Celebrato Santo Stefano a Lecco con l'accensione del pallone
Don Bortolo: "La drammaticità degli eventi che stiamo vivendo ci spinge ad abbassare lo sguardo per terra, ma noi dobbiamo guardare in alto"
Una tradizione secolare, ma sempre suggestiva: oggi, giovedì 26 dicembre 2024, Lecco ha celebrato Santo Stefano, co patrono della Città con la cerimonia dell'accensione del faro o pallone. Per la prima volta a presiedere questa particolare funzione alle 10, nella Basilica di San Nicolò, è stato il prevosto don Bortolo Uberti.
Celebrato Santo Stefano a Lecco con l'accensione del pallone
All' inizio della celebrazione che è stata animata dalla corale della Basilica diretta dalla maestra Floranna Spreafico con Luca Cesana all'organo, è stato bruciato il faro in ricordo del martirio del Santo che fu lapidato ed è stato il primo Martire Cristiano.
"Santo Stefano, co patrono della nostra città, fu' uno dei primi sette Diaconi Cristiani che, aiutavano gli apostoli nella testimonianza nella predicazione e nella distribuzione dei pani api poveri - ha detto son Bortolo durante l'omelia - Praticava la carità cristiana e fu anche il primo a donare la propria vita per Gesù e per i fratelli. E noi in che cosa vogliamo essere i primi? Sarebbe bello che l'esempio di Santo Stefano diventasse un pilastro della nostra comunità. Saremmo visti con grande stima. Stefano era pieno di grazia come Maria, mamma di Gesù. Il contrario della grazia è la disgrazia ma seguendo le orme di Santo Stefano potremmo ritrovare la consapevolezza , della nostra Fede. Dovremmo essere coscienti e riconoscenti alla Grazia di Dio. Non dobbiamo opporre resistenza allo Spirito Santo. Stefano mentre stava morendo guardava in alto vedendo la gloria di Dio. Anche noi dovremmo guardare in alto perché Gesù abita la nostra vita. La drammaticità degli eventi che stiamo vivendo ci spinge ad abbassare lo sguardo per terra. Chiediamo umilmente e con spirito di fortezza il coraggio di essere pieni di grazia guardando in alto verso Gesù".
Perché si accende il pallone a Santo Stefano.
Bisogna ricordare che nella chiesa primitiva il martirio era l'unica forma di santità possibile: il martire è colui che si rende in tutto simile a Cristo - luce che viene dalle tenebre per illuminarle - perché come Cristo ha sacrificato la propria vita per testimoniare la fede partecipando col proprio corpo alla funzione sacerdotale del Salvatore. Così, il "pallone" che prende fuoco dalle candele alzate dal sacerdote è simbolo della vita del martire che si consuma per la fede ardente nella trinità.
Anche il colore bianco della bambagia di cui è composto il pallone non è casuale. Liturgicamente il bianco è il colore riservato alle solennità di Cristo (come il Natale o la Pasqua), è il colore dello splendore e della gloria di Dio e, fin dall'antichità, è anche il colore riservato ai martiri proprio perché uniti nella gloria di Cristo.
La forma sferica, invece, probabilmente rappresenta la "totalità" del sacrificio del martire.
Secondo la tradizione, il celebrante, accingendosi a bruciare il globo, dice in latino: «sic transit gloria mundi», cioè: «così passa la gloria del mondo» per richiamare che il martire, affrontando la prova suprema del dono della vita al Signore, testimonia che per lui la vita di questo mondo passa in secondo piano rispetto alla vita in Cristo.
Mario Stojanovic