Con l’arrivo dell’autunno, è tempo di bilanci sull’estate appena trascorsa, anche per quanto riguarda la qualità dell’aria in Pianura Padana. La stagione calda favorisce la formazione dello smog fotochimico, un mix di sostanze tossiche, tra cui l’ozono, che può danneggiare le vie respiratorie umane e i tessuti vegetali. Nella Lombardia Occidentale, città come Lecco e Bergamo hanno registrato livelli preoccupanti di ozono. Secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA), l’ozono provoca circa 70.000 morti premature in Europa, di cui 13.000 in Italia, e perdite agricole stimate in almeno 2 miliardi di euro all’anno.
A differenza di altri inquinanti in lenta riduzione, i livelli di ozono continuano a restare alti, principalmente a causa del metano, le cui emissioni da fonti agricole e discariche sono in aumento. In Pianura Padana, Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna concentrano il 70% delle emissioni nazionali di metano da allevamenti bovini, con un forte impatto sulla formazione dell’ozono.
“Il metano non è solo un potente gas climalterante, ma anche un inquinante atmosferico – sottolinea Damiano Di Simine, responsabile della campagna MetaNo di Legambiente – Occorre ridurre le emissioni agricole, in particolare gli allevamenti intensivi della Pianura Padana, per proteggere clima e salute.”
Ozono, Lecco soffoca
Durante l’estate, la Lombardia Occidentale è stata tra le aree più critiche d’Italia. Tra le città lombarde, Lecco si è collocata tra i capoluoghi con il maggior numero di superamenti della soglia di informazione (180 mg/m³ come media oraria), insieme a Bergamo, Milano, Varese, Pavia, Monza, Cremona, Como e Lodi. In particolare, Bergamo ha totalizzato 72 giornate di superamento della soglia di informazione fino al 31 agosto 2025, mentre Lecco ne ha registrate 49, numeri che evidenziano come l’inquinamento da ozono colpisca anche i centri urbani di piccole e medie dimensioni.
L’OMS raccomanda di non superare un valore massimo di concentrazione media su 8 ore (MM8) di 100 mg/m³. La normativa europea concede invece 120 mg/m³, con un massimo di 25 giorni all’anno di superamento, che sarà ridotto a 18 giorni entro il 2030 e a 0 entro il 2050. Questi limiti servono a proteggere la popolazione e le colture agricole dagli effetti dannosi dell’ozono.
Negli ultimi anni, le città non sono più aree “protette” dall’inquinamento da ozono: la popolazione urbana è sempre più esposta a livelli pericolosi. Per contrastare questa tendenza, è necessario ridurre tutti i precursori dell’ozono, dagli NOx al metano, e migliorare il monitoraggio atmosferico con sensori dedicati al metano, come indicato dalla nuova direttiva europea.
“La geografia dell’inquinamento da ozono oggi non distingue più tra città e aree rurali – conclude Di Simine – Le sfide per l’aria pulita richiedono interventi coordinati su più fronti, climatici e sanitari.”