Centrale inutile? «No, è importante per promuovere la sostenibilità ambientale ed energetica del territorio». Metano superato e dannoso? «No, anche perché l’uso è di natura “emergenziale” e in futuro sarà sostituito dal biometano. Quando il biometano sarà disponibile non dovremo fare alcuna modifica all’impianto». Torri troppo alte? «No, sono progettate appositamente nella forma e nelle dimensioni per minimizzare l’impatto al suolo delle emissioni».
Teleriscaldamento e centrale al Caleotto, Acinque Energy Greenway: “No torri nel deserto”
Dopo settimane di polemiche, i vertici di Acinque Energy Greenway — la società incaricata della predisposizione e gestione della rete di teleriscaldamento a Lecco, Valmadrera e Malgrate — hanno cercato di fare chiarezza, in particolare sulla centrale che sorgerà al Caleotto. Lo hanno fatto oggi, martedì 14 ottobre 2025, con un incontro nella sede di Acinque a Lecco.
L’obiettivo era fare il punto sul progetto del teleriscaldamento, che prevede 16 km di rete (di cui 12 già posati; mancano alcuni raccordi e l’attraversamento del ponte Kennedy, previsto entro fine novembre senza impatto sulla viabilità, visto che i lavori si svolgeranno sul marciapiede) e due siti di produzione dislocati sul territorio: il termovalorizzatore di Silea a Valmadrera e l’impianto di cogenerazione del Caleotto a Lecco. Il progetto consente di recuperare i cascami termici altrimenti dispersi, trasformandoli in energia utile per le utenze collegate alla rete di teleriscaldamento.
GUARDA LA GALLERY (3 foto)



All’incontro erano presenti il presidente Domenico Salvadore, l’amministratore delegato Giovanni Chighine e il responsabile del teleriscaldamento Fabio Fidanza. Erano presenti anche i vertici di Silea SpA, rappresentati dalla presidente Francesca Rota, che ha assicurato un totale e costante controllo su tutto il progetto, e dal direttore Pietro Antonio D’Alema.
L’investimento del progetto del Teleriscaldamento complessivo ammonta a 49 milioni e, nel gennaio 2023, è stato ottenuto un finanziamento PNRR per quasi 12 milioni. Ad oggi sono già stati realizzati investimenti pari a 35 milioni di euro e il progetto è stato inoltre inserito dal Decreto energia, che sposta l’orizzonte temporale rispetto al PNRR al 2027.

Le polemiche si sono innescate dopo che il Consiglio comunale di Lecco ha discusso l’autorizzazione per la costruzione della nuova centrale a metano nell’area del Caleotto. Si tratta di una centrale di cogenerazione, il cui obiettivo principale è recuperare il calore residuo prodotto dall’azienda locale, trasformandolo in una risorsa utile per tutta la comunità attraverso la rete di teleriscaldamento.
Per garantire il corretto funzionamento della rete, è necessario affiancare ai “cascami termici” del Caleotto una centrale di supporto, capace di intervenire nei momenti in cui il calore residuo non è sufficiente. L’autorizzazione recentemente concessa riguarda proprio questa struttura, essenziale per il buon funzionamento dell’intero sistema. Il contratto di realizzazione del teleriscaldamento prevede inoltre un percorso di riduzione progressiva delle emissioni di CO₂, con l’obiettivo di azzerarle entro il 2050, in linea con le direttive europee sulla transizione energetica.
Il progetto ha però suscitato un vivace dibattito pubblico e politico. Da un lato, la Lega ha espresso perplessità sull’impianto, evidenziando possibili rischi per la salute dei residenti e degli studenti a causa delle emissioni e dell’altezza delle torri, e mettendo in dubbio la reale necessità dell’opera. Dall’altro, il Partito Democratico ha difeso il progetto, sostenendo che le preoccupazioni siano eccessive e basate su informazioni incomplete, ricordando che l’impianto contribuirà alla transizione ecologica, riducendo le emissioni complessive e sfruttando fonti energetiche più sostenibili.
A mancare, al momento, è ancora l’autorizzazione unica che deve essere concessa dalla Provincia di Lecco. I vertici di Acinque Energy Greenway si augurano che arrivi «ben prima della fine dell’anno».

«Ad oggi il progetto sta andando avanti con indicazioni e obiettivi coerenti a quanto pianificato all’inizio — ha spiegato l’AD Giovanni Chighine —. Abbiamo realizzato un valore economico corrispondente ai 12 chilometri di infrastruttura posati, pari a circa 30-35 milioni di euro. Questo impianto andrà a servire circa 20.000 abitanti stimati. L’impianto cederà alla rete nazionale circa 35 GW elettrici e produrrà circa 61 GW termici. Grazie a questo intervento, sarà possibile ottenere un risparmio di CO₂ stimato in 700.000 tonnellate. In termini simbolici, questo equivale al lavoro di circa 500.000 piante. Abbiamo ricevuto un riscontro positivo con un interesse complessivo pari a circa 35 MW. In pratica, abbiamo già presentato agli amministratori di condominio un’offerta economica in risposta alla loro richiesta di allacciamento. Di questo 60% di interesse, il 30% ha già sottoscritto un contratto di fornitura. Attualmente siamo quindi pronti a fornire energia e calore per una potenza complessiva di 18 MW. A Silea abbiamo realizzato la centrale e stiamo già alimentando le utenze di Valmadrera e Malgrate. Nel breve periodo, l’obiettivo sarà completare le opere dal punto di vista realizzativo con la centrale del Caleotto. A Lecco, già questo inverno, immetteremo calore in rete, con l’obiettivo comunque di arrivare a regime nel 2027».
Tra le questioni affrontate anche quella del metano. «Sarà utilizzato solo in maniera minima e in caso di emergenza — ha assicurato l’AD Giovanni Chighine — anche perché per noi non sarebbe economicamente conveniente».

A entrare nel merito del polo del Caleotto — al centro delle critiche delle ultime settimane — e in particolare del processo che ha portato alla sua autorizzazione, è stato poi responsabile Fabio Fidanza: «Oggi parliamo del polo Caleotto come se fosse qualcosa caduto dal cielo, ma è un processo che abbiamo avviato ai tempi in cui decidemmo di partecipare alla gara per la realizzazione di questo sistema di teleriscaldamento. A suo tempo abbiamo sottoscritto un accordo commerciale e abbiamo continuato a interagire anche dopo la firma del contratto di concessione, risalente a maggio 2022, per poi avviare il cantiere nel novembre dello stesso anno, una volta ottenuto il finanziamento PNRR. Successivamente ci siamo preoccupati di comprendere quale fosse l’iter autorizzativo della centrale».
«Chi conosce il panorama del teleriscaldamento italiano sa che questo tipo di impianto è molto diffuso, sia per tipologia e configurazione, sia per le potenze in gioco. Le potenze interessate — 24 megawatt complessivi — sono in gran parte di backup rispetto al sistema che intendiamo gestire: non si tratta quindi di potenze operative, ma di riserva, necessarie a garantire un servizio pubblico. Chiunque vive in una casa d’inverno deve poter contare sul riscaldamento in qualsiasi situazione; non può essere soggetto alle dinamiche di guasto di una macchina o all’interruzione di un processo industriale. L’iter autorizzativo per potenze di questo tipo è semplificato. Tant’è vero che, nella prima fase di dialogo con Regione Lombardia, abbiamo chiesto esplicitamente se fosse necessario effettuare la verifica di assoggettabilità alla Valutazione di Impatto Ambientale. Noi l’abbiamo svolta, e ne siamo felici, perché ci ha consentito di condurre ulteriori valutazioni ambientali che dovrebbero rassicurare i cittadini di Lecco. Pur non essendo obbligatorio, abbiamo realizzato uno studio sulle dispersioni in atmosfera e una valutazione dell’impatto acustico sui ricettori. L’opportunità di installare un servizio pubblico tecnologico ha trovato il consenso dell’Amministrazione comunale, con la quale ci siamo costantemente interfacciati. Effettuate queste valutazioni, la Regione ha confermato che il progetto non è soggetto a VIA, poiché non comporta rischi per la salute. Si tratta, anzi, di un progetto che, nei bilanci energetici, produce un effetto positivo: le emissioni derivanti dallo spegnimento simultaneo delle caldaie saranno ridotte in tutti i parametri, non solo in termini di CO₂, tema cruciale legato all’effetto serra».
E per quanto riguarda le cosiddette torri, o per meglio dire camini tubolari? «Hanno un diametro alla base di 1,20 metri e in sommità di 40 centimetri. Saranno più alte di 5 metri rispetto al colmo del tetto del capannone Caleotto; non stiamo parlando di torri nel deserto, che per altro non saranno sempre in funzione e saranno sottoposte a controlli fiscali. La loro altezza è stata studiata per rendere praticamente nulli — inferiori all’1% sull’inquinamento medio — gli effetti delle emissioni a terra. Inoltre, ci saranno due cisterne da 200 metri cubi, già realizzate nell’impianto temporaneo, che fungeranno da “batterie” di accumulo del calore di riserva».
Rassicurazioni, per quanto riguarda il Caleotto, sono arrivate anche sul futuro: «Se il Caleotto dovesse spegnersi, in futuro quella centrale verrà alimentata da biometano e, per quanto ci riguarda, la concessione dell’area che abbiamo ottenuto è indipendente dall’attività dell’azienda».