio, San Giovanni alla Castagna e la loro aggregazione al comune di Lecco.
Lecco: 100 anni fa il Regio Decreto unificava i rioni
Per celebrare un secolo di unificazione l’Amministrazione ha raccolto nel Catalogo delle esperienze (visitabile su Leccoturism.it) la storia dei quartieri, che vi riproponiamo, e i luoghi più ameni di ciascuno di loro, scelti da un sondaggio fra la popolazione.
«Alla nostra inchiesta ha risposto circa un migliaio di lecchesi - dice l’assessore all’Attrattività Giovanni Cattaneo - Il nostro obiettivo è quello di effettuare una mappatura dei luoghi del cuore di ciascun rione per sviluppare un progetto articolato. Innanzitutto realizzeremo una nuova segnaletica in cui i turisti, ma anche i lecchesi, possano essere accompagnati in un viaggio alla scoperta di angoli o monumenti di particolare rilevanza di ciascun quartiere. Nel frattempo, in questi mesi, grazie ad un lavoro molto bello degli uffici Cultura ed Eventi sono state pubblicate delle schede sul Catalogo delle esperienze. Abbiamo riorganizzato il biglietto da visita di ciascun rione con del materiale che al momento è solo cartaceo, ma che diventerà video e multimediale. Ogni quartiere verrà presentato attraverso canali social».
E ancora, «Con l’assessore all’Istruzione Emanuele Torri è stato proposto alle scuole primarie e secondarie di primo grado di inserire nel Piano di diritto allo studio delle iniziative che possano raccontare i rioni, in una sorta di lascito del 2023, ma che possa anche proseguire nei prossimi anni come elemento caratterizzante della nostra offerta turistica. Le attività proseguiranno nel 2024. Alcune scuole hanno preparato tabelle, proposto totem e pannelli con foto e dei punti informativi per ogni rione. Verranno segnati gli eventi della settimana: i turisti, attraverso un qr code, potranno scoprire palazzi, piazze, chiese, lavatoi, ma anche le esperienze in programma nel tempo in cui si intrattengono in città. Magari potranno salire sul Matitone, visitare una mostra o seguire lo Scigalott di Acquate. I testi saranno prodotti in italiano, ma anche in inglese, per essere accessibili a tutti».
Acquate e Olate: i quartieri di don Abbondio, Renzo e Lucia
«Signor curato, questo matrimonio non s’ha da fare, né domani né mai». Don Abbondio, nei Promessi sposi, stava camminando lungo quella che oggi è la via Tonio e Gervaso, il 7 novembre del 1628 quando si trovò davanti i due manigoldi inviati da don Rodrigo. Già, perché qualunque acquatese doc giura che Manzoni avesse pensato il pavido religioso come parroco di Acquate (così come Renzo del resto) che a quel tempo era un Comune a sé stante. E il rione era già autonomo nel 1232, la data a cui risalgono le prime notizie del borgo che faceva parte della Comunità Generale di Lecco all'interno del Ducato di Milano. Giovanni Pozzi (1850-1889) nel suo libro sostiene che la chiesa più antica del territorio è quella di Acquate «fondata nel 1232 ed ampliata in tre riprese». Con la divisione della Lombardia austriaca in province nel 1786, il rione, che contava 760 anime, fu assegnato a Como, passando già nel 1791 sotto Milano, mentre nel medesimo periodo entrò nella pieve di Lecco. In età napoleonica, più precisamente nell'anno 1809, Acquate coi suoi 815 abitanti divenne frazione di Lecco, recuperando l'autonomia con la costituzione del Regno Lombardo-Veneto nel 1815. Sei anni dopo il governo convocò le elezioni municipali per la scelta del primo consiglio comunale. All'unità d'Italia, anno 1861, Acquate contava 1481 abitanti, mentre nel 1921 ne contava 2421. Il comune di Acquate venne soppresso ed aggregato a Lecco nel 1923. Gli abitanti di Acquate sono soprannominati «scigalott» (cicale) e lo «Scigalott d’Or» è una festa molto sentita dai residenti che si svolge nel mese di settembre una volta ogni due anni.
Il rione Olate è invece considerato storicamente il quartiere di Lucia Mondella. Incastonato sui primi timidi accenni di alture a est del centro storico, ed è lambito dalle acque del torrente Caldone, le quali, inoltre, delimitano il rione a sud-est. E’ stato un comune autonomo sino al 1869, quando fu soppresso e accorpato a Castello, insieme al vicino Bonacina, comune soppresso anch’esso in quell’anno. Castello sopra Lecco, infine, venne aggregato a Lecco sul finire del 1923.
Malavedo, Laorca e Rancio: le borgate «montane»
Malavedo e Laorca si trovano rispettivamente a due e a tre chilometri dal centro città, nella valle posta tra il monte Melma e il Pian dei Resinelli. Laorca è l’ultimo centro abitato prima dell'imbocco della Valsassina.
Un codice bibliotecario del Capitolo metropolitano di Milano, contiene la prima sicura testimonianza dell'esistenza dell'abitato di «Lavorcha» sin dal Medioevo. L’agglomerato di Laorca era certo legato al bosco e al pascolo, dopo che gli Statuti permetterono di tenervi pecore e capre. L'attività agricola si sviluppò anche a Malavedo, dove i Crotta tenevano delle cascine.
Nel XVII secolo il paese venne colpito dalla peste portata dai lanzichenecchi citati ne «I promessi sposi», i quali tuttavia non transitarono per il paese, mentre in quegli anni (1628) venne consacrata la prima chiesa del paese, dedicata a San Pietro. Nel 1753 a Laorca, che faceva già parte della pieve di Lecco, fu unito il comune di Malavedo per un totale 630 abitanti. Il quartiere nel 1809 fu temporaneamente aggregato Ballabio su decreto di Napoleone: questo cambiamento fu tuttavia annullato dagli austriaci al loro ritorno. Nel 1822 il governo teutonico autorizzò le prime elezioni per il consiglio comunale, mentre nel 1853 il censimento contò 967 residenti. Alla costituzione nel 1861 del Regno d'Italia, il comune aveva una popolazione residente di 1092 abitanti, saliti a 1779 nel 1921, mentre nel 1923, al debutto del ventennio fascista, Laorca fu aggregata al comune di Lecco.
L ’abitato di Rancio è collocato sulle alture nordorientali dell’area urbana, superato il centro comunale di circa 1,5 chilometri, ed è bagnato dalle acque del Gerenzone.
Si sviluppa ai piedi del monte San Martino e, in particolare, della Corna di Medale, l’imponente parete rocciosa che sovrasta Lecco.
Il comune di Rancio è citato nei documenti sin dal Medioevo, quando la sua denominazione era «Rancio con Castiglione» (dal nome della sua principale contrada), suddiviso in «Superiore» e «Inferiore». Anticamente era un comune autonomo, parte della pieve di Lecco. Poco dopo l’Unità d’Italia, assunse la denominazione di «Rancio di Lecco», e al comune di Lecco venne definitivamente aggregato con il Regio Decreto del 1923.
San Giovanni e il bosco di castani, Bonacina e Belledo
Che la città di Lecco e i suoi dintorni fossero abitati fin dai tempi dei romani è cosa provata dal ritrovamento di tombe e monete che risalgono al tempo dell’imperatore Massimino, vissuto fra il 173 e il 238. Le tracce sicure di un borgo, trasformatosi poi in quello che oggi è uno dei quartieri più popolosi della città, risalgono però all’Alto Medioevo. Il rione si chiama San Giovanni alla Castagna poiché la toponomastica dell’epoca indica la presenza di un bosco di castagne prossimo al centro. Delle famiglie che abitarono San Giovanni si conosce poco, ma è probabile che vi abitassero già nel Duecento i nobili Gualzoni, uno dei quali di nome Marchione fu tra i consiglieri che nel 1252 dichiararono la resa di Lecco alle truppe dell’arcivescovo e del comune di Milano. Dal Trecento ci furono i Cereda, mercanti di granaglie e infine nel Cinquecento i Dal Meno, proprietari terrieri. Al tempo delle pievi, il quartiere è stato una parrocchia ed un comune indipendente fino al 1786 parte della Provincia di Milano. Al 1809 risale la prima esperienza d'unione con Lecco su decreto di Napoleone, ma il ritorno degli austriaci comportò la restaurazione dell'autonomia municipale nel 1816. La fine dell'autonomia comunale risale al 1923, quando il borgo fu unito definitivamente a Lecco.
Bonacina sorge alle spalle del rione Olate e al confine con Acquate e San Giovanni; si snoda nella stretta valle attraversata dal torrente Caldone, e detta «dei Merli». E’ stato un comune autonomo sino al 1869, quando fu soppresso e accorpato a Castello sopra Lecco, insieme al vicino Olate, comune soppresso anch’esso in quell’anno. Castello sopra Lecco, infine, venne aggregato a Lecco sul finire del 1923.
Il comune di Belledo venne istituito attorno alla metà del Settecento, e comprendeva la frazione di Maggianico. Un secolo dopo, il vicino comune di Chiuso divenne parte di Belledo, e per l’occasione il nome del nuovo municipio divenne Maggianico, abbandonando dunque il riferimento a Belledo. Nel 1923, la frazione di Belledo venne nuovamente scorporata dal comune di Maggianico per diventare parte del comune di Lecco.
Lecco centro: il suo nome deriva dal celtico «Lech»
Il toponimo Lecco potrebbe essere di provenienza celtica e riferirsi al termine «Lech» o «Loch», cioè «ago». Il centro storico di Lecco, cuore pulsante del «borgo che s’incammina a diventar città» di manzoniana memoria, si snoda attorno al lungolago e corre nell’entroterra fino a incontrare i rioni tutt’attorno. La memoria delle antiche fortificazioni che cingevano la borgata, erette nel XIV secolo per volontà di Azzone Visconti, si coglie nel vallo delle mura e nel profilo della Torre Viscontea; dal Signore di Milano, poi, prende il nome un monumento iconico della città, il Ponte Azzone Visconti, edificato attorno al 1330. Tra le pittoresche vie e le grandi piazze del centro, l’architettura religiosa e civile cittadina (l’importante basilica di San Nicolò, l’antica chiesa di Santa Marta, il santuario di Nostra Signora della Vittoria, il Teatro della Società, il suggestivo Palazzo delle Paure) dialoga con le statue dei più celebri personaggi legati a Lecco (Alessandro Manzoni, Mario Cermenati, Antonio Stoppani, Pietro Vassena e lo stesso Giuseppe Garibaldi), restituendoci le molte sfumature dello spirito della città. Il nucleo originario di Lecco si sviluppava entro le mura medievali a nord, la linea ferroviaria a est, il torrente Caldone (la cui foce, che si getta nel Lario, è oggi coperta) a sud e il Lario a ovest. Oggi include anche le zone adiacenti di Punta Maddalena, Malpensata, Broletto, Lazzaretto e La Piccola. Attorno alla metà del Settecento, nel compartimento territoriale dello stato di Milano, il comune di Lecco con Pescarenico era centro dell’omonima pieve, compresa nella riviera di Lecco, nel ducato di Milano. Crebbe di popolazione e d’importanza nel corso dell’Ottocento, con l’incremento dell’industria e dei commerci, raggiungendo persino il rango di «Città» nel 1848, come riconoscimento per la partecipazione dei molti cittadini ai moti insurrezionali. Nel 1923 il territorio comunale, ormai insufficiente a contenere l’espansione urbana, venne profondamente ampliato con l’aggregazione dei soppressi comuni limitrofi di Acquate, Castello sopra Lecco, Germanedo, Laorca, Rancio di Lecco, San Giovanni alla Castagna e le frazioni di Belledo e Sant’Ambrogio, staccate dal comune di Maggianico, quest’ultimo aggregato al comune di Lecco solo nel 1928.
Germanedo dei tedeschi e il Caleotto dei... Manzoni
Incastonato ai piedi delle colline moreniche, a circa due chilometri a sud-est dal centro di Lecco sorge il quartiere di Germanedo. Il rione è tra le principali porte d'accesso alle numerose mete montane del territorio: il Magnodeno, il Pizzo d'Erna, la Giumenta e il Resegone. Si pensa che i primi ad insediarsi nel luogo dove oggi sorge il rione furono i Longobardi. Questo perché un tempo la chiesa parrocchiale (oggi intitolata a Maria Regina dei Monti) era dedicata alla santa ortodossa Giustina. E poi c’è l’etimologia del nome «Germanedo», che si pensa sia dovuta ad una massiccia presenza di popolazioni originarie della Germania. Notizie storiche più precise riguardo al paese, allora noto come Zermagneda, risalgono al XVI secolo, quando un tal Cermenati vi si recò in vece del cardinale Carlo Borromeo in occasione di una delle prime visite pastorali alla parrocchia. Come in buona parte della Lombardia, nel 1629 la peste portata dai Lanzichenecchi colpì i suoi abitanti, mentre nel corso dell'Ottocento diverse epidemie di colera uccisero decine di persone. Nella seconda metà del XVIII secolo, quando, inserito da tempo nella pieve di Lecco, il Comune ancora indipendente contava 273 abitanti, saliti a 340 nel 1803.
All'anno 1809 risale la prima esperienza d'unione con Lecco su decreto di Napoleone, ma il ritorno degli austriaci annullò poi la riforma. Il borgo prese quindi a crescere sensibilmente, annoverando 621 residenti nel 1853. Il Comune di Germanedo fu aggregato a Lecco nel 1923
Il Caleotto (Caleòt in dialetto lecchese) è il quartiere di Lecco che fu residenza, per oltre due secoli, della famiglia Manzoni. Inizialmente il termine Caleotto indicava l’area intorno alla villa dei Manzoni, oggi il nome è riferito a tutto il quartiere che si estende in una zona anticamente rurale, ma fortemente urbanizzata e industrializzata a partire dalla fine del XIX secolo e per tutto il Novecento, dove fiorirono le più importanti industrie del ferro a livello nazionale. Alessandro Manzoni vi passò alcuni periodi, soprattutto nell'infanzia e nella prima giovinezza. Il primo dei Manzoni che abitò nella casa del Caleotto fu Giacomo Maria Manzoni abitante «ab Caliotto», territorio di Lecco, come si legge in un documento del 15 agosto 1612. Dopo di lui tutti gli antenati di Alessandro Manzoni vissero in questa casa e quasi tutti vi nacquero, come pure il suo stesso padre Pietro il 2 luglio 1736.
Il borgo del Castello e Santo Stefano, la contrada più giovane
Il rione di Castello per secoli è stato un Comune a sé stante.
Il suo nome deriva dal fatto che - durante il Medioevo - nella zona dove oggi sorge il centro del rione, si ergeva un castello di epoca Carolingia. La fortificazione, distrutta per opera del milanese Matteo Visconti, fu successivamente ricostruita, in riva al lago, per iniziativa di Azzone Visconti
Per molto tempo fu uno dei Comuni vicini della Comunità di Lecco e la sede del palazzo dell'Arcivescovo di Milano. Per questo fino al 1584 rimase la sede del prevosto dell'intero vicariato. Nel 1771 si registrarono 856 residenti, saliti a 919 nel 1803. Per pochi anni, successivamente all'avvento di Napoleone nel nord Italia, il Comune venne aggregato a Lecco, per poi tornare autonomo con l'avvento degli austriaci.
Nel 1853 si registrarono 1318 residenti, che aumentarono ulteriormente nel 1869 quando gli venne unito l'ex Comune di Olate, anch'esso diventato poi un rione della città, insieme a Bonacina, mentre pochi anni prima, nel 1863, il suo nome era stato modificato in Castello sopra Lecco dall'originale Castello di Lecco. Con lo sviluppo dell'industria e del settore secondario, a Castello sorsero imprese tra le più importanti del territorio lecchese, come l'acciaieria Badoni, oltre ad alcune ville di signori milanesi come il Palazzo Belgiojoso. Il comune di Castello sopra Lecco venne soppresso e aggregato a Lecco coi suoi 5175 abitanti nel 1923.
Il quartiere di Santo Stefano è il più giovane della città, sorto dopo gli anni Cinquanta come nuova area urbanizzata al confine settentrionale di Lecco. Si sviluppa lungo l’asse di viale Turati, arteria tra le principali e più vive della città, che si conclude con il Convento dei Frati Minori Cappuccini. Alle spalle del complesso religioso, si erge il colle di Santo Stefano, di fondamentale importanza in quanto proprio qui sono stati rinvenuti i resti dell’antico castrum di Lecco, una fortezza di epoca altomedievale che conservava al suo interno un torrione di epoca romana. Essi rappresentano, dunque, le prime tracce documentate della città. Gli abitanti dell’area, a seguito della distruzione del castello avvenuta sempre in epoca medievale, migrarono nel territorio dell’attuale rione Castello, che a tal proposito conservò, e conserva ancora oggi, questo nome.
Pescarenico, quella «terricciola, sulla riva sinistra dell'Adda»
«È Pescarenico una terricciola, sulla riva sinistra dell'Adda, o vogliam dire del lago, poco discosto dal ponte: un gruppetto di case, abitate la più parte da pescatori, e addobbate qua e là di tramagli e di reti tese ad asciugare». Così scriveva Alessandro Manzoni nel quarto capitolo dei «I promessi sposi». Pescarenico, nel XVII secolo era un villaggio di pescatori, e ai residenti era concesso il diritto di pesca nel tratto fluviale, ricco in fauna ittica. Le barche dei pescatori venivano tirate a secco nell'approdo vicino a piazza Era, che era la piazza del quartiere. Nel 1576 alla presenza del governatore spagnolo Mendoza, cavaliere di Sant'Jago e governatore della piana di Lecco, venne costruito un convento di cappuccini per adempiere ad una loro richiesta. Secondo alcuni storici il governatore in persona «...andò in giro col bacile a raccogliere limosine per quell'edilìzio». Qui il Manzoni ubicò fra Cristoforo e fra Galdino. Accanto al convento venne eretta la chiesa conventuale, dedicata, come il convento, a San Francesco. Il complesso venne affidato ai frati francescani, i quali lo adibirono ad alloggio per i confratelli provenienti da Bergamo che si recavano a Como o Domaso. Nel 1810 il convento fu soppresso per volere di Napoleone Bonaparte e la chiesa venne riattata, specie nella facciata, attribuita all'architetto Giuseppe Bovara, e dedicata a San Materno, associato più tardi a Lucia, presumibilmente in omaggio al Manzoni.
Pescarenico era uno dei venti comuni, «fra loro separati per ragione di quota», che costituivano la comunità generale di Lecco. Il villaggio era abitato da famiglie a cui era concesso il diritto alla pesca nel tratto fluviale, particolarmente pescoso, prospiciente il paese. Nel corso del Settecento, Pescarenico venne aggregato al borgo fortificato di Lecco.
Tra i documenti del Ducato di Milano, Pescarenico risulta infatti parte del Comune di Lecco già dal 1757.
Da non perdere: Una visita alla chiesa dei santi. Materno e Lucia e al convento dei Cappuccini, e una passeggiata lungo le rive dell’Adda sino alla caratteristica Piazza Era, con uno sguardo sull’Isola Viscontea.
Maggianico e Chiuso ovvero la «periferia» del capoluogo
Quasi tutti i rioni di Lecco un tempo sono stati un Comune indipendente. E Maggianico non fa eccezione. Nel 1558 compare tra gli estimi del Ducato di Milano e nei successivi aggiornamenti fino al XVII secolo. Sempre tra i documenti del Ducato, figura che il 10 giugno 1757 era aggregato a Belledo con 745 abitanti che passarono agli 834 del 1803. Venne annesso a Lecco per la prima volta nel 1809 da Napoleone, ma ritrovò la sua autonomia nel 1816, complici le politiche restauratrici degli austriaci.
Il paese continuò a crescere raggiungendo i 1.156 residenti nel 1853. Nel 1869 gli venne aggregato anche il comune di Chiuso, e nell'occasione il municipio riprese il nome ufficiale di Comune di Maggianico, abbandonando il riferimento a Belledo. All'alba del nuovo secolo l'abitato, sempre più florido, aveva raggiunto i 2.166 residenti, saliti a 2.842 nel 1921, mentre nel 1923 vennero sottratte al territorio comunale alcune frazioni, tra cui Belledo e Sant'Ambrogio, per essere destinate al Comune di Lecco, che in quell'anno inglobò quasi tutti i comuni circostanti, il che nel 1928 avvenne anche alla stessa Maggianico.
Durante il XIX secolo fu fonte di ispirazione nonché luogo di residenza o di nascita di moltissimi artisti della Scapigliatura di fama internazionale, tra i quali Antonio Ghislanzoni (nato nella frazione di Barco), Antonio Carlos Gomes e Amilcare Ponchielli, i quali fecero ivi costruire due ville ancora oggi esistenti.
Il rione di Chiuso fino al 1786 è stato un comune indipendente inserito nella pieve di Lecco, facente parte della Provincia di Milano. Affacciato sul lago di Garlate, è il rione più a Sud della città di Lecco, posto tra Vercurago e Maggianico. Per secoli ha rappresentato un posto di frontiera sul confine di Stato fra Lombardia e Veneto, uno dei pochi attraversabili a piedi e quindi particolarmente sensibile. Al censimento del 1771 erano risultati 187 residenti, saliti a 286 nel 1803. Al 1809 risale la prima esperienza d'unione con Lecco su decreto di Napoleone, ma il ritorno degli austriaci comportò la restaurazione dell'autonomia municipale nel 1816. Nel 1853 si registrarono 357 residenti, che aumentarono ulteriormente a quota 393 all'atto dell'unificazione italiana nel 1861. La fine dell'autonomia comunale risale al 1869, quando il borgo fu unito a Maggianico.