VISTI DA VICINO

Corrado Valsecchi, Les Cultures nel cuore

L'ex assessore lecchese si racconta attraverso le sue esperienze personali e politiche su barricate di diverso segno

Corrado Valsecchi, Les Cultures nel cuore
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Nuova puntata di “Visti da vicino”, una galleria di ritratti di persone e personaggi pubblici e privati. Interviste pubblicate tutti i lunedì sul Giornale di Lecco e ogni mercoledì su Primalecco e riprese da dietro le quinte con il palcoscenico lasciato a chi è disposto a raccontarsi. Una serie di incontri in chiave lecchese (in un’ampia accezione) cadenzata dalle circostanze e dalle opportunità. Conoscere gli altri torna utile per capire meglio la società e chi ci circonda e magari anche noi stessi. Protagonista di questa settimana l'ex vicesindaco e assessore lecchese Corrado Valsecchi

 

Originario di Oggiono ma lecchese tutto tondo. Corrado Valsecchi, 62 anni, ha vissuto in città e lavorato, partendo da Lecco, prima nel sindacato locale e poi regionale, fino ad approdare al ruolo professionale di prestigio e responsabilità dove si è formata anche la sua propensione alla conduzione degli uomini. Si è volontariamente prepensionato, anche rinunciando a generosi profitti, per potersi dedicare a Lecco: da direttore operativo e del personale di Econord spa per mettersi al servizio della città. Valsecchi può vantare anche una famiglia numerosa e variegata: due genitori diversissimi uno dall’altro (il padre perso da poco per Covid), un fratello prete, un altro capo reparto ora in pensione e una sorella che lavora nella Rsa di Oggiono. Con la moglie Lucia ha avuto quattro figli: Enrico, 39 anni, Silvia, 31, Chiara, 28 anni, e Stefano, di 22 anni.

Ci racconta i suoi esordi nel mondo del lavoro?

«Nel 1974 sono partito come operaio della Davide Giudici e figli di Sala al Barro, nel settore meccanotessile. In realtà avevo iniziato qualche mese prima, ma poi hanno scoperto che non avevo ancora 15 anni e quindi mi hanno chiesto di attendere il gennaio dell’anno successivo. A vent’anni ho fatto il militare nella Folgore a Treviso e quando non avevo ancora 22 anni mi sono sposato e ho messo su famiglia. Mi sono trasferito a Lecco nel 1981: quest’anno festeggio 40 anni di matrimonio con mia moglie e con la città di Lecco».

 

E’ andato a lavorare prestissimo. Scelta o necessità?

«Era tutto legato a contingenze famigliari. Io ho fatto la mia carriera con in tasca il diploma di terza media. Nel 1973 mi ero iscritto a una scuola, ma mia mamma mi ha detto che studiava già mio fratello e quindi avevano bisogno di soldi: non ce la facevano a far studiare anche me».

La carriera è però stata poi folgorante.

«Nel 1981 sono diventato sindacalista della Cgil, nel 1986 Sergio Cofferati mi ha chiamato a gestire i grandi gruppi di Milano. Nel ‘90, con l’arrivo del secondo figlio, ho deciso di fare un’altra esperienza e mi sono candidato nella Waste Management Europe, la più grande azienda di proprietà americana di igiene ambientale al mondo. Sono entrato come assistente al centro di servizio di Seveso, tre anni dopo ero già nell’area manager. Nel 2000, su chiamata di Gigi Milanese sono arrivato in Econord spa, dove lavoravano 35 persone: l’ho lasciata a luglio del 2015 con 1.500 persone. In questi anni ho sempre fatto anche il libero professionista per la gestione del personale di alcune grandi aziende di diversi settori. Ho fatto pure il direttore generale della Cna di Lecco: questo non lo ricordano in molti, ma in 14 mesi ho rimesso in piedi questa associazione. La mia più grande soddisfazione è quella di aver assunto nel corso degli anni di lavoro nelle diverse attività quasi 2.000 persone».

Lecco è stato l’emblema del civismo ed era candidato naturale per rappresentare la continuità con la passata Amministrazione e la discontinuità con la tradizione partitica stretta. Cosa è accaduto visto che il posto è andato a un altro «civico»?

«Intanto io sono un officiante del civismo e non un chierichetto. La rete del civismo nasce con l’esperienza di “Appello per Lecco” e io sono stato il referente regionale per il patto civico con Umberto Ambrosoli e colui che, su richiesta di Giorgio Gori, ha lanciato la sua candidatura, per la componente civica, Milano per la competizione regionale. Questo vuol dire che fuori Lecco siamo riconosciuti nel nostro ruolo».

Come mai in città non ha mai raccolto i frutti che forse meritava?

«Penso che la narrazione di Virginio Brivio sia stata molto chiara. La segreteria cittadina del Pd non voleva una persona scomoda che potesse decidere autonomamente sulle nomine e le partecipate e il risultato elettorale è che sono stati cannibalizzati dalle componenti pseudo civiche. Io, proprio in un’intervista al Giornale di Lecco, avevo fatto la battuta “Piuttosto che me preferirebbero anche Topo Gigio” e così è stato. Noi siamo persone che si conquistano con un progetto e con atteggiamenti di lealtà e reciprocità. Invece non abbiamo visto una visione strategica nella composizione delle forze e nemmeno dal punto di vista della visione e del progetto che intendevano portare avanti. Non ci hanno mai convinto né le persone e tantomeno i contenuti».

risultato avvenuto, con questa vittoria risicata, possiamo dire che il vostro appoggio è stato fondamentale?

«Senza scomodare “Appello per Lecco”, che ha riversato parecchie centinaia di voti con l'endorsement, posso dire che Gattinoni ha vinto per i miei quattro amici e qualche mio parente!».

Pentito di non aver trovato un accordo precedente?

«No. I fatti sono chiari. Io ho detto: “Avete fatto il disastro, disconoscendo il lavoro fatto in 10 anni e mettendo in mano tutto una persona che non conosce la macchina amministrativa, è meglio che spacchettiamo i voti e ognuno vada per la sua strada”. Io dentro quella roba lì non ci volevo entrare: non ho bisogno di un posto di lavoro. Se avessimo fatto l'accordo in prima battuta, oggi Peppino Ciresa e il centrodestra sarebbero al governo della città».

Ma come giustifica il fatto che chi ha avversato la Giunta in Consiglio comunale ora è alleato? C’è stata un’operazione contro di lei?

«Brivio ha detto una cosa giusta: c’è stata una mancanza di rispetto nei confronti di “Appello per Lecco”. Non la metto mai sul piano personale, mi scivolano addosso le situazioni e quindi saluto ancora tutti amabilmente, però sicuramente sono stato messo da parte senza una ragione vera. Volevano abbattere un albero hanno abbattuto una foresta».

Crede di aver pagato anche per un suo carattere spesso giudicato poco affabile?

«Questo è un giudizio che su di me pesa molto. Spesso la gente, attraverso una sbagliata narrazione, pensa che ho un carattere particolare e spigoloso, ma non è così. Credo che ci siano un piano personale e uno politico e non vadano mai confusi. Nessuno pensi di entrare in politica e di ricevere gratitudine: nella vita privata puoi costruire sui sentimenti, nella politica prevalgono spesso i risentimenti».

Possiamo dire che la sua vita politica è stata segnata da un problema di consenso elettorale?

«Sì, assolutamente. Io parto sempre da quella che secondo me è la cosa giusta da fare, anche se è impopolare. Non mi preoccupo del consenso ma di immaginare una comunità più giusta e solidale. Io sono quello che sono e non voglio essere assolutamente quello che gli altri vorrebbero che io sia. Non sono in vendita. Se mi fossi plasmato, in maniera subalterna, sulla volontà degli altri sarei stato sicuramente il candidato sindaco, ma francamente avrei perso la dignità che mi contraddistingue».

Per chiudere la pagina politica. Qual è il suo orizzonte immediato in Comune?

«Sono alla finestra. Ho appena detto alla maggioranza: “Non giudico più quello che dite, giudicherò quello che fate. La prima cosa che avete fatto è stata quella di togliere il recapito in piazza Diaz ai senza fissa dimora per inventarvi la via fittizia Gianni Rodari 1000. Se quelli, che erano gli ultimi, potevano contare su una cosa sicura era che avevano un recapito vero in Comune”. Resta inteso che quando faranno cose positive sarò il primo a evidenziarle. Infatti in questi primi tre mesi non ho mai fatto mancare il mio voto a favore delle delibere».

Apriamo quindi il capitolo forse più bello, quello legato a Les Cultures, di cui è stato fondatore...

«Sono un uomo del mondo e di mondo. Sono riuscito a stare a Lecco cercando di coinvolgere la città al nuovo mondo che si stava manifestando con il fenomeno migratorio, grazie a questa associazione. E’ stata l’esperienza di vita più bella che ho avuto modo di sperimentare sul piano sociale. Però la vita è una sola e va vissuta in maniera piena e rispettosa: ho fatto il sindacalista e il direttore di un'associazione datoriale, ho fatto l’operaio e il manager, ho fatto l’assessore e il consigliere di minoranza, sono stato a casa dei più grandi imprenditori e in quelle delle persone più umili e degli immigrati. Per vivere pienamente non devi avere pregiudizi, invidie e gelosie. Mi ritengo fortunato, perché ho avuto una bella famiglia e un lavoro gratificante. Mi sono sempre messo a disposizione delle nuove esperienze, della città, per cui non ho proprio nulla da recriminare, sono felice così. In me non esiste livore, anche quando attacco lo faccio perché sono rigoroso con me stesso e intendo esserlo anche con gli altri che intendono occuparsi di pubblica Amministrazione. L'ho fatto anche con Brivio da alleato, intendo farlo, a maggior ragione con Gattinoni dal mio scranno di minoranza. Quando si gestisce la cosa pubblica occorre avere la consapevolezza che non è "roba tua" e che tutto deve avvenire in maniera trasparente e rigorosa, sei sottoposto inevitabilmente al controllo e alle critiche. Questa si chiama democrazia, bellezza».

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