L'Aido festeggia 50 anni
Il gruppo comunale di Vercurago ha raggiunto mezzo secolo di attività
L'Aido festeggia 50 anni: “Se avremo aiutato una sola persona a sperare, non saremo vissuti invano”. Con questa citazione del grande Martin Luther King si è aperta, venerdì 10 febbraio all’oratorio San Giovanni Bosco, la serata di sensibilizzazione e racconto organizzata dall’Aido Comunale di Vercurago per aprire ufficialmente i festeggiamenti per il suo 50° anniversario di attività.
L'Aido festeggia 50 anni
Mezzo secolo di attività intensa, tutta svolta sul territorio, e che ha visto per ben 38 anni alla guida del sodalizio aidino Angelo Angioletti, presente in sala per introdurre e presentare gli ospiti.
Fare gli onori di casa è toccato invece a don Andrea Pirletti, parroco di Vercurago, che ha spiegato come “in un tempo in cui siamo diventati egoisti, la cultura del dono e del dare all’altro qualcosa di me, è qualcosa su cui insistere profondamente. Sia con i nostri ragazzi che dentro le nostre comunità. Non esiste limite al dono, nemmeno la morte lo è. Non c’è amore più grande di questo”.
La parola è poi passata al Primo Cittadino, Paolo Giovanni Lozza: “Ho avuto la fortuna di conoscere una mamma che ha donato un rene a un figlio, ed è una cosa splendida ed emozionante. Ho avuto modo di collaborare da Sindaco con questa associazione e mi sono reso conto delle enormi potenzialità che può dare, dando la possibilità a veramente tante persone di tornare a vivere”.
Parlare di trapianti di organi non è facile e non significa solo parlare di medicina. Significa anche parlare di emozioni: quelle di chi vive in lista d'attesa, aspettando un "pezzo di ricambio", quelle dei famigliari delle vittime che sono travolti dal lutto e dal dolore, quelle delle equipe sanitarie alle prese con una corsa contro il tempo.
Lo sa bene il dottor Cristiano Martini, già direttore del Dipartimento Neuroscienze, servizio Anestesia e Neurorianimazione dell'ospedale Manzoni, moderatore della serata: “È importante sapere che dopo un crollo dovuto al Covid, nel 2022 siamo tornati ad effettuare in Italia oltre 3.800 trapianti ma ci sono ancora liste di attesa di circa 8.000 persone. Serve un cambio di passo in tutti noi, affinché nel bene e nel male si trovi il coraggio di scegliere. Grazie all’Aido, e alla possibilità data al momento del rinnovo della carta il numero dei donatori è cresciuto tanto, ma ancora non basta. Donare non costa nulla, ma non ci sarà mai una scelta positiva e consapevole senza una corretta informazione”.
Per questo motivo, sono saliti sul palco portando le proprie testimonianze di “rinascita” i trapiantati Silvia Gilardi di Pescate, Sergio Pozzi di Vercurago e Alberto Frigerio di Calolziocorte che, rispettivamente, hanno ricevuto in dono un fegato e due cuori nuovi.
«Una sfiga nella sfiga - esordisce Silvia - Tredici anni fa, dopo aver riscontrato alcuni gonfiori alle caviglie, mi è stata diagnosticata una cirrosi epatica autoimmune che, nel gennaio del 2020 mi ha portato a sentire per la prima volta la parola trapianto. il 29 luglio il primo trapianto di fegato».
La strada però è stata tutto tranne che in discesa: «Non ricordo molto, ma ho rivisto i miei cari, solo 17 giorni dopo. Il fegato si è bloccato, e l’unica possibilità di salvarmi era un altro trapianto. I miei angeli, così mi piace chiamarli, in 36 ore mi hanno trapiantato un fegato controgruppo facendomi rinascere ed essere qui».
Diversa la storia di Sergio Pozzi, vercuraghese, che è letteralmente passato da un tapis roulant ad un letto di ospedale: «Ho avuto un arresto cardiaco – ha spiegato – e i miei istruttori mi hanno salvato la vita con il defibrillatore. Dopo avermi impiantato un pacemaker dal 2009 al 2016 la mia vita era tornata normale ma la cardiomiopatia dilatativa di cui ero affetto è tornata più forte di prima. Ricoverato a Bergamo sono uscito un’anno e mezzo dopo, il 10 luglio, solamente con un cuore nuovo. Nel giro di una settimana mi sono ripreso e, oggi, sto benissimo. Il trapianto mi ha cambiato profondamente, ho sviluppato una sensibilità e attenzione verso il prossimo che prima non avevo».
Positiva anche l’esperienza di Alberto Frigerio, calolziese ed ex calciatore: «Ho il cuore di un ragazzo di Napoli e oggi “sono primo in classifica”. – ha esordito - Ho avuto la fortuna di avere una vita vissuta a pieno, ma prima o poi i nodi vengono al pettine. Da una semplice difficoltà respiratoria mi sono ritrovato con un cuore artificiale e un pacemaker prima, e con la necessità di un trapianto poi. La chiave della mia rinascita è stata reagire a questa situazione, rifiutando di lasciarmi andare. Si può scegliere di vivere con la paura o con la positività: entrato in ospedale il 22 dicembre 2014, sono uscito il 22 maggio 2015 con un cuore nuovo, e oggi posso giocare a calcio con mio figlio e il mio nipotino».
La serata si è poi conclusa con il dono, da parte dell’Aido di Vercurago, di quattro quadretti in legno raffiguranti delle Madonne (realizzati dal consigliere aidino Giancarlo) agli ospiti, come simbolo di rinascita.
Luca De Cani