Intervistare un mito: Carlo Borlenghi | Il personaggio FOTO
E’ il più grande fotografo di barche a vela al mondo. Un talento scoperto e coltivato per caso, con molta umiltà
Da ragazzina ritagliavo le foto di barche a vela dai calendari e le appendevo nella mia camera con chilometri di nastro adesivo. Avevo il mare in una stanza. E quel mare, quegli spruzzi, quelle barche, erano sempre e solo le barche di Carlo Borlenghi. Per me, e per molti, è il più grande fotografo di vela al mondo. E la nostra intervista comincia dalle radici di una passione e dai sogni di un ragazzo.
Carlo Borlenghi
«Io studiavo ingegneria e come passione avevo la fotografia. Avevo una camera oscura, una macchina che mi aveva regalato mio papà, una Rolleiflex, e stampavo le foto, ma per mio diletto, perché mi piaceva la storia della magia della camera oscura. Poi, i miei amici andavano un po’ in barca. E allora mi hanno chiesto: perché non vieni a farci qualche foto? E ho cominciato così». Ma il colpo d’ala è arrivato all’improvviso, un giorno, sul lago: «Ho iniziato a vendere le foto al sabato e alla domenica a quelli che andavano in barca per arrotondare un po’ di soldi all’università. A una regata è arrivato un giornalista, che non sapevo chi fosse a quel tempo. Mi ha comprato due o tre foto. Dopo una settimana mi ha richiamato e mi ha detto: guarda io lavoro per Vogue Italia, noi abbiamo l’inserto che esce una volta all’anno con la moda sportiva e al mare, abbiamo deciso di farlo diventare mensile e abbiamo bisogno di un fotografo».
Togliere la bruttura
Ed è così che è nato tutto. Carlo aveva 19 anni. «Sono andato a vedermi i fotografi nautici che c’erano in giro. Era difficile perché non c’era internet. Ho chiesto un po’ tra i velisti chi conoscevano come fotografi» allora «sono andato in libreria e ho ordinato dei libri». Questi fotografi «facevano foto di barche, ma erano tutte quelle barche belle d’epoca, di una volta, in legno. E ho iniziato a copiare un po’ le loro fotografie». Ma le sue foto erano brutte e le loro erano belle. «Le mettevo di fianco e dicevo: ma la sua la guardi e la mia non la guardi. E allora ho capito che era cambiata la generazione, no? Per cui le barche non erano più di legno con quelle vele in cotone, le barche moderne erano più veloci ma più brutte da vedersi. E allora ho detto, devo togliere la bruttura di queste barche qua; ho iniziato a trovare il mio angolo: tagliare, rappresentare la barca anche solo con uno spruzzo, un pezzo di prua, un’ombra. E quella è stata una mia sensazione. Poi con gli anni ha pagato».
Vogue Italia
Per 12 anni Carlo ha lavorato con Vogue Italia. Ma «dopo aver conosciuto tutti i fotografi nautici in giro per il mondo, abbiamo creato un’agenzia e sono andato avanti 10 anni, finché un gruppo svizzero me l’ha comprata». Questo accadeva dopo la Coppa America del 2000. La più bella regata da fotografare? «La Sidney Hobart, perché è una regata in cui si incrociano due mari, ci sono delle onde di sei o sette metri eh, è bella tosta. Poi hai sempre queste luci strane, perché mi alzo alle 4 del mattino a fare il primo volo in elicottero per beccare le barche in mezzo al mare. Ed è divertente. Una regata è impegnativa anche dalla parte fotografica, non solo dalla parte velica, però è bella. Soprattutto la natura, lì, ti aiuta perché nel 90% dei casi il mare è sempre più formato».
Le regate
E sa già come verrà una foto, prima di stamparla? «Mah, più o meno so come verrà. Cioè quando la scatti, hai già capito come potrebbe venire la fotografia, quali ritocchi puoi fare per renderla ancora più bella». Quando ti commissionano un lavoro non puoi dire «eh la luce non era bella, io non me la sentivo di scattare. Ti dicono mah, come? E tu devi scattare anche a mezzogiorno sperando di avere la fortuna di fare una regata lunga tipo la Sidney Hobart o la Middle Sea Race dove ci sono le barche al tramonto o all’alba che hanno delle luci incredibili». Ma in un «triangolo che va da mezzogiorno alle due, tu hai la luce peggiore della giornata. E a quel punto lì, se riesci a farle dall’alto è meglio».
Il segreto? L'umiltà
La sorpresa, è quella di trovare una persona umile. «L’umiltà è la base. Avere la tua umiltà è una delle cose fondamentali. Poi secondo me devi fare le cose in maniera spontanea, come ti vengono». Una cosa casuale il suo rapporto con la vela, perché «io non so andare in barca, non so nuotare, le vacanze le faccio in montagna». E il suo lago resta il suo lago. Ha un progetto fotografico non solo di vela, ma anche sulle nostre zone. «Quando ho un po’ di tempo vado in giro a vedere le cose del lago e scopro, ogni tanto, delle cose che dico mamma mia, è un posto fantastico questo!».
Il migliore fotografo di vela al mondo
Ed proprio uno dei nostri. «Io penso di aver la mentalità di uno del lago. Se c’è da star bene stai bene, se no vai fuori a pescare. Comunque non ci cambia la vita. Andare a New York o andare a pescare è la stessa cosa. Per cui i voli si abbassano in partenza, ma è che non te ne frega niente di strafare, di apparire. A me questo lavoro qui deve piacere a me, non tanto al cliente. Poi è chiaro devi soddisfare il cliente perché con lui mangi, ma io in partenza lo faccio per me. Poi ho delle scadenze le rispetto. E in più ci metto un po’ del mio».
Ma adesso che, diciamocelo, è il migliore fotografo di vela al mondo, le cose saranno cambiate.
«Mah, non lo so, però sono uno che si impegna».
Sara Mauri
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