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Un grido di pace dalla basilica gremita: l’arcivescovo Delpini a Lecco

Oggi sono almeno 59 le guerre in corso nel mondo, dal Messico alla Nigeria, dalla Siria allo Yemen, dall’Afghanistan al Sahel, fino alla guerra in Ucraina. "Ovviamente sono guerre quella in Terra Santa - ha sottolineato mons Delpini -  ha suscitato interesse una dichiarazione di Herzi Halevi, che è stato fino a marzo il capo dell'esercito israeliano, colui che ha condotto tutta la prima fase dell'operazione a Gaza, che ha detto: "C'erano 2,2 milioni di persone a Gaza. Oggi più del 10% sono state uccise o ferite. Più di 200mila. Questa non è una guerra gentile"

Un grido di pace dalla basilica gremita: l’arcivescovo Delpini a Lecco

Una basilica San Nicolò traboccante di fedeli, il silenzio carico di attesa e un solo appello che si leva forte: la pace. All’alba di oggi, giovedì 9 ottobre 2025, Lecco  ha accolto la prima celebrazione di un itinerario di preghiera voluto dall’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, che ha scelto il capoluogo manzoniano per aprire una serie di Messe dedicate a invocare la fine dei conflitti e il dono della pace in tutte le aree del mondo segnate dalla guerra.

Un grido di pace dalla basilica gremita: l’arcivescovo Delpini a Lecco

Accanto all’arcivescovo hanno concelebrato il vicario episcopale di zona, Monsignor Gianni Cesena, il prevosto di Lecco, Monsignor Bortolo Uberti, e tutti i sacerdoti del territorio. Tra i presenti anche il sindaco Mauro Gattinoni e l’ex primo cittadino Virginio Brivio, i consiglieri Saulo Sangalli, Filippo Boscagli e Emilio Minuzzo.

Monsignor Delpini ha voluto riflettere sull’angoscia dei popoli e sulla paura che accompagna le guerre in tutto il mondo. Le guerre non sono solo quelle di cui si parla ogni giorno, visibili e raccontate dai media, ma anche conflitti silenziosi che devastano vite, creano orfani, mutilati, malati e distruggono l’ambiente. Definire cosa sia una guerra non è sempre semplice: si tratta di conflitti aperti tra stati o gruppi organizzati che utilizzano mezzi militari. Oggi sono almeno 59 le guerre in corso nel mondo, dal Messico alla Nigeria, dalla Siria allo Yemen, dall’Afghanistan al Sahel, fino alla guerra in Ucraina, e ancora in Repubblica Democratica del Congo, Somalia, Mozambico, Israele e Palestina.

“Ovviamente sono guerre quella in Terra Santa – ha sottolineato mons Delpini –  molto più recentemente ha suscitato interesse una dichiarazione di Herzi Halevi, che è stato fino a marzo il capo dell’esercito israeliano, colui che ha condotto tutta la prima fase dell’operazione a Gaza, che ha detto: “C’erano 2,2 milioni di persone a Gaza. Oggi più del 10% sono state uccise o ferite. Più di 200mila. Questa non è una guerra gentile”

Nell’omelia, Monsignor Delpini ha lanciato un appello vibrante, sottolineando la responsabilità di ciascuno nell’essere testimone e costruttore di pace: “La pace è un dono prezioso, che nasce dalla conversione del cuore e dalla docilità allo Spirito. Chi sceglie di uccidere o di fare del male, in realtà, resiste allo Spirito Santo e nega la possibilità di vivere in armonia con gli altri. Educarsi a essere operatori di pace significa innanzitutto riconoscere che i conflitti fanno parte della vita. Essi non sono un’eccezione, ma un elemento naturale di ogni convivenza. La sfida sta nel saperli gestire con saggezza, senza lasciarsi sopraffare dalla violenza o dall’odio. Significa anche promuovere la collaborazione e costruire alleanze, intraprendere iniziative comuni che favoriscano la pace e contrastino tutto ciò che la minaccia: l’avidità insaziabile, le ingiustizie, le umiliazioni dei popoli, le politiche espansionistiche, le presunzioni ideologiche e le menzogne. Essere operatori di pace vuol dire impegnarsi concretamente, anche attraverso scelte politiche e azioni quotidiane che difendano i più deboli e contrastino la prepotenza dei potenti. È farsi voce di chi non ha voce, incarnando la profezia del Vangelo in modo disarmato e disarmante, testimoniando con la vita stessa la forza dell’amore e della giustizia.”

Strazianti le parole dell’arcivescovo, che prima di citare le parole del Pontefice ha voluto parlare anche di perdono: “E su tutto questo orrore, sui massacri di tante giovani vite, che dovrebbero provocare sdegno, perché, in nome della conquista militare, a morire sono le persone, si staglia un appello: non tanto quello del Papa, ma di Cristo, che ripete: «Pace a voi!» (Gv 20,19.21.26). E specifica: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi» (Gv 14,27). La pace di Cristo non è il silenzio tombale dopo il conflitto. Non è il risultato della sopraffazione, ma è un dono che guarda alle persone e ne riattiva la vita. Preghiamo per questa pace, che è riconciliazione, perdono, coraggio di voltare pagina e ricominciare.”

“Perché questa pace si diffonda, io impiegherò ogni sforzo. La Santa Sede è a disposizione perché i nemici si incontrino e si guardino negli occhi, perché ai popoli sia restituita una speranza e sia ridata la dignità che meritano, la dignità della pace. I popoli vogliono la pace e io, col cuore in mano, dico ai responsabili dei popoli: incontriamoci, dialoghiamo, negoziamo!
La guerra non è mai inevitabile, le armi possono e devono tacere, perché non risolvono i problemi ma li aumentano: perché passerà alla storia chi seminerà pace, non chi mieterà vittime; perché gli altri non sono anzitutto nemici, ma esseri umani: non cattivi da odiare, ma persone con cui parlare, Rifuggiamo le visioni manichee tipiche delle narrazioni violente, che dividono il mondo in buoni e cattivi.
La Chiesa non si stancherà di ripetere: facciano le armi. E vorrei ringraziare Dio per quanti nel silenzio, nella preghiera, nell’offerta cuciono trame di pace; e i cristiani – orientali e latini – che, specialmente in Medio Oriente, perseverano e resistono nelle loro terre, più forti della tentazione di abbandonarle. Ai cristiani va data la Assibilità, non solo a parole, di rimanere nelle loro terre con tutti i diritti necessari per un’esistenza sicura. Vi prego, ci si impegni per questo!”  (Papa Leone XIV, Giubileo Chiese Orientali, 14 maggio 2025)

Al termine della celebrazione, numerosi fedeli si sono stretti intorno all’arcivescovo per ringraziarlo e salutarlo, riconoscendo nella sua missione un segno concreto di speranza e di unità.

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Mario Stojanovic