Toccante addio a Marco Panzeri: "Ci hai donato una leggerezza piena di saggezza"
Un addio laico e commosso a Marco Panzeri, il “Padella”, tra musica, poesia, abbracci e parole profonde: l’intera comunità di Valgreghentino si è stretta attorno al ricordo di un’anima libera e luminosa.

Una cerimonia laica, ma carica, densa, grondante di spiritualità. Una spiritualità carnale e incarnata nei volti rigati degli amici, sorretti solo dalle braccia gli uni degli altri. Una spiritualità che si è sublimata nelle note dei flauti di Pan dei Picét del Grènta, nelle poesie, nei ricordi, nei pensieri. Una cerimonia che ha anche cercato di essere allegra, perché lui, Marco Panzeri, giovane aggrappato alla vita con le unghie e con quel sorriso che campeggiava in ogni foto appesa nel giardino della casa di mamma Gabry e papà Fausto a Valgreghentino, così avrebbe voluto. È stato un addio straziante, quello che oggi, martedì 17 giugno, i familiari e gli amici del giovane — ma in generale un’intera comunità, quella di Valgreghentino — hanno organizzato in memoria del ragazzo scomparso domenica nei boschi di Crandola Valsassina, dove era andato a cercar funghi insieme al papà.
Toccante addio a Marco Panzeri: "Ci hai donato una leggerezza piena di saggezza"
Quello di oggi è stato un addio ma anche un inno alla vita, alla leggerezza, alla gioia. Un intero paese si è fermato per accompagnarlo nel suo ultimo viaggio. Lui, che – come ha ricordato la sorella Francesca – “aveva viaggiato in lungo e in largo”, è tornato a casa per lasciare tutti.
Non nel dolore, ma nella speranza, e nella certezza che il segno da lui lasciato rimarrà indelebile. E non potrebbe essere altrimenti, perché oggi è stato palese a tutti quanto quel giovane, nei suoi 33 anni di vita, abbia saputo dare tanto. Darsi tanto.
"Grazie per averci insegnato ad essere leggeri, nel vestito migliore", ha detto la sorella. Leggeri sì, ma non superficiali. E oggi, in tanti, tantissimi, tra un canto e l’altro, si sono alternati al microfono per ricordarlo.
Tra loro anche Francesco Manzoni, presidente della Cooperativa Il Grigio di Valgreghentino, dove Marco lavorava come cuoco da due anni dopo il suo rientro dall’Australia: "Accompagnare qualcuno nel volo finale della vita è difficile. È difficile farlo con serenità. Però mi piacerebbe che tutti ci sforzassimo di pensare che qualcosa non finisce. Probabilmente sì, non ci si vede più, non ci si scontra, non si litiga, non si discute, non si beve più una birra insieme, non si mangia una pizza... Ma se davvero ciò che è stato è e deve essere, allora non può finire qui. Quello che abbiamo vissuto nei momenti di incontro con Marco – per me, momenti di cooperativa, di lavoro, di condivisione, di affetto, di ideali – deve rimanere. Ognuno con la propria immagine, con il proprio modo di vedere e di condividere un pezzo di strada, ha contribuito a creare una ricchezza, un valore che resta. È chiaro che domani mattina, dall’altra parte dei fornelli, Marco non ci sarà più. Fisicamente. Ma solo fisicamente. Se davvero ci si vuole bene, se davvero la vita ha un senso – al di là di ogni religione o convinzione – Marco deve aver lasciato qualcosa qui. Perché se tutto finisce in una birra bevuta insieme, allora non ha lasciato niente. Se tutto si riduce a un pasto cucinato in cooperativa, no, non è abbastanza. Marco deve aver lasciato qualcosa di più profondo, qualcosa che resta vivo. Questa è la differenza. Questo è ciò che dobbiamo custodire e apprezzare, nei suoi brevi ma intensi 33 anni: il suo stare in cooperativa, il suo stare nella vita, nella famiglia, in Australia, con gli amici. Vorrei che da oggi nascesse qualcosa, anche se con fatica. Perché è difficile, come tutte le cose vere. Ma forse la vita, almeno questo, ce lo ha insegnato".
Poi la compagna, straziata dalla sofferenza, che gli ha promesso non solo amore eterno, ma gli ha assicurato che continuerà a vivere, seppure a fatica, per portare avanti quel progetto di gioia che stavano costruendo insieme.
E gli amici, tanti, tantissimi, ognuno con il suo ricordo, ognuno con il suo grazie per Marco, per "Il Padella" come tutti lo chiamavano.
"Ci hai donato una leggerezza piena di saggezza. Grazie per essere stato un compagno di vita prezioso, comprensivo, mai giudicante. Ma soprattutto, grazie per averci insegnato quanto sia importante la libertà. Dicevi sempre di desiderare una vita semplice, che la ricchezza materiale fosse relativa. Eri libero dalle tue emozioni, sapevi chi eri e chi volevi essere. Cercavi sempre di migliorarti. Grazie per averci insegnato cos'è la gratitudine, e che la felicità si può trovare nelle cose semplici, nel liberarci da ciò che è superfluo e che il sistema vuole imporci. Possa la tua anima essere libera per sempre, come lo sei stato in vita. Possa tu continuare a ballare nell’infinito. Noi siamo ancora qui, per un po’, ma sono sicura che ci incontreremo di nuovo. Resterai sempre nel cuore, nostra anima libera e selvaggia".
Marco non giudicava, ma accoglieva. Non emetteva sentenze, ma aveva sempre una parola per le persone che amava e che oggi lo piangono. Persone che, come nella canzone “Amici miei” intonata dai Picét, sono “sempre pronte a dar la mano, da vicino e da lontano”.