L'infermiera killer è libera: Sonya Caleffi fuori dal carcere
Condannata a 20 anni per 5 omicidi e due tentati omicidi ne ha scontati 14.
L’infermiera killer dell’ospedale di Lecco, condannata a 20 anni per l’omicidio di 5 persone (e il tentato omicidio di altre 2) è libera. Sonya Caleffi fuori dal carcere. «Avrebbe dovuto scontare la condanna fino al 2024, ma ha usufruito di tre anni di indulto e un anno di riduzione della pena ogni quattro di buona condotta. Quindi per settembre avrà pagato il suo conto con la giustizia» aveva infatti anticipato a luglio il legale della donna, l'avvocato Claudio Rea. E così è stato. La donna è stata rilasciata il primo ottobre.
L'infermiera killer è libera: Sonya Caleffi fuori dal carcere
48 anni, originaria di Tavernerio, Caleffi ha seminato morte e dolore all'ospedale Manzoni di Lecco dove lavorava (prima aveva lavorato anche al San'Anna di Como). La donna venne arrestata nel dicembre 2004, quando l'Ospedale si era preoccupato per l'improvviso aumento della mortalità in corsia e qualche parente aveva iniziato a puntare il dito contro di lei. L'infermiera aveva subito confessato gli omicidi e i tentati omicidi perpetrati nella corsie del reparto di Medicina nell'autunno 2004 sostenendo di aver agito «per farsi notare e sentirsi valorizzata da colleghi e superiori», intervenendo prontamente di fronte alle embolie che lei stessa causava con le iniezioni. Di fatto però non era mai intervenuta, non aveva mai salvato nessuno, ma aveva ammazzato persone anziane che contavano su di lei per guarire.
Gli omicidi e i tentati omicidi
Lunga la scia di morte causata dall'infermiera comasca. L'infermiera è stata condannata per l’omicidio di Maria Cristina, residente a Dervio (nata il 6 dicembre 1904 morta l’8 novembre del 2004); Biagio La Rosa, residente a Lecco (nato il 22 agosto 1920 ucciso il 27 settembre 2004); Teresa Lietti di Oggiono (nata il 31 luglio 1928 uccisa il 30 settembre 2004); Ferdinando Negri di Lecco (nato il 23 luglio 1926 ucciso il 5 ottobre 2004) e di Elisa Colomba Riva di Barzanò, per anni governante nella casa di Vittore Beretta, presidente dell’omonimo salumificio (nata il 13 giugno del 1915, morta il 2 ottobre 2004). Condannata anche per due tentati omicidi, del già citato Giuseppe Sacchi e di Francesco Ticli di Lecco (nato il 22 novembre del 1916 deceduto prima del processo). Ma gli omicidi che le erano stati imputati erano molti di più. Infatti era accusata di aver cagionato anche la morte di Margherita Menguzzo, Gino Capra, Rita Cavenaghi, Angela Viscardi e Carla Canali, ma per tutti costoro è stata assolta perché il fatto non sussiste. Mentre invece in merito alle accuse di aver ucciso Serafina Pone ed Enrico Bonalume (robbiatese di 34 anni) è stata decretata l’assoluzione per insufficienza di prove.
La rabbia dei parenti delle vittime
«Ha tentato di ammazzare mio marito, non me la sento proprio di perdonarla». A parlare è Graziana Faggi, 82 anni, moglie di Giuseppe Sacchi, 85 anni, uno dei due pazienti sopravvissuti all’iniezione di aria che gli era stata praticata dall’infermiera killer Sonya Caleffi. Già a luglio quando l'uscita dal carcere della Caleffi era solo una ipotesi la rabbia dei famigliari delle vittime era riesplosa.
Il racconto della moglie di Sacchi
Il marito di Graziana Faggi, nativo di Galbiate era stato ricoverato all’ospedale di Lecco per un lieve ictus nell’ottobre 2004.
«Si stava riprendendo - assicura la signora Graziana - tanto che il 29 ottobre aveva iniziato a mangiare e si era recato in bagno da solo». Il 30 ottobre però... «Noi facevamo i turni per curarlo. Io restavo tutta la notte, i miei figli mi davano il cambio durante il giorno. Infatti in quel momento c’era uno di loro nella stanza con Giuseppe». Entrò Sonya Caleffi e lo congedò con la scusa di dover fare delle medicazioni. Così il giovane rimase in attesa in corridoio. «Quando rimise piede in quella stanza, Giuseppe era privo di conoscenza. Scattò l’allarme e riuscirono a salvarlo. Ma a che prezzo: ne è uscito devastato. In realtà non si è mai ripreso del tutto. E’ stato cinque giorni in coma e venti in Rianimazione e poi per quattro mesi è rimasto in ospedale. Durante la degenza hanno dovuto effettuargli la Pec allo stomaco, non può mangiare da solo... Da 14 anni è relegato su una sedia a rotelle e mi occupo io di lui, per ogni cosa. Ho visto persone restare vittima di un ictus lieve, come lui, sopravvivere e riprendere a camminare e ad essere autosufficienti. Sonya Caleffi ci ha rovinato la vita».