l'intervista

Il capitano del Lecco Vedran Celjak: «Vorrei restare perché il mio sogno è riportare il Lecco in B»

"Ai tifosi dico di rimanere uniti alla squadra a prescindere alla categoria in cui si trovi. Perché noi giocatori passiamo ma la storica e gloriosa Calcio Lecco rimane!"

Il capitano del Lecco  Vedran Celjak: «Vorrei restare perché il mio sogno è riportare il Lecco in B»
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Il capitano del Lecco Calcio Vedran Celjak, 32 anni, è nato a Zagabria, ma è cresciuto con la famiglia nella cittadina di Zabok, che dista venti km dalla capitale croata. «È proprio al mio paese - racconta Vedran - che iniziai a dare i primi calci al pallone assieme ai miei amici, ma con il sogno nel cassetto di diventare un calciatore. Qualcuno si accorse delle mie doti e delle future potenzialità che avrei potuto sviluppare nel corso degli anni e così, all’età di dodici anni, entrai nelle giovanili della NK Zagabria arrivando dopo cinque anni nella prima squadra. Mia madre e mio padre, a turno, mi accompagnavano in auto fino a Zagabria ogni giorno per sostenere gli allenamenti dopo le ore trascorse a scuola. Poi è arrivata la grande gioia di far parte della nazionale Croata nelle selezioni under 19/20/21».

Seguivi il calcio italiano?

«Sì, quand’ero bambino guardavo in televisione il campionato, ma sinceramente non avevo una squadra preferita. Mi piaceva osservare la professionalità di ogni singolo giocatore e vedere il bel calcio».

Così ricorda un momento che fu importate per la sua carriera.

«Mentre ero in ritiro con la mia squadra di club croata arrivò improvvisamente una telefonata. Mi dissero: “Devi andare a Genova, sponda blu cerchiata”. A distanza di alcuni giorni e un volta avvisati anche i miei genitori, presi l'aereo e non tornai più a casa come calciatore. Della Sampdoria conservo un ottimo ricordo, per la serietà, a professionalità e l'umanità di tutto l'ambiente».

Com’è avvenuto poi, dopo aver giocato in altre squadre, il tuo passaggio al Lecco?

«Avvenne quattro anni fa. Ero già in parola con un’altra squadra Italiana, ma scelsi Lecco che in quell’anno militava in C1. Da subito mi son trovato bene, sia con i giocatori, che con tutto lo staff tecnico e organizzativo. La città di Lecco piace a me e alla mia famiglia: c’è gente tranquilla, accogliente e grandi lavoratori da sempre. Vorrei sottolineare l' accoglienza dei lecchesi perché quando mi riconoscono e mi fermano per le vie e piazze del centro, anche in questo periodo nero non fanno polemiche o contestazioni, ma ringraziano con grande rispetto per quello che abbiamo fatto lo scorso campionato e di aver dato loro gioia: per me è uno grande soddisfazione questo scambio di valore umano».

La promozione in serie B è stata magica.

«E’ stata una bella sorpresa per me e per la squadra, se me l'avessero detto a inizio campionato non avrei scommesso un euro. Invece è successo che durante la stagione ci siamo uniti molto e così, con un pizzico di fortuna ma credendo pure alle nostre potenzialità, quella scommessa è stata vinta e il grande sogno si è realizzato. L’ho condiviso con i miei compagni, lo staff, i tifosi e tutti i cittadini lecchesi e non, che hanno festeggiato a migliaia nelle piazze con noi».

La retrocessione in C è diventata ufficiale dopo la sconfitta col Parma. Cosa non ha funzionato?

«All’inizio del campionato siamo stati penalizzati per l'insicurezza del nostro passaggio in serie B, confermata solo pochi giorni prima d' inizio della prima giornata di campionato. Non voglio dire che questa situazione sia stata un alibi, ma sicuramente una grande penalizzazione per la società, non avendo avuto il tempo necessario per organizzarsi meglio. Nelle prime giornate eravamo partiti male, poi con il cambio di allenatore, c’è stata la svolta, iniziando così a fare risultati, tanto che a fine dicembre avevamo 20 punti, la metà che servivano per raggiungere la salvezza».
Dopo cosa è successo? «Per ciò che è stato non tocca a me fare commenti. Per quanto mi riguarda, anche in queste ultimissime giornate di campionato, ho dato il meglio onorando la maglia che porto, rispettando tutto l’ambiente, dai tifosi al magazzinieri, sino allo staff dirigenziale».

Quale sarà il tuo futuro?

«Mi piacerebbe rimanere a Lecco e il mio grande sogno è quello di lasciare la squadra, ma riportandola in serie B per riconoscenza al bene che abbiamo ricevuto dai lecchesi che porterò sempre nel cuore».

Che pensiero vuoi rivolgere loro?

«Di fare sempre il tifo rimanendo uniti alla squadra a prescindere alla categoria in cui si trovi. Perché noi giocatori passiamo ma la storica e gloriosa Calcio Lecco rimane».

Mario Stojanovic

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