"Genocidio a Gaza": Amnesty presenta il suo rapporto a Lecco
Il documento è il risultato di nove mesi di ricerche condotte sia sul campo che da remoto

Un rapporto che non lascia spazio a interpretazioni, quello presentato venerdì sera, 6 maggio 2025, nella sala don Ticozzi di Lecco da Amnesty International. Il documento, intitolato “Ti senti come se fossi un subumano: il genocidio di Israele contro la popolazione palestinese a Gaza”, è il risultato di nove mesi di ricerche condotte sia sul campo che da remoto, e getta una luce durissima sulla crisi umanitaria esplosa nella Striscia di Gaza dopo gli attacchi del 7 ottobre 2023. La serata, organizzata congiuntamente dal gruppo lecchese di Amnesty International e dal Coordinamento Lecchese Stop al Genocidio, ha permesso di analizzare nel dettaglio i contenuti dell’inchiesta, che denuncia quella che l’organizzazione per i diritti umani definisce una strategia sistematica di distruzione nei confronti del popolo palestinese.
"Genocidio a Gaza": Amnesty presenta il suo rapporto a Lecco
A presentare il rapporto è stata Chantal Antonizzi, rappresentante del Coordinamento Asia Sud Occidentale e Nord Africa (Swana) di Amnesty International Italia, affiancata da Antonio Scordia, responsabile nazionale dell’area Swana per Amnesty. A moderare l’incontro, il direttore della rivista Altreconomia Duccio Facchini. La testimonianza di Antonizzi, basata su una conoscenza diretta del contesto mediorientale, ha fornito al pubblico lecchese un quadro preciso della situazione: “Il nostro rapporto è frutto di nove mesi di lavoro, ma dimostrare un’intenzione genocida è complesso. Bisogna dimostrare la volontà deliberata di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo umano specifico. Noi documentiamo come a Gaza questa volontà sia evidente”.

Il dato demografico è impressionante: prima del 7 ottobre, nella Striscia di Gaza vivevano circa 2 milioni e 800mila persone, in una delle aree più densamente popolate al mondo, con oltre 6300 abitanti per chilometro quadrato. “Oggi – ha spiegato Antonizzi – il 98% della popolazione è sfollato più di una volta. Le indicazioni su dove spostarsi erano spesso vaghe, quando non del tutto assenti. La gente vive accatastata in tende, in condizioni igieniche disumane: una doccia ogni 4500 persone, un bagno ogni 220. Decine di bambini sono già morti di malnutrizione e le stime sono destinate a salire. Le infrastrutture non esistono più. Le persone non riconoscono nemmeno le strade dove sono cresciute. Interi quartieri sono stati rasi al suolo. Le cifre raccolte da Amnesty sono agghiaccianti: oltre 61mila i morti, di cui 18mila bambini, 1209 operatori sanitari uccisi, 216 giornalisti colpiti mentre facevano il loro lavoro. Il 60% delle vittime civili sono bambini, donne o anziani. Gli attacchi hanno colpito deliberatamente chiese, moschee, cimiteri, simboli della memoria e dell’identità di un popolo. Tutto questo – ha aggiunto – corrisponde alla volontà di annientamento, anche simbolico, di un’intera popolazione. Non si può più parlare solo di obiettivi militari”.
In nove mesi, Israele avrebbe distrutto scuole, ospedali, vie di comunicazione e negato l’accesso a beni essenziali come acqua e cibo. “Gaza viveva già prima grazie agli aiuti umanitari, con qualche minimo introito agricolo. Ma anche quel poco è stato reso impossibile: la terra è stata contaminata da diserbanti e acqua salata. È come voler distruggere deliberatamente ogni possibilità di sopravvivenza”. In questo contesto, Amnesty lancia un appello ai governi occidentali, compreso quello italiano, affinché sospendano la vendita di armi a Israele. “Non possiamo più accettare che le nostre leggi vengano violate. I governi non possono voltarsi dall’altra parte. L’Italia deve smettere di fornire armamenti a chi è responsabile di crimini contro l’umanità”.
Nel corso della serata, il Coordinamento Lecchese Stop al Genocidio ha presentato il progetto “Gaza chiama, Lecco risponde”, un’iniziativa nata dal basso per sensibilizzare la comunità locale e promuovere azioni concrete di solidarietà. L’obiettivo è duplice: mantenere alta l’attenzione su quanto sta accadendo e tradurre la partecipazione civile in gesti concreti. Una risposta simbolica, ma non per questo meno potente, che dimostra come anche una piccola città possa farsi carico di un dramma globale. In chiusura, spazio al dibattito con il pubblico, tra domande, riflessioni e il bisogno condiviso di non restare indifferenti.



