Un muro di persone. Anzi, un mare. Un mare che ricorda quello attraversato dagli attivisti della Flottilla, un mare che si allunga fino a Gaza, ferita, martoriata, piegata sotto il peso della morte. Gaza che piange i suoi figli, e con loro i suoi custodi: medici, infermieri, volontari, eroi silenziosi caduti mentre tendevano una mano di cura, mentre stringevano l’ultimo respiro dei loro pazienti.
Luci sulla Palestina a Lecco: un mare di volti, una fiumana di corpi, un grido che illumina la notte davanti al Manzoni
È a loro che ieri sera Lecco ha reso omaggio. Non un rito, ma una veglia vibrante, pulsante, carica di dolore e di forza. Davanti all’ospedale Manzoni di Lecco si è formato un fronte compatto: centinaia di operatori sanitari, ben più dei cento richiesti dall’appello nazionale, hanno preso posto sulla scalinata. Torce, lumini, lampade: piccole luci tremanti che, insieme, hanno squarciato la notte lecchese come un segno, come un riflesso lontano delle notti interminabili di Gaza. Ogni fiamma, un nome. Ogni luce, un volto. Oltre 1.677 vite spezzate tra medici e infermieri: un sacrificio che grida.
Ma non erano soli a partecipare alla manifestazione “Luci sulla Palestina, ospedali per Gaza”. Attorno a loro, un migliaio di lecchesi. Uomini, donne, giovani, famiglie: la città intera, chiamata dal dolore e dalla giustizia. Molti erano già scesi in strada nel pomeriggio, rispondendo all’appello del Comitato lecchese Stop al genocidio palestinese. Da Largo Montenero avevano sfilato compatti, attraversando il cuore della città, e raggiungendo la Fiocchi Munizioni, simbolo e ferita, dove la protesta si è fatta voce, cori, striscioni, ma senza incidenti, senza fratture: un ordine composto, un ordine che nasceva dal peso della coscienza.
Poi il corteo ha proseguito, come un fiume che non si arresta, fino all’ospedale Manzoni. Lì, tra i camici bianchi e i cittadini, le voci si sono unite. E il buio si è fatto luce. Un lampo nella notte. Un richiamo che da Lecco vuole arrivare fino a Gaza. Un segno di vicinanza, di memoria, di lotta. Perché nessuna vita, nessuna cura, nessun gesto d’amore debba più essere spazzato via dalla violenza.
“Stasera siamo di fronte a questo Ospedale, e siamo insieme a migliaia di altri colleghe e colleghi, cittadine e cittadini, in tantissimi altri Ospedali d’Italia (circa 230) – hanno detto i sanitari prima di leggere i nomi dei colleghi uccisi – Siamo dove è giusto essere in questo momento tragico della storia, uniti da un filo che attraversa il dolore e la distanza, per chiedere che si fermi il genocidio del popolo palestinese. Siamo accanto alle donne ed agli uomini della Global Sumud Flottilla, e diciamo loro grazie, grazie per la vostra impresa coraggiosa, disarmata, umanitaria e politica, capace tra le altre cose di mettere a nudo le ipocrisie e le complicità dei governi – come il nostro Governo – che sostengono i crimini di Israele. Come sanitarie e sanitari, sappiamo che non esiste neutralità davanti alla distruzione deliberata di ospedali e vite. Difendere la salute significa difendere l’umanità. Il nostro dovere è “prendere parte”: la nostra parte è quella della cura, del diritto alla vita e della difesa dell’umanità. Come sanitarie e sanitari, sappiamo che non esiste neutralità davanti alla distruzione deliberata di ospedali e vite. Difendere la salute significa difendere l’umanità. Il nostro dovere è “prendere parte”: la nostra parte è quella della cura, del diritto alla vita e della difesa dell’umanità. Sappiamo che le palestinesi e i palestinesi sanno di noi, e nelle nostre mobilitazioni trovano forza e speranza. Siamo visibili ai loro occhi e siamo la loro voce che li libera dall’isolamento imposto da Israele. Sanno che qui, a molti chilometri di distanza, c’è chi non si arrende all’indifferenza. Conoscono tutte le nostre proteste, anche quelle che i media silenziano. A Gaza se sei una operatrice od operatore del sistema sanitario sei preso di mira deliberatamente: mentre parliamo, 361 sanitarie e sanitari palestinesi sono detenute senza processo nelle carceri israeliane. Le testimonianze raccolte parlano di torture, violenze, uccisioni. Li ricordiamo, tutte e tutti, e premiamo perché vengano liberati al più presto. Molti sono stati uccisi. Stasera leggiamo (a staffetta tra tutte le Regioni) i nomi dei 1677 sanitari e sanitarie palestinesi uccisi dall’esercito israeliano a partire dal 7 Ottobre 2023: donne e uomini che hanno perso la vita mentre curavano, mentre soccorrevano, mentre difendevano il diritto più elementare di ogni essere umano, quello di essere assistito. Il nostro elenco è aggiornato a tre settimane fa, ma sappiamo che in queste ultime tre settimane altre 47 operatrici ed operatori del sistema sanitario sono stati uccisi. E una strage che va avanti sistematicamente, è il tentativo di eliminare un popolo”.
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Presenta anche Teresa Elmo Segreteria Generale FP funzione pubblica Cgil : “Dono commossa da questa partecipazione perchè vuol dire che c’è ancora speranza per una umanità che non è perduta. Siamo qui senza colore politico, senza appartenenza associazionistica, siamo qui solo per per ricordare un popolo che sta subendo un martirio. Dobbiamo fare sentire la nostra voce per spingere chi può a fermare questa situazione”
Mario Stojanovic