Don Agostino: "Cascina Don Guanella e il lavoro come strumento educativo"
Fondamentale nello sviluppo del progetto la sinergia con il territorio e la Fondazione Cariplo
Il sogno di Cascina Don Guanella oggi è una splendida realtà. Una scommessa vinta. Sì, perché quell’idea bella, lungimirante e virtuosa abbozzata otto anni fa ora è un’azienda autonoma e sostenibile. Una cooperativa nella quale attualmente sono occupate 13 persone e coinvolti altri 20 giovani tra coloro che svolgono il servizio civile o fanno il tirocinio tramite borse lavoro, oltre a un centinaio di volontari. L’artefice di questo straordinario progetto è don Agostino Frasson, 58 anni, direttore del Don Guanella di Lecco dal 2003, una comunità educativa che accoglie circa 20 ragazzi e ragazze. Il rettore era giunto nella città manzoniana dopo aver maturato due esperienze, sempre nell’abito dei minori, prima a Genova, dove era stato ordinato sacerdote nel 1988, e poi a Gozzano, in provincia di Novara. Al suo arrivo il vulcanico sacerdote di origini venete ma milanese di nascita fece subito i conti con un’immagine del Don Guanella un po’ offuscata e così iniziò subito a rilanciare la struttura. La prima decisione fu quella di sviluppare, accanto alla comunità educativa, il centro diurno di educazione primaria puntando sulla pedagogia del fare, concetto caro al fondatore della congregazione. Da qui l’idea di creare tre nuovi laboratori (artistico, musicale e artigianale) per sviluppare i talenti dei ragazzi. E fu proprio in questo momento che entrò in contatto con la Fondazione Cariplo, un partner che si rivelerà indispensabile per la crescita della struttura.
Don Agostino: "Cascina Don Guanella e il lavoro come strumento educativo"
«Allora il centro diurno non era riconosciuto come un servizio essenziale da Regione Lombardia - ricorda don Agostino - ma noi lo abbiamo avviato proprio grazie alla fondazione guidata dal presidente Giuseppe Guzzetti. Istituzione che poi ci ha permesso di sviluppare molti altri progetti in autonomia come quello di realizzare dei mini alloggi per i ragazzi in affido ai quali, una volta compiuto il diciottesimo anno di età, volevamo garantire un futuro più sicuro con casa e lavoro. E così riuscimmo a realizzare 8 posti letto all’interno della Casetta con la collaborazione dell’impresa Valassi».
L’istituto di via Carlo Porta torna ad essere un punto nevralgico della città: ai 30 ragazzi che frequentano stabilmente la struttura vi sono altri 15 giovani che usufruiscono del centro diurno educativo, avviato anche grazie alla collaborazione del Comune, e gli 8 ragazzi che alloggiano nella Casetta.
Quando nasce l’idea di cercare uno spazio fuori dalla città?
«Nel 2010 ci siamo accorti di non avere sbocchi per offrire opportunità di lavoro ai ragazzi. I nostri ospiti sono tutti giovani con alle spalle un passato senza una famiglia di supporto o provenienti da situazioni critiche di carcere minorile. Coltivando un terreno ad orto nella parte alta della città, concessoci in comodato dal Comune, avevamo capito che potevamo fare molto di più, creando una vera attività agricola. Una strada che aveva percorso don Luigi Guanella, sviluppando un progetto di bonifica al Pian di Spagna e attivando nella sede di Como una serie di attività: orti, allevamenti, tipografia e una serie di laboratori artigianali. Già allora il lavoro era visto come uno strumento educativo e l’accoglienza per noi Guanelliani è sempre andata di pari passo con il lavoro».
Con chi ha condiviso l’idea?
«Per sviluppare questa attività agricola avevo chiesto aiuto al sindaco Virginio Brivio, al presidente della Camera di commercio Vico Valassi e al presidente della Fondazione comunitaria del Lecchese nonché membro della Fondazione Cariplo, Mario Romano Negri. Confortato dal loro sostegno, ho cercato un terreno nelle vicinanze di Lecco, trasformando l’idea in un progetto articolato».
Come siete arrivati a scoprire quella bellissima area da 5 ettari in piazze Rosse a Valmadrera che si affaccia sul lago?
«Abbiamo individuato casualmente questo terreno da 50.000 mq con cascina della famiglia Gavazzi. Lo abbiamo acquisito dopo un’estenuante trattativa, con un investimento da un milione di euro da parte della congregazione guanelliana. Nel frattempo avevamo messo a punto il progetto è così abbiamo chiesto alla Camera di commercio di poterlo presentare alla città nel suo auditorium nella convinzione che se un sogno rimane di una persona è destinato a perire, ma se condiviso da molti è destinato a realizzarsi».
E il debutto nel 2013 alla Casa dell’Economia, con Alberto Cova come testimonial, fu subito un successo.
«Sì, nessuno avrebbe scommesso che avremmo riempito l’auditorium. Abbiamo incontrato davvero tante persone che ci hanno aiutato, a partire dalle istituzioni come la Fondazione Cariplo. Si è subito innescato un meccanismo virtuoso dove ognuno ha fatto la sua parte in modo volontario: dai progettisti agli artigiani, dalle imprese ai fornitori… Nel 2014, grazie all’interessamento dell’onorevole Veronica Tentori, a posare la prima pietra è stato il ministro per l'Integrazione Cecile Kjenge. Subito dopo abbiamo realizzato un allevamento di mucche Fassona e un secondo di capre che ci ha permesso di attivare un primo caseificio e iniziare poco dopo ad aprire un piccolo spaccio di formaggi di capra».
Un progetto che di anno in anno è cresciuto notevolmente...
«Non siamo mai stati fermi. Abbiamo inserito le coltivazioni di orzo, grano, farro, granoturco e grano saraceno. Abbiamo impiantato un uliveto e pure un vigneto. Oggi abbiamo un attrezzatissimo laboratorio dove facciamo pane, pasticceria, pasta, conserve. E ovviamente il nostro spaccio di formaggi di capra è stato ampliato alla vendita di pane, pasticceria, pasta, conserve, carne, olio, vino…».
E adesso avete pure aperto un ristorante.
«Era l’evoluzione naturale. Abbiamo fatto qualche test nell’autunno scorso e quindi abbiamo aperto ufficialmente a dicembre, ottenendo subito ottimi riscontri; poi c’è stato il lockdown, ma ora stiamo ripartendo gradualmente. La gente apprezza i prodotti dell’agriturismo, mentre nel ristorante trova prodotti sani a km zero cucinati bene: l’80% di quello che serviamo a tavola è prodotto da noi. La Cooperativa nel 2019 ha registrato un volume d’affari di 300 mila euro, ma quest’anno con il ristorante contiamo di sfiorare il mezzo milione».
Cascina Don Guanella oggi è una splendida e completa realtà.
«Ma non ci fermiamo. Abbiamo altre idee, altri progetti. Manca, ad esempio, la parte alloggiativa. Abbiamo la vecchia cascina di quasi 1.000 mq dove contiamo di creare un agribike, con una sala convegni e alloggi per appassionati di ciclismo dove possono venire ad ammirare la bellezza del luogo, gustare i nostri prodotti naturali, fermarsi per un pranzo o una cena, trascorrere una o più notti».
Lei è un grande appassionato di ciclismo e in questo suo progetto ha coinvolto anche tanti amici.
«Percorro più di 10.000 km all’anno. Grazie agli amici della Gazzetta dello Sport e de Il Giornale siamo riusciti a coinvolgere tantissimi personaggi. Devo molto al nostro testimonial Alberto Cova, al giornalista Andrea De Luca, al direttore del Centro Ricerche Mapei, Claudio Pecci, al campione paralimpico Fabio Triboli che hanno portato a Valmadrera campioni del ciclismo come Cadel Evans, Paolo Savoldelli, Gianni Bugno, Claudio Chiappucci, l’indimenticabile Felice Gimondi; da noi sono arrivati tantissimi altri grandi personaggi come Gianni Morandi, Javier Zanetti, Antonio Rossi, Yury Chechi.. Adesso stiamo collaborando con Ernesto Colnago».
L'imprenditore che ha creato la Ferrari delle biciclette?
«Si. È stato ospite di Cascina don Guanella e si è subito innamorato di questo progetto. Afran - che è un valido artista e un nostro educatore - ha dipinto un telaio per Colnago che spero venga messo in produzione. Anche l’arte per noi è un momento educativo perché aiuta i ragazzi a tirare fuori il meglio. Sono un importante momento educativo tutti i nostri laboratori di pittura, musica, ceramica, cuoio e artigianato».
Dulcis in fundo avete pure costituito il Fondo Cascina don Guanella presso la Fondazione Comunitaria del Lecchese.
«È grazie alla collaborazione e al sostegno di tutti questi personaggi, testimonial e alla generosità dei lecchesi che oggi siamo arrivati a quota 1 milione. È un fondo che cresce di anno in anno anche grazie alle cene benefiche che organizziamo periodicamente o alle attività sportive come la BarabinaRun e la Granfondo di ciclismo».