"Capolavori in periferia": l'opera d'arte patrimonio di una comunità
A una settimana dalla conclusione, Capolavoro per Lecco supera i 10.500 visitatori
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Al centro un tavolo con tre esperti d’arte a dialogare fra loro. Tutt’attorno, a cerchio, il pubblico, chiamato ad ascoltare questa conversazione e ad intervenire con domane e riflessioni. Un allestimento assolutamente originale ha fatto da palcoscenico all’incontro dal titolo "Capolavori in periferia", ultimo appuntamento di approfondimento della sesta edizione di Capolavoro per Lecco "In grembo la speranza", svoltosi venerdì scorso, 28 febbraio 2025, nella sala conferenze di Palazzo delle Paure.
"Capolavori in periferia": l'opera d'arte patrimonio di una comunità
Ad animare questa appassionante conversazione Alessandro Delpriori (curatore della mostra e docente all’Università di Camerino), Giuseppe Frangi (giornalista e presidente dell’Associazione Giovanni Testori) e Andrea Rutili (incaricato dei Beni Culturali ecclesiastici dell’Archidiocesi Spoleto-Norcia). Ma in verità, grazie alle loro riflessioni, a ricoprire il ruolo di protagonista è stata l’arte italiana, quella diffusa in tutta la nostra penisola nei piccoli centri e nelle aree minori, riscoperta grazie alle esperienze dei
grandi storici dell’arte e critici del Novecento come Longhi, Previtali, Testori, Zeri. Un’arte che "minore non è di certo", come sottolineato da Delpriori, "perché ha una originalità straordinaria ed una ricchezza
irriducibile, oltre ad una qualità che non la rende affatto subalterna a quella dei grandi, che fino a Longhi
costituivano l’oggetto esclusivo di studio degli storici dell’arte". Un’arte che "nasce dappertutto, nei diversi
ambiti regionali di cui l’Italia è piena, e che Testori scopre e valorizza portandola all’attenzione del grande
pubblico attraverso i suoi articoli sul Corriere, facendoci conoscere artisti fino ad allora totalmente
sconosciuti", come evidenziato da Frangi. Un’arte, infine, che "appartiene ad una comunità, è frutto del
profondo legame tra luogo, committenza locale e popolo", ha affermato Rutili, e porta alla scoperta di
capolavori come la Madonna adorante di Giovanni Antonio di Giordano, un artista che "per la delicatezza
dei dettagli del volto e del panneggio, per la sua struttura architettonica e per la tecnica utilizzata è più ‘da
centro’ che ‘di periferia’ ".
Di questa arte l’Umbria è certamente una delle terre più ricche ed emblematiche, anche se certamente non
la sola. Lo attesta lo stesso Longhi quando decide di dedicare un suo corso alla pittura umbra del Trecento.
Ed è sempre Longhi che, nell’organizzare nel 1951 con il contributo di Eni la grande mostra di Caravaggio a
Milano, permette di portare al centro della scena dell’arte italiana un artista che fino ad allora non aveva un posto tra i grandi maestri della pittura italiana. Pertanto la decisione di dove ricollocare le opere sopravvissute al terremoto dell’Umbria - come la Madonna Adorante - non può, a detta degli esperti intervenuti, prescindere dal legame con il luogo e la comunità locale che in queste opere si è riconosciuta. Certo, molte chiese e luoghi d’arte, sia nei piccoli paesi che nelle grandi città, sono chiusi per mancanza di personale: ma, proprio per questo, secondo Frangi, occorre "inventare dinamismi nuovi, trovare nuove modalità che facciano leva sulla passione delle persone per la bellezza dell’arte", dando in questo modo l’opportunità anche ai giovani di costruirsi nuove opportunità di lavoro. "Purtroppo - ha continuato il giornalista - la maggior parte delle mostre a Milano si fanno per la terza età, e non si investe sulle generazioni future"; oppure si punta "sugli specchietti per le allodole", come evidenziato da Delpriori. E i musei, i grandi musei, rischiano di essere dei grandi contenitori di opere che, decontestualizzate dall’ambiente in cui sono nate, comunicano solo in parte emozioni e passioni.
Per questo, ha concluso monsignor Bortolo Uberti, prevosto di Lecco e presidente dell’Associazione culturale Madonna del Rosario di Lecco, "Capolavoro per Lecco rappresenta una grande novità: perché coinvolge e rende protagonisti i giovani, formandoli alla bellezza, e perché riconosce nell’opera d’arte il suo valore di essere patrimonio della gente, non oggetto o bene di consumo solo per esperti". Lo dimostra del resto l’affluenza a questa sesta edizione, che ha superato i 10.500 visitatori ad una
settimana dalla sua conclusione, in programma il 6 marzo prossimo.