Omaggio ai Repubblichini: chieste le dimissioni di Antonio Pasquini
Il consigliere provinciale e sindaco di Casargo al centro delle polemiche per la sua partecipazione alla commemorazione dei militi della RSI: Lanfranchi (Bene Comune) ne chiede le dimissioni, accusandolo di oltraggio ai valori costituzionali e antifascisti.

Le dimissioni di Antonio Pasquini – consigliere provinciale con deleghe a Centro per l’Impiego, Formazione professionale, Istruzione e Protezione civile, nonché sindaco di Casargo e "cerimoniere" della commemorazione in memoria dei 16 repubblichini fucilati a Lecco – sono state chieste ufficialmente durante il Consiglio provinciale di Lecco di mercoledì 30 aprile 2025. A chiederle è stato Paolo Lanfranchi del gruppo Bene Comune.
Omaggio ai Repubblichini: chieste le dimissioni di Antonio Pasquini
Lanfranchi ha presentato la richiesta attraverso una lunga riflessione, formalmente registrata come question time, a cui verrà data risposta nel prossimo Consiglio come da regolamento.
«Solo poche ore fa il nostro territorio celebrava l’80° anniversario della Liberazione dal regime nazifascista, con cerimonie belle, rispettose e partecipate – si legge nella dichiarazione del sindaco di Dolzago –. Abbiamo ricordato uomini e donne che, indipendentemente dalla loro provenienza politica e fede religiosa, ci hanno consegnato il bene più prezioso: la democrazia. Purtroppo, la sera del 28 aprile, il nostro territorio è stato teatro della tristemente annunciata commemorazione di militi della Repubblica Sociale Italiana. Mentre in centro città un presidio di ANPI, associazioni, cittadini e istituzioni ricordava i partigiani caduti per la libertà, poco distante, nei pressi dello stadio, alcuni sedicenti “camerati” mettevano in scena una lugubre fiaccolata in onore di chi, sotto l’inganno di una bandiera bianca, uccise valorosi partigiani a Lecco, in quella che oggi è Corso Martiri della Liberazione».
Lanfranchi ha poi evidenziato che a guidare la manifestazione vi fosse proprio il suo "collega", il sindaco Pasquini.
«Non possiamo tollerare che un uomo delle istituzioni, che ha giurato più volte sulla Costituzione nata dall’antifascismo e dalla Liberazione, partecipi a celebrazioni che rievocano con nostalgia un regime antidemocratico. Non possiamo tacere di fronte al suo affiancarsi a persone che, in sfregio a ciò che si può assimilare all’apologia del fascismo, ricordano figure che, sebbene decedute e per questo meritevoli di rispetto umano, si sono schierate dalla parte sbagliata della storia. Non possiamo accettare che il consigliere sia stato addirittura il “cerimoniere” dell’evento nei pressi dello stadio».
Il consigliere ha poi criticato duramente il volantino della manifestazione, accusato di contenere simboli fascisti, come una croce simile a quella presente sulle tombe della cripta del Santuario della Vittoria di Lecco, e la parola “camerati”, inizialmente definita un errore, ma poi pronunciata anche durante la cerimonia.
«Non ci si venga a raccontare – ha aggiunto Lanfranchi – che i simboli presenti sul volantino (tra l’altro abusivo) non richiamano il fascismo, che i battaglioni menzionati non siano quelli delle brigate nere ma dell’esercito regolare, che la parola “camerati” sia una svista. Questi goffi tentativi di giustificazione sono un insulto alla nostra intelligenza. E non si tiri in ballo la libertà di espressione: come diceva qualcuno più illuminato di me, il fascismo non è un’opinione, è un crimine».
Da qui la richiesta esplicita di dimissioni: «Chiediamo alla Presidente e alla maggioranza se condividono l’atteggiamento del consigliere Pasquini e cosa pensano della manifestazione. A nome di molti amministratori, vi chiediamo di rendere pubblica la vostra posizione. Il silenzio sarebbe complicità, e un tentativo di giustificazione sarebbe, a nostro avviso, inaccettabile. Riteniamo opportuno che il consigliere Pasquini faccia un passo indietro rispetto alla sua carica o che si dissoci pubblicamente dal grave gesto compiuto. Non possiamo permettere che chi rappresenta la Provincia in momenti pubblici venga anche solo lontanamente accostato a una certa mentalità. È una questione di opportunità, dignità e rispetto per l’ente che rappresentiamo».