Lecco

Il Filo Rosso, gran finale con il Professor Banfi: "La lingua italiana non è sessista, sessista è l'uso che alcuni ne fanno"

Il noto glottologo, linguista e accademico originario proprio di Lecco ha tenuto una intensa lezione sul linguaggio di genere davanti agli studenti del Manzoni

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Si è chiusa il  28 novembre "Il filo rosso, storie del movimento delle donne a Lecco", la mostra a cura di donne dell’UDI (Unione Donne in Italia), dei movimenti femministi lecchesi e del Liceo Artistico Medardo Rosso che è nata da un’idea di Enrica Bartesaghi e Giacinta Papini. Una splendida esposizione, che ha raccolto un ottimo successo, organizzata per  recuperare la memoria storica femminile e  per parlare di un fenomeno generale (nazionale e internazionale), raccontato e visto con gli occhi delle donne lecchesi, e più precisamente di un gruppo di giovani e giovanissime che attorno agli anni ’70 e ’80 del secolo scorso diedero vita a un movimento femminista e delle donne dell’UDI.

Il Filo Rosso, gran finale con il Professor Banfi

A coronamento e degna conclusione della mostra, che come sostenuto da Enrica Bartesaghi nel presentare l' ultimo atto di un progetto culturale e sociale che ha visto alternarsi nelle sale del palazzo delle Paure "Più di mille visitatori e tra questi  270 allievi degli istituti superiori di Lecco", le componenti del "Filo Rosso" hanno invitato il professor Emanuele Banfi, noto glottologo, linguista e accademico originario proprio di Lecco che  ha accettato con entusiasmo. Il professore, venerdì scorso,  ha tenuto una seguitissima lezione sull' argomento "La lingua Italiana e il rispetto dei generi, anche grammaticali" di fronte ad una interessata  platea composta dagli studenti di tre classi del liceo Classico Manzoni di Lecco. A lato della lezione il professor Banfi ha accettato di rispondere ad alcune nostre domande.

"La lingua italiana non è sessista, sessista è l'uso che alcuni ne fanno"

Quanto  l'uso che facciamo del linguaggio riflette e influenza il nostro modo di pensare e di agire?

'Parlare' / 'dire' sono modi, anche molto decisi, del 'fare': negli usi di una qualsiasi lingua storico-naturale la componente 'pragmatica' è insita in ogni atto di comunicazione. Normale/fatale, quindi, che ogni sequenza fonico-acustica (anche un minimo segmento fonico-acustico ... anche una minima vocale, se 'detta' con intenzione), così come qualsiasi 'gesto' o qualsiasi 'postura' di un parlante veicolano dei significati. L'interazione tra individui della specie umana si sostanzia dell'intreccio tra componenti ricche di forza pragmatica e, quindi, di 'informazione'.

 

Considera la lingua italiana sessista?

   No, la lingua italiana - così come qualsiasi lingua - non è 'in sé' sessista: è l'uso sessista di una lingua, attuato dai parlanti, che è responsabile di scelte da condannare in quanto 'sessiste'. La lingua italiana, come qualsiasi altra lingua, è un semplice strumento comunicativo. E' il modo con il quale tale strumento è usato a determinarne la 'funzione'.

E' giusto "neutralizzare" le differenze di genere nel linguaggio adottando soluzioni neutre in una lingua come la nostra? Cosa ne pensa dell'utilizzo dell'asterisco egualitario utilizzato al posto delle vocali dei genere maschile o femminile?

 La lingua italiana, come qualsiasi altra lingua dotata di un grande retroterra storico-culturale, è un potente, forte ed essenziale elemento identitario all'interno di una comunità: è, di fatto, una 'istituzione' e, come tale, va rispettata. Ripeto, la questione non è 'neutralizzare' la lingua mediante espedienti 'tecnici' (asterischi, schwa, l'uso di -u 'generico', ecc.) che vanno, per altro, contro la 'forma' della lingua: nel caso in questione, gli asterischi hanno un uso molto preciso nel sistema grafematico dell'italiano (servono a 'cancellare' elementi tabuizzati; lo schwa è fonema vocalico inesistente in italiano; l'uso di -u atona finale è inesistente in italiano, fatta eccezione per alcuni prestiti tratti da altri sistemi: tofu, sudoku, guru; o per sigle, del tipo IMU, ONU). La soluzione del problema è mutare l'atteggiamento dei parlanti; è una questione politico-culturale. E poi, alla fine, è bene tenere in mente che il 'destino' di un sistema linguistico è deciso solo dai parlanti, intesi come 'comunità' socio-linguistica e che nessuna scelta 'imposta' dall'alto può avere fortuna se la comunità dei parlanti non la accoglie, se non la fa propria ... Quanta fortuna potranno avere allora asterischi, schwa, l'uso di -u 'generico', ecc.? Solo il tempo potrà dire ciò che succederà. Quanto a me - e parlo da 'tecnico' di sistemi linguistici - osserverò l'andamento del fenomeno e lo 'analizzerò'. Questo è il mio compito.

 

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