cordoglio

“Un uomo che ha vissuto con determinazione e coraggio”, lacrime e commozione al funerale del brigadiere capo Giovanni Decenvirale

Oggi pomeriggio l'ultimo saluto nella chiesa parrocchiale di Belledo

“Un uomo che ha vissuto con determinazione e coraggio”, lacrime e commozione al funerale del brigadiere capo Giovanni Decenvirale

Lacrime e commozione nel pomeriggio di oggi, mercoledì 12 novembre 2025, nella chiesa parrocchiale del rione lecchese di Belledo, dedicata ai Santi Martino, Susino e Alessandro, dove è stato celebrato il funerale del brigadiere capo Giovanni Decenvirale, scomparso all’età di 60 anni dopo una lunga malattia.

“Un uomo che ha vissuto con determinazione e coraggio”, lacrime e commozione al funerale del brigadiere capo Giovanni Decenvirale

Decenvirale – raccontano i colleghi, presenti numerosi al rito funebre – era originario di Acquaviva delle Fonti, in provincia di Bari; ha lavorato nel reparto radio mobile, nel reparto operativo e nella scorta; inoltre ha svolto il suo servizio, all’inizio, anche a Olginate. Si ammalò nel 2021, quando era ancora in servizio.

Commosso il ricordo del figlio Federico:

Credeva profondamente in ciò che faceva, nel suo senso del dovere, nella giustizia e nell’impegno. Era una persona forte, riservata, che all’inizio faceva fatica a dimostrare affetto, ma col tempo, specialmente con noi e con le persone a lui care, ha imparato a modo suo ad esternarlo. Una persona energica, sempre in movimento, con lo sguardo deciso e il fare silenzioso, ma pieno di forza. Un uomo che ha vissuto con determinazione e ha affrontato tutto con coraggio, anche quando la vita lo ha costretto a fermarsi. Da quattro anni era ricoverato in una struttura, e vederlo lì così diverso da come l’ho sempre conosciuto, intrappolato in quel corpo, è stata la prova più difficile per me e per tutti noi, perchè papà era l’opposto dell’immobilità: era corsa, era grinta, era passione. E quella corsa me l’ha trasmessa: le nostre domeniche mattina passate a correre insieme restano tra i ricordi più belli; era il nostro momento, uno spazio dove bastava un’occhiata per capirci, dove mi ha insegnato a non mollare e a perseverare, così come nella vita di tutti i giorni. E anche la Formula 1 era una delle sue grandi passioni a me trasmessa; ogni volta che sento il rombo di motori in televisione penso a te: al modo in cui mi guardavi mentre guardavamo la gara con la tua solita calma che teneva tutto insieme e con la tua foga quando la nostra amata Ferrari sorpassava e vinceva. Fino alla mia prima adolescenza, quando vivevamo ancora in Puglia e lui era già su a Lecco, ci vedevamo solo una volta al mese, tutti i mesi. Non ne mancava mai uno per passare un weekend con noi. Ma lui tutte le sere ci chiamava. Era il suo modo di esserci ogni giorno, anche a distanza. E per me quella costanza ha significato tanto. Nel 2010 io e Veronica e la mamma abbiamo deciso di salire a Lecco e di costruire una nuova vita. Lo abbiamo fatto spinti dal suo volere, di un futuro migliore per noi tutti. Papà era così. Da buon padre ci ha sempre messo al primo posto, togliendo a lui, pur di non far mancare niente a noi. Non è stato facile, ma ad oggi posso dire che quella scelta fatta insieme, trasferirci, ci ha reso una famiglia ancora più unita nelle difficoltà. Negli ultimi anni il nostro rapporto si è rafforzato tantissimo: abbiamo imparato a capirci, ad ascoltarci, a volerci bene senza riserve. E oggi sento dentro di me quanto fosse profondo quel legame. Papà, anche se la malattia ti ha tolto la parola e il movimento, non ti ha mai tolto la presenza: ti ho sentito ogni giorno e ti sento ancora. Mi hai insegnato la forza, la determinazione e la lealtà. E ora che non ci sei più tutto questo vive in me. Grazie Gio per ciò che hai fatto, per ciò che sei stato, e per l’uomo che sei stato per me. Ti porterò con me per sempre. Ti voglio bene. Riposa, finalmente libero.

Tanta la commozione, e tante le lacrime versate dai familiari e dai numerosi colleghi presenti in uniforme. Proprio uno di loro ha voluto omaggiare il brigadiere capo di un sentito messaggio di ricordo:

Caro Giovanni, non ci sono parole sufficienti per esprimere il dolore che proviamo nel salutare un amico e collega come te. La tua scomparsa lascia un vuoto immenso nelle nostre vite, ma il tuo ricordo e la tua eredità continueranno a vivere con noi per sempre. Ricorderemo sempre la tua gentilezza, la tua generosità, la tua ironia e, per ultimo ma non per importanza, la tua passione per il lavoro. Sei stato un esempio per molti di noi: il collega a cui aggrapparsi nei momenti di difficoltà. La tua assenza sarà profondamente sentita. Ricordo con piacere quando tu, insieme a Massimo — qui presente — che chiamavi con il nome di battaglia “Corvo”, mi portavi in pattuglia come terzo uomo, senza mai farmi sentire di peso. Ora, tutti noi speriamo che tu possa trovare pace e riposo dopo la lunga sofferenza che hai affrontato. La tua memoria vivrà nei nostri cuori e nelle nostre azioni. Ciao, caro amico e Brigadiere Giovanni. Ci mancherai. Guidaci da lassù.

“Quando Gesù morì sulla croce si fece buio su tutta la terra – ha detto il vicario parrocchiale don Andrea Bellani nell’omelia – questa esperienza del buio è ciò che rappresenta la morte nella nostra vita. Il pensiero della morte porta questa sensazione di buio, e da soli non riusciamo a guardare oltre; per questo abbiamo bisogno di una parola diversa. San Giovanni dice: ‘Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita perché amiamo’. In questo momento guardiamo il passaggio dalla vita alla morte; quella morte arrivata troppo presto, dopo una malattia. Ma l’altro passaggio, il passaggio dalla morte alla vita, è un passaggio vissuto tante volte nella vita di Giovanni, in tutti quei momenti in cui vi ha voluto bene e vi ha espresso il suo affetto, il suo amore e la sua amicizia. Penso che la vostra presenza qui oggi così numerosa dica che Giovanni è stato un dono per tutti voi, nella sua vita di famiglia, nella sua professione, nel suo servizio alla gente.

“Nel Vangelo – ha proseguito il sacerdote – Gesù parla del seme che deve toccare terra per portare frutto; per parlare della propria morte, Gesù la descrive così: ‘Sono come il seme che, caduto in terra, deve morire per portare frutto, perché rinasca una vita diversa’. Questo è un momento di buio e a noi mancano i perché di fronte alla sofferenza e alla malattia. Non abbiamo una risposta immediata, ma abbiamo questa risposta che Gesù ci dà. In questo momento affidiamo Giovanni nelle mani di Dio, ma aggiungiamo una preghiera in più: non solo che abbia tutta la felicità del paradiso, ma che quello che Giovanni ha seminato dentro di voi con la sua presenza oggi, e nei giorni a seguire, porterà molto frutto”.

Il militare lascia i figli Veronica e Federico, i fratelli Antonio e Mariagrazia, e tutti i parenti. Al termine della cerimonia la salma verrà portata al tempio crematorio, come da sua volontà.

Mario Stojanovic